L’emergenza sanitaria si è fatta presto economica e sociale, con il risultato di comprimere i traffici e spingere verso il basso i commerci. A farne le spese, prima e più di ogni altro settore, è stata la portualità, che governa la maggioranza assoluta degli scambi di merce, poco meno del 90 per cento del dato complessivo. La riflessione si adatta perfettamente all’andamento dei porti di Genova e Savona riuniti sotto lo stesso cappello dell’autorità di sistema del Mar Ligure Occidentale, che si confermano come la prima realtà nazionale per movimentazione di container (2,5 milioni) e di passeggeri, pur con la paralisi del comparto delle crociere.
L’anno diventato rapidamente orribile si era aperto con il “segno più”, con un bimestre che già mostrava segni evidenti di crescita, prima che il Covid spegnesse ogni cosa. Con l’eccezione della parentesi estiva, che aveva fornito discreti elementi di recupero, l’autunno ha fatto registrare una nuova discesa, in linea con la crescita della seconda ondata del virus.
Secondo gli analisti di Clarkson Research, la stima per il 2020 del calo del volume globale dei traffici è di circa il 10% rispetto al 2019, un dato mai registrato negli ultimi quarant’anni, nel corso dei quali i commerci mondiali avevano subito un’unica contrazione nel 2009, a seguito della crisi finanziaria globale. Ma la nuova crisi globale, che dall’Asia si è rapidamente propagata agli altri continenti, ha provocato la flessione. Ci vorrà ancora tempo prima di ripristinare una situazione di “normalità” tale da riflettersi sulla ripresa dei traffici. Fino ad allora i porti italiani, a cominciare da quelli di Genova e Savona, dovranno mettere in preventivo di soffrire.
I primi a fare i conti con la crisi erano stati i porti cinesi, con il crollo delle movimentazioni unito al blocco della produzione industriale e delle attività logistiche. In Europa la flessione è scattata alla fine di febbraio ed è proseguita a marzo, per acuirsi nei mesi successivi.
Secondo l’International Association of Ports and Harbors la crisi delle movimentazioni portuali è diffusa in tutti i continenti ed è estesa a tutti i settori di traffico con le crociere e i container tra i segmenti più colpiti.
E così, senza particolari sorprese, si arriva fino all’arco ligure, con i due scali di Genova e Savona che chiudono l’anno a 58 milioni e mezzo di tonnellate (58,456), con una flessione rispetto all’anno precedente del 14,2 per cento.
«Questa riduzione — spiega una nota dell’autorità di sistema portuale a corredo dei dati — seppure con alcune diversificazioni, ha coinvolto tutte le tipologie di traffico, dai container (-4,9%), al traffico convenzionale (-13,5%), fino alle rinfuse solide che chiudono l’anno con una contrazione del 30,5%».
La discesa dei container non cambia però la graduatoria nazionale. Con i suoi 2,5 milioni di teu (unità di misura del container pari a un pezzo da venti piedi) l’authority del Mar Ligure Occidentale, mantiene la leadership italiana, che rappresenta un terzo del traffico gateway nazionale (32 per cento). Se si considera anche l’andamento della Spezia, la Liguria si conferma sempre più la regione traino del Paese sul fronte del container. Leadership anche nel traffico passeggeri che, «sebbene sostanzialmente fermo in ragione del blocco agli spostamenti iniziato nel mese di marzo, conferma il sistema portuale del Mar Ligure Occidentale al primo posto per traffico crocieristico nel 2020».
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