Tutte le bancarelle sono al loro posto. Piazza Carlo Alberto si mostra quella di sempre: i colori, gli odori, le urla invadono il cuore della Fera ‘o luni. Come se fosse un giorno qualunque. «Oggi qui sarebbero passate le candelore, ci sarebbe stata la musica, la festa sarebbe già esplosa. E da domani nessuno avrebbe lavorato, perché i giorni di Sant’Agata sono tutti per lei».
Quando gli si chiede di spiegare il suo rapporto con la patrona di Catania, Salvatore Messina – primo sacco della devozione indossato quando aveva sei mesi, ora alle soglie dei 53 anni – sospira da dietro al suo banchetto di frutta e verdura: «Io non te so lo spiegare a parole cosa significa non poterla toccare, so solo che già a dirlo mi commuovo».
Non era mai successo, dal dopoguerra a oggi, che la festa di Sant’Agata – la terza al mondo per partecipazione di fedeli – venisse a tal punto ridimensionata. Già da settimane le candelore (i grandi cerei che accompagnano il fercolo durante la processione) sarebbero state in giro, invece sono chiuse nella chiesa di San Nicolò l’Arena e non usciranno. Il clou dei festeggiamenti sarebbe iniziato stamattina con l’uscita della carrozza del Senato in piazza Duomo, il consueto applausometro per il sindaco e il rito della donazione della cera. E invece la piazza del liotro, l’elefantino simbolo della città, e tutte le vie limitrofe saranno transennate e presidiate dalle forze dell’ordine e dai volontari della protezione civile. Di più: il sindaco Salvo Pogliese ha emesso un’ordinanza che vieta di stazionare in piazza Duomo nelle giornate del 4 (dalle 5 alle 12) e del 5 febbraio (dalle 5 alle 15). Tutte le celebrazioni si svolgeranno dentro la cattedrale a porte chiuse: oggi a mezzogiorno la liturgia durante la quale il sindaco farà l’offerta della cera alla santa patrona; domani all’alba la suggestiva messa dell’aurora e nel pomeriggio il tradizionale messaggio alla città da parte dell’arcivescovo Salvatore Gristina; e ancora, il pontificale della mattina del 5. Nei giorni scorsi l’arcidiocesi, con una sorta di circolare attuativa, ha invitato i devoti a indossare comunque il sacco e a pregare in casa, seguendo le dirette in streaming sui canali social dell’arcidiocesi e su varie emittenti locali che rilanceranno le immagini. Oppure recandosi nella chiesa più vicina. Ma questi divieti verranno rispettati?
«La festa è lo specchio di questa città – spiega Renato Camarda, presidente del comitato per la legalità, che riunisce numerose associazioni e che da diversi anni monitora e sprona al rispetto delle regole – C’è la fede di migliaia di persone, ma storicamente ci sono anche irrazionalità e illegalità. Bisogna vedere come si confronteranno queste due realtà. Certo, sarebbe assurdo e gravissimo vedere assembramenti in una città che ha già pagato un prezzo altissimo per il Covid».
I precedenti controversi, d’altronde, sono molti: dal processo per infiltrazioni mafiose nella festa concluso nel 2015 con otto assoluzioni, alle ombre sulle scommesse, fino alla clamorosa rivolta dei cordoni del 2019, quando un folto gruppo di devoti irriducibili si ammutinò platealmente alla richiesta del maestro del fercolo Claudio Consoli di allontanarsi dai cordoni per poter percorrere la salita di Sangiuliano in sicurezza. Per la prima volta Sant’Agata rientrò in cattedrale senza i cordoni, e nella piazza risuonò la durissima reprimenda del parroco Barbaro Scionti: «Sant’Agata non è ostaggio di alcuno. Cari delinquenti, perché di questo si tratta, siete soli e isolati». Tuttavia, secondo lo stesso Consoli, quest’anno non ci saranno problemi: «La situazione è tranquilla, la maggior parte dei catanesi ha capito. Dalle cererie, ad esempio, non mi risultano ordinazioni di torcioni grandi. È un segnale. È il momento di dimostrare che non dobbiamo essere devoti della festa, del fercolo o delle candelore, ma di Sant’Agata. Altrimenti è fanatismo. Indossiamo il sacco e celebriamo questo momento nell’intimità».
Per trovare un precedente simile bisogna risalire alla seconda guerra mondiale. Molti citano il 1991: a causa della guerra del Golfo la festa venne ridimensionata. «La santa uscì solo il 5, portata a braccio fino in piazza Stesicoro», ricordano in molti.
E proprio quell’anno ci fu la prima diretta tv, guidata da Salvo La Rosa. «Da 31 anni racconto questa festa – spiega il giornalista – e a maggior ragione stavolta il ruolo dei media è fondamentale. Stavolta faremo una diretta più sobria, rilanceremo le immagini che arrivano dalla cattedrale, più uno speciale il 5 sera per rivivere i momenti salienti dell’anno scorso».
È lungo l’elenco di televisioni, radio e giornali online che permetterà ai catanesi di seguire gli eventi agatini. Nessuno invece risarcirà le tantissime attività commerciali orfane delle celebrazioni affollate. La festa di Sant’Agata è, infatti, anche un’enorme fonte di ricchezza per la città. «Abbiamo venduto il 90 per cento in meno rispetto agli altri anni – fa i conti Lara Terranova, titolare di una merceria – solo qualche sacco bianco per i piccolissimi. Invece sono stati più richiesti i drappi da appendere al balcone. La gente vuole comunque dare un segnale».
Anche i banconi delle pasticcerie non traboccano di olivette e cassatelle (le tradizionali minnette di Sant’Agata). «Turisti non ce ne sono e anche i catanesi non hanno voglia», spiega Antonio Di Mauro, della pasticceria Spinella. In realtà nei giorni scorsi la Fipe Confcommercio aveva chiesto di istituire un lockdown più rigido nei giorni della festa. «Era un modo per difendere le nostre attività – spiega il presidente Giovanni Trimboli – perché abbiamo paura che il liberi tutti di oggi ci farà chiudere di nuovo tra qualche settimana».
Così, però, non è stato. Niente processioni, celebrazioni a porte chiuse ma nessuna zona rossa.
«Io – racconta Salvo, 34enne avvocato – avevo pensato di indossare il sacco e raggiungere una delle chiese del culto agatino che rimarranno aperte. Ma se poi lo fanno tutti? Resterò a casa. Mi pesa, così come pesa non abbracciare una mamma nel giorno del suo compleanno. Ma per quest’anno va bene così, l’essenza della fede è l’amore – conclude – e non mettere alla prova Dio».Original Article
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