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L’isola di zia Camilla dove ogni giorno è come se fosse il primo

È un afoso pomeriggio di agosto quando Andreina riceve una telefonata e apprende che sua zia, Camilla, vaga per le strade del paese stranamente abbigliata – guanti neri, sciarpa di lana, cappello di velluto e cappotto con i bottoni rossi: Camilla si è vestita come fa sempre in pieno inverno.

Cosa sta succedendo a sua zia? si chiede Andreina. È stanca? Si sente sola? Da quand’è che non va a renderle visita? L’ultimo romanzo di Mariapia Veladiano, Adesso che sei qui – pubblicato come già Una storia quasi perfetta e Lei dalla casa editrice Guanda – racconta la storia commovente di una giovane donna che non si rassegna all’idea che l’amata zia possa essersi ammalata di Alzheimer. Il rapporto tra le due donne, d’altronde, non è un semplice legame tra zia e nipote. Andreina è stata cresciuta da Camilla. Ultima femmina di una coppia che aveva accettato quest’ennesima gravidanza nella speranza di avere un figlio maschio, Andreina – cui i genitori avevano per dispetto dato il nome di Andrea, ma che poi era stata registrata all’anagrafe come Andreina – era stata ceduta da piccola alla zia che di figli, invece, non ne aveva avuti. Era stato quindi con Camilla che Andreina aveva imparato il senso stesso della parola “amore”. Ma come si fa, quando si ama una persona, ad accettare che la malattia ne sbricioli l’identità e la memoria?

«La vita è sempre fragile e disordinata. Ecco la verità. I ragazzi a scuola sono fragili e disordinati. Ce lo ricordano ogni giorno con la forza del loro essere nuovi e noi ne abbiamo paura. Ecco perché chiediamo una diagnosi. La diagnosi ci rassicura». Ma anche quando riceve la prima diagnosi, Andreina non si dà per vinta e cambia medico. Ne cambia tanti di dottori, impaziente di scovarne uno la cui diagnosi sia diversa. Per Andreina, zia Camilla non è malata di Alzheimer. È smemorata e stanca, certo. Non riesce più né a tenere in ordine la casa né a cucinare. Ma che c’entra questo con quella terribile malattia scoperta da un orribile medico tedesco? Andreina non lo capisce. Non lo accetta. E sarà solo dopo molti mesi che imparerà a convivere con questa strana malattia che si mangia la memoria di zia Camilla, che non passa, e che si porta via pian piano anche tutte le parole: «Su una parola apparentemente di servizio, innocua, del tutto neutra come tavolo o gallina o automobile, zia Camilla dava il via a un sorprendente silenzio. Si incantava con la bocca chiusa e lo sguardo all’indietro”.

Andreina impara pian piano che non serve a nulla riportare la zia al presente, correggerla o contraddirla. Impara e accetta. Ed è proprio quando inizia ad accettare che riesce anche ad aiutare zia Camilla. Tanto più che anche la giovane donna, frequentando la zia malata, comincia a sentirsi meglio, è meno stressata, meno ansiosa. L’Alzheimer di zia Camilla è ciò che permette pure alla nipote di riscoprire cose della vita cui prima, a torto, non faceva la minima attenzione. «L’arrivo della malattia di Alzheimer significa vedere tante persone per la prima volta. È come un primo giorno di scuola continuamente ripetuto. Io mi presento. Tu ti presenti. Chissà se andremo d’accordo. Però mi pare di conoscerti. Ma sì, sei mia amica».

Mariapia Veladiano – che oltre a essere scrittrice, dopo aver a lungo insegnato lettere al liceo è adesso anche dirigente scolastica – utilizza spesso la metafora della scuola per spiegare la malattia, la differenza, il dolore o l’amore. E sono proprio i passaggi in cui ci parla degli alunni, del mestiere di insegnante e del rapporto con i genitori ad essere forse i più toccanti e riusciti del libro. Anche se la storia di Camilla e Andreina, con la scuola, c’entra poco. Cioè. Non è la scuola in quanto tale ad essere al centro del romanzo, ma la scuola come vita, visto che nella vita non si smette mai di imparare, ed è solo quando si accetta di rimettersi in discussione che si riesce poi ad adattarsi agli imprevisti dell’esistenza. «Erano giorni felici, questo è tutto. Fatti di tempo presente, che nessuno ha più. Tempo che non correva avanti strizzato da quel che sarà da fare. Pieno di senso perché era allegro. Di libertà. Senza programmi. Gli orologi dalle lancette obbedienti solo alla nostra improvvisazione, i nostri impegni intrecciati per far sì che trovassero il loro posto in questo mondo creato nuovo dal dottor Alzheimer (…) Un’isola di vita dove riconoscerci. Zia Camilla ci regalava la vita come dovrebbe essere».

Il libro. Adesso che sei qui di Mariapia Veladiano è edito da Guanda (pagg. 272, euro 18)

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