All'ospedale Bambino Gesù di Roma, dopo 21 giorni dalla somministrazione della prima dose del vaccino Pfizer, il 99 per cento degli operatori ha sviluppato gli anticorpi contro il virus. Al Policlinico di Bari, no: alcuni fra i medici che hanno ricevuto la prima dose del siero hanno avuto esito negativo al test, altri ancora non hanno avuto alcun referto. Perché, secondo gli addetti ai lavori, il test acquistato e utilizzato nel reparto di Igiene cerca tutto fuorché l'antigene della proteina Spike.
Ovvero quella sorta di ingranaggio prodotto dal virus per attaccarsi alle cellule e infettarle, la stessa proteina sintetizzata dal vaccino. Del resto è sufficiente una ricerca su Internet per scoprirlo: è il caso della casa farmaceutica Roche che in una nota sul web ricorda la partnership con Moderna con la quale è stato messo a punto un test ad hoc per valutare "la quantità di anticorpi diretti verso una particolare porzione della proteina Spike".
Dopo che gli operatori sanitari hanno messo in tasca il referto della Unità di igiene nel quale, nero su bianco, viene indicata una quota anticorpi specifici (Igg) pari a zero, è partito il tam tam dentro e fuori il perimetro dell'ospedale più grande di Puglia. E ci sono operatori sanitari che, invece, si sono sottoposti al test sierologico in strutture private per verificare se avessero sviluppato anticorpi o no.
Lì i conti sono tornano. Gli anticorpi risultano, perché il test utilizzato è quello in grado di fornire "un'indicazione della presenza di anticorpi Igg neutralizzanti contro le proteine S1 ed S2 del nuovo Coronavirus", si legge nel referto di un laboratorio privato barese.
I sindacati chiedono chiarezza. Ma per la control room del Policlinico si è trattato di "test ai quali si sono sottoposti volontariamente alcuni operatori". Insomma, quei test – secondo la versione della control room – non sono stati coordinati dal reparto di Igiene. "Non è un'iniziativa coordinata, ma dei singoli. Del resto la normativa regionale consente a chiunque di fare un test sierologico dietro prescrizione medica e a un costo di 25 euro", ribatte Silvio Tafuri, 40 anni, professore di associato di igiene al vertice della control room. Che butta acqua sul fuoco: "Soltanto venerdì scorso abbiamo ricevuto i test utili per questo tipo di indagini e, avendo aderito a uno studio dell'Istituto superiore di sanità, attendiamo indicazioni per partire con uno studio sierologico di massa".
Prima che arrivasse l'ok da Roma, però, sono stati effettuati una ventina di test, "anche per valutare il nuovo strumento a nostra disposizione". Fra gli operatori sanitari c'è chi, invece, è pronto a scommettere che si è trattato di un incidente di percorso. Di certo, però, i test sierologici 'corretti' partiranno fra qualche giorno. "Appena ci arriverà l'ok da Roma e il protocollo sarà validato". Con strumenti che cercano l'antigene contro la proteina Spike. E non altro.
Commenti recenti