Una manager ingegnere chimico in giro per il mondo per tutta la carriera, con una figlia al seguito, in nove paesi e undici città, compresa Shanghai. Se una cosa non si può dire di Barbara Borra è che non abbia mantenuto fede alla promessa fatta a se stessa da ragazza. Tagliare il cordone ombelicale con Torino, la città dove è nata nel 1960, e a cui pure si sente affettivamente legata, e andare alla scoperta di posti diversi dall’Italia. Una top manager che non si è risparmiata negli studi e nella ricerca continua di nuove competenze e affermazioni della sua leadership.
Nel 2019 Barbara Borra è arrivata al management board del gruppo Franke, la compagnia svizzera, leader mondiale di sistemi intelligenti e soluzioni per la cucina domestica, come presidente e ceo di Franke Kitchen Systems. È stata ora nominata presidente e ceo di Home Solutions, la nuova divisione operativa da gennaio, nata dalla fusione tra Franke Kitchen Systems e Faber Hoods & Cooking Systems. Home Solutions impiega circa 5mila persone in 40 paesi, con vendite complessive nel 2019 per 991,6 milioni di franchi svizzeri.
Mamma insegnante, papà dirigente d’azienda, una ragazza con la valigia Barbara Borra. Prima di entrare in Franke ha rivestito la carica di ceo Emea in Fontana Group, leader nel campo dei fasteners, gli elementi di fissaggio. Ancora prima di questa esperienza ha lavorato in Whirlpool dieci anni nel ruolo di vice presidente del Global food preparation category e come general manager per le filiali in Cina. “Grande scuola, la Whirlpool, grandi persone, qualcuna me la sono portata dietro. Lasciare non è stato facile ma era finita una fase”. È stata top manager anche all’interno di Rhodia e di General Electric.
Il suo percorso di carriera è partito dopo la laurea in Ingegneria chimica al Politecnico di Torino, dall’Istituto Donegani di Novara, il centro di ricerca e sviluppo della Montedison. “Il ricordo più importante di quegli anni è un capo che mi ha ispirata e mi ha incoraggiato verso scelte più audaci”. Se n’è andata a lavorare negli Stati Uniti, “anche se all’epoca non conoscevo l’inglese, a Torino si studiava il francese”. Ha voluto fortemente un Mba all’Insead a Fontainebleau, nei pressi di Parigi, “con quel master ho fatto una scelta manageriale”. Per il suo lavoro ha girato l’Europa, Francia, Belgio, Germania, Inghilterra, per poi spostarsi in Cina. “Una grande passione. Il luogo in cui come adulta ho vissuto più a lungo, dove ho avuto il tempo di crearmi un network sociale, amici con cui interagiamo e ci ritroviamo sempre con lo stesso piacere anche se non ci vediamo per mesi. Shanghai offre tanto a livello di sicurezza, per una donna single. Andavo nel mio ristorante preferito, mi portavano i giornali da leggere, e mi sentivo a mio agio, invece in Europa ti guardano”. Barbara Borra è membro del consiglio di amministrazione di Brembo, specialista in sistemi frenanti, e del supervisory board della multinazionale olandese Randstad, che si occupa di ricerca e selezione di risorse umane.
A Dusseldorf è nata Giulia Cristina, la figlia cosmopolita che oggi ha 27 anni e l’ha sempre seguita nel suo lungo peregrinare da manager. “È stato il motore della mia vita, ispirazione, quasi una musa, quello che mi faceva girare, mi dava coraggio, senza lei non avrei potuto fare ciò che ho fatto. Sempre collaborativa, spostare i ragazzini non è facile, ma lei fin da piccolina nelle scuole americane, trovava il modo di inserirsi ed essere amata, ovunque siamo andate, e benché io avessi una nanny, trovava sempre una mamma pronta a farle i biscotti che io non avevo mai il tempo di preparare”. La figlia porta il nome di Cristina, la sorella avvocato, “altra persona fondamentale nella mia vita”, infaticabile maratoneta da guinness dei primati.
“A gennaio di due anni fa Franke cercava qualcuno che potesse rigirare le sorti della divisione storica e core che si occupa di cucina, il nostro prodotto base sono i lavelli inox o i sintetici in fragranite, e ci allarghiamo ai miscelatori e ai waste disposers, i trituratori, e in alcuni paesi anche agli elettrodomestici. La mia divisione di base, Kitchen Systems, che era la più grande, aveva vissuto anni consecutivi di declino per finire in difficoltà economica. Franke è un gruppo familiare che ha fondi illimitati, ma il problema era come ritornare a far brillare questa stella. In un anno siamo riusciti a riportarla a profitto, ha toccato il record storico degli ultimi dieci, una divisione che contava quasi la metà di fatturato dell’intero gruppo”.
Nella prima fase del Covid la manager ha visitato le divisioni della Kitchen, “sono riuscita ad andare negli Usa, in Messico, in Egitto, in Grecia. Quando a luglio abbiamo aggregato l’altra divisione ho dovuto invece stabilire molte relazioni da remoto, il che non è facile soprattutto per chi come me ha bisogno di vedere, sentire e capire le persone. Secondo il mio metodo, si studia il percorso per arrivare all’obiettivo: organizzazione, prodotto, canale, brand, questa è la sequenza, ma sempre cominciando dalle persone. Se non ci sono quelle giuste non si va da nessuna parte”.
Il 2020 si è rivelato a sorpresa, in pieno Covid, un anno molto gratificante per il business di Franke Home Solutions. “La cucina è il centro della casa, si espande via via, e l’ambizione è farla diventare lo spazio più grande, il luogo in cui si ricevono gli amici per l’aperitivo, si fanno i compiti con bambini. A gennaio 2020 c’è stata una grande accelerazione del mercato che veniva dal quarto trimestre precedente. A metà febbraio le lucine si sono spente, prima in Cina poi in Italia. La priorità nella testa di tutti doveva essere la tutela della salute. Per fortuna gli impiegati del gruppo sono passati attraverso la pandemia senza danni collaterali. Il mercato si è fermato, il nostro mondo anche, i nostri canali interni, la produzione. La grossa challenge è stato continuare a interagire con le persone, nessuno si è sentito lasciato solo, abbandonato, ci siamo inventati nuovi modi di dialogare. A maggio e a giugno le lucine si sono riaccese, e soprattutto ci siamo resi conto che tutti avevano riscoperto la casa. Il denaro che non era stato speso in viaggi e in ristoranti, veniva investito per rinnovare l’ambiente dove avevamo vissuto lunghissime giornate. Appena riaperti i negozi la prima categoria in sold out sono stati i divani, in estate tutto ciò che era legato agli spazi esterni e alle piscine. E poi forni, televisioni. Noi tutti ci siamo trovati ad avere un problema che non si presentava da tempo: in 40 anni di carriera non mi era mai capitato di avere troppi ordini e poco prodotto in magazzino, il cosiddetto storage”.
La parola d’ordine a quel punto è diventata organizzazione agile. “Mi martellava una frase: ci arrangeremo faticosamente attraverso un anno brillante. Ortodossie e paradigmi fuori dalla finestra. Abbiamo trovato un nuovo modo di lavorare al di là dello smart working, di pilotare giorno per giorno, siamo stati bravi a portare avanti le priorità strategiche, a creare un range di prodotti sempre più globale”. La fatica per la manager è stata racchiudere nelle sue mani una governance di gruppo, una struttura che inventa e decide il da farsi una sola volta. “Creare One Franke, un’unica azienda, e farla vivere”.
Ad Aarburg in Svizzera, l’head quarter di Franke, dove anche la manager vive, a Peschiera, la sede italiana, a Fabriano quella di Faber, Barbara Borra svolge sempre il suo ruolo di coach, ma ha dovuto trovare il modo migliore per affrontare le nuove situazioni. L’avere più domanda che offerta, anzitutto, complicato dal fatto che ogni paese ha richieste specifiche. “Capire su quali prodotti conveniva convergere ci ha permesso di ottenere una più alta produttività e più capacità nelle fabbriche e nei magazzini. Mi ero riletta un articolo che ho condiviso con il mio team: secondo Einstein la crisi è un’opportunità, ti obbliga a rimetterti in gioco, a trovare nuovi schemi e solo chi muore non può reinventarsi. Nei meeting giornalieri dicevo: ricordiamoci che non salviamo vite, vendiamo solo lavelli. E il fatto che lo dicesse il presidente consolava tutti. Il nostro sforzo era di far sentire alle persone che eravamo una famiglia e che a ciascuno di noi toccavano i sacrifici”.
Il business nella seconda e terza fase del Covid. “Questo sarà un anno più complicato da gestire. Prima dovevamo solo reagire. Oggi la domanda è ancora effervescente però il trend vivace ha generato un aumento dei prezzi. Pensiamo solo che il costo del trasporto dei containers dalla Cina verso il Brasile è moltiplicato per sei. E anche per i componenti di elettronica, settore che ha avuto performance record, ci troviamo davanti ad aumenti di prezzi. Dobbiamo capire se è solo un fenomeno temporaneo e se si assesterà. E cosa capiterà sul fronte dei vaccini. Quando l’immunità di massa sarà garantita e le frontiere riapriranno, allora ripartiranno gli hotel, i viaggi, e il focus verrà spostato su altri consumi. Dal punto di vista di Franke, Home Solutions non sarà più la star. Questa è la parte più difficile da prevedere”.
Barbara Borra scalpita per raggiungere la figlia che adesso vive a Boston. “Sto cercando di andarci per il mio compleanno, prima ci si vedeva ogni tre mesi, ora è un grande problema. A novembre, appena si è aperta una finestrella sono andata. La mia giornata di relax ideale è andare a fare shopping con lei e insieme a giocare a golf. Cerco di crearmi degli spazi nel mio essere molto lavoro-dipendente. Leggo abbastanza e ho delle fasi alterne, libri sulla leadership. Dal punto di vista lavorativo spero che Franke sia l’ultima società per concludere la mia carriera. A inserirsi in nuove realtà c’è un alto livello di rischio, i sistemi immunitari delle aziende possono essere molto aggressivi”.
Con ‘La festa dei limoni’, una onlus che si occupa di migliorare la qualità della vita dei pazienti ricoverati, in tempi di Covid ha potuto far avere dei respiratori ad alcuni ospedali a Bergamo e a Peschiera. “Spendo il mio esiguo tempo libero in un’attività focalizzata sulla mindfulness, la consapevolezza di sé. Collaboro con Contentment foundation, un’organizzazione non profit la cui missione è andare nelle scuole, soprattutto tra i ragazzini più piccoli, per educarli a seguire le proprie attitudini, dargli la capacità di trovare un giusto equilibrio. Vorrei poter offrire un’app family dell’associazione anche ai miei collaboratori in Franke, per aiutare noi stessi e aiutarci l’un l’altro, per vedere più largo e più grande. Per me portare questa practice ai giovani è importante perché penso che le nuove generazioni siano più fragili di noi. Se posso salvare anche un solo ragazzino dalla depressione sono felice”.
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