Buone notizie per alcuni risparmiatori della Popolare di Bari e della defunta Veneto Banca: tra fine 2020 e le prime settimane del 2021 l’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf) ha dato ragione a 14 ex clienti che avevano investito in azioni dei due istituti, perdendo fino all’ultimo centesimo.
L’Acf ha stabilito che i risparmiatori dovranno essere risarciti per l’intera cifra investita in azioni di Banca Popolare di Bari e Banca Apulia (che all’epoca dei fatti faceva parte del gruppo Veneto Banca e oggi è sotto l’egida di Banca Intesa), oltre interessi. I pronunciamenti dell’arbitro si inseriscono in un filone molto ampio: quello delle centinaia di risparmiatori che, privi di qualsiasi nozione finanziaria, sono stati indotti a investire migliaia di euro in prodotti illiquidi, senza essere informati in modo adeguato sui rischi di quell’operazione. Le azioni illiquide, infatti, non possono essere rivendute sul mercato ma solo a un investitore che abbia intenzione di acquistarle. Ma con le due banche sull’orlo della bancarotta, le azioni hanno perso qualsiasi valore e sono diventate, di fatto, invendibili a chiunque, gettando sul lastrico molte famiglie.
Ma il finale di queste 14 storie, e di molte altre è ancora aperto. “I pronunciamenti dell’Acf non sono vincolanti. E purtroppo i precedenti ci dicono che né Intesa Sanpaolo né Popolare di Bari vogliano rimborsare, costringendo così i consumatori a intentare una vera e propria causa” commenta Emilio Graziuso, responsabile del coordinamento dell’associazione nazionale Dalla parte del consumatore e uno dei legali che hanno assistito i 14 consumatori. “Abbiamo chiesto a entrambi gli istituti di istituire almeno un tavolo di trattativa, ma non c’è stato alcun segno di apertura” continua Graziuso.
Gli importi sono molto vari: c’è chi aveva investito 10mila euro, chi 20mila ma si arriva anche a cifre più sostanziose, tra i 60 e i 100mila euro. In alcuni casi erano intere liquidazioni, il frutto di una vita passata a lavorare. Tra gli ex clienti delle due banche ci sono diversi pensionati, commercianti, operai e il caso drammatico di un’impiegata che, in seguito, si è ammalata di cancro ed è morta. “Questa donna era anche andata in banca a chiedere di disinvestire il suo denaro per potersi curare ma, dal momento che si trattava di azioni illiquide, la risposta è stata negativa. Ora il risarcimento spetta di diritto ai fratelli” racconta l’avvocato.
I consumatori, che probabilmente dovranno ricorrere al tribunale per ottenere un risarcimento, hanno dalla loro parte il pronunciamento di Acf ma soprattutto un precedente: nel maggio scorso infatti il tribunale di Brindisi ha condannato Banca Apulia (ora, come detto, Banca Intesa) a restituire oltre 80mila euro a un cliente che nel 2013 aveva acquistato le azioni della banca, dietro rassicurazioni che si trattasse di un investimento sicuro, senza rischi. Una volta scoperto che le azioni non potevano essere rivendute a piacimento, e che avevano perso tutto il loro valore, era ormai troppo tardi. Insomma: un caso identico.
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