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La Terra promessa è quella ricordata

Chaim Birkner è nato nel 1930, in Ungheria, in una casa che è un "buco col suo odore di muffa" e che, come ogni casa lasciata prematuramente, costituirà il porto cui, alla fine di un lungo viaggio, fare rotta. Nel 2038, Birkner ha 108 anni ed è l'uomo più vecchio di Israele, il Paese in cui vive da quando aveva 11 anni, da quando, cioè, il padre lo aveva mandato poco prima che la guerra irrompesse a Budapest. Ma è un Paese che appare agli occhi del protagonista sempre più estremista e radicale. La famiglia di Chaim, già prima della sua nascita, era emigrata in Ungheria perché in Israele non era più possibile vivere: "Non si può costruire uno stato sopra un teatro dei traumi", risponde il padre al pubblico ministero del processo nel quale è chiamato a testimoniare. Così, in un nuovo nostos, a 108 anni Chaim prende la decisione forse più importante della sua lunga vita: "Adesso me ne torno laggiù perché qui non si può più restare", e torna a casa, torna nella sua Budapest. E ci torna come salvato dalla Shoah, ma non da una storia "andata storta", una storia di solitudini.

A scrivere un romanzo che è ben più di una semplice narrazione è Omer Meir Wellber, direttore d'orchestra dalla fama internazionale sempre più crescente, già assistente di Daniel Barenboim, direttore principale della Bbc Philharmonic e direttore musicale del Teatro Massimo di Palermo: e quasi stupisce che Storia vera e non vera di Chaim Birkner (Sellerio, pagg. 248, euro 14) sia il suo esordio letterario. Si tratta, infatti, di un libro impegnativo che lascerebbe supporre la mano di un romanziere esperto: una prosa che mai stanca (e qui sta anche l'abilità di Margherita Carbonaro che l'ha reso a dovere traducendolo dall'edizione tedesca) e un racconto intricato, in cui la sequenza cronologica lascia spesso il passo ai fatti senza il timore di spezzare le melodie e invertire bruscamente i ritmi. In questo senso, la terminologia musicale utilizzata non è casuale: pare, infatti, che la bacchetta del maestro Wellber abbia fatto da guida anche alla sua penna, plasmando la narrazione romanzesca quasi come un brano musicale: melodie, accordi e sovrapposizioni di voci, incisi, temi che ritornano, intermezzi, pause, tonalità radiose, modulazioni ad altre più cupe, cambi improvvisi di ritmo sono gli ingredienti che un direttore d'orchestra quale Omer Meir Wellber ha declinato nello scrivere il suo romanzo.

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