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“Ero certo di ricevere l’incarico”. Così hanno fatto fuori Conte

Pensava di scamparla in extremis, e magari di segnare un punto a suo favore dopo la prima batosta subita da Matteo Renzi. Alla fine, a Giuseppe Conte non è rimasta neppure la magra consolazione di ricevere da Sergio Mattarella il cosiddetto mandato esplorativo.

La delusione di Conte

Le speranze del premier dimissionario si sono infrante sulla decisione del presidente della Repubblica, che ha invece conferito l'incarico a Roberto Fico. Sarà lui, dunque, l'uomo scelto dal Quirinale per verificare la disponibilità manifestata da M5s, LeU, Pd e Italia Viva di riformare la maggioranza.

Certo, Fico è pur sempre una personalità del Movimento 5 Stelle, ed è questa l'unica consolazione del premier. Il presidente del Consiglio, che in cuor suo pensava di ricevere il mandato, ha insomma accolto la mossa di Mattarella con rispetto e delusione. Anche perché, come ha sottolineato il Corsera, nelle stanze di Palazzo Chigi c'erano aspettative diverse.

La variabile Renzi

Per quale motivo Conte è deluso? Semplice: adesso tutto (o quasi) è nelle mani di Matteo Renzi. Il senatore fiorentino, artefice dello strappo, ha segnato un nuovo punto a suo favore. Il leader di Italia Viva, infatti, aveva chiesto che l'esplorazione fosse affidata a una figura terza, e non a quella del premier dimissionario. "A questo punto Giuseppe è disarmato, l'esplorazione di Fico darà più margine a diversivi e ad altre soluzioni ben lontane dal Conte-ter", ha spiegato un alto dirigente dem in stretto contatto con Palazzo Chigi, citato dal Messaggero.

Come se non bastasse il testa a testa con Renzi, Conte deve fare i conti anche con quanto potrebbe accadere al Movimento 5 Stelle, e quindi a una larga fetta che dovrebbe sostenere un ipotetico Conte ter. Nel caso di una ricucitura con IV, c'è il rischio che i pentastellati possano implodere. Lo si capisce, ad esempio, dalle parole di Alessandro Di Battista, che ha minacciato la scissione di fronte all'idea di un riavvicinamento a Renzi.

Pare inoltre che Conte sia rimasto molto colpito quando gli hanno spiegato che i renziani stimano il Conte ter al 50% delle ipotesi. Una percentuale molto bassa, se consideriamo il tentativo avanzato dallo stesso Conte – con tanto di telefonata – di mediare con Renzi in persona. In altre parole, il timore dell'ex Avvocato del popolo è che il leader di IV possa rovesciare il tavolo in ogni momento.

Strada in salita

La strada che porta al Conte ter è in salita e irta di ostacoli. Intanto per la citata variabile Renzi (che cosa fara? Deciderà di staccare la spina in un secondo momento?), poi per via degli altri partiti. Il premier dimissionario, non a caso, si chiede se riuscirà a fare tutte le concessioni che i vari schieramenti si aspettano da lui. Tutti presenteranno un conto, e quello di Renzi potrebbe essere molto salato.

Da questo punto di vista, i ministri Bonafede, Gualtieri, Azzolina e De Micheli potrebbero finire nel grande rimpasto che rischia di prospettarsi all'orizzonte. Come se non bastasse, filtrano indiscrezioni in merito a un eventuale ridimensionamento del commissario Domenico Arcuri e del siluramento del portavoce del premier, Rocco Casalino.

Ci sono poi altri due aspetti da considerare. Intanto i responsabili che avrebbero dovuto silenziare l'offensiva di Renzi si sono rivelati una sorta di buco nell'acqua, visto che non è emerso un numero sufficiente di senatori "volenterosi" tale da poter arginare lo tsunami provocato da IV. Dopo di che attenzione alle mosse dei singoli partiti. Calcolatrice alla mano, tre anime su quattro della vecchia maggioranza giallorossa dovrebbero blindare il premier (Pd, LeU e M5s). Attenzione tuttavia a eventuali pugnalate alle spalle di Conte, soprattutto da parte dei grillini, come detto dilaniati al loro interno da correnti e contro correnti. Non è infatti da escludere che, di fronte a un riavvicinamento a IV, alcuni pentastellati possano pensare di "tradire" il premier e seguire Di Battista.

È infine possibile che i partiti scelgano di lasciare Conte a Palazzo Chigi, ma ridimensionando nettamente il suo potere; contenuto – o meglio ingabbiato – da due vicepremier. Il baldanzioso Avvocato del popolo sa di essere finito nelle mani di Renzi. E sa anche che la pista verso le elezioni non è del tutto esclusa.

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