Mascherine, distanziamento, pulizia continua delle mani, malattia, virus: tutte novità che noi adulti facciamo fatica a digerire e metabolizzare, come accettare una routine della sicurezza che fino a poco tempo fa ci era totalmente estranea. Come fare quindi a spiegare ai più piccoli una realtà nuova anche per noi, senza spaventarli, dando loro risposte a domande spesso scomode?
"Il modo in cui i bambini hanno percepito il lockdown e continuano a percepire l'emergenza è legato al modo in cui i genitori lo hanno vissuto – spiega Margherita Fassari, psicologa dello sviluppo del Centro Studi Imparando il Mondo-Crescere Insieme. "Fino alla preadolescenza il modello genitoriale è il loro punto di riferimento, anche nell'adolescenza anche se verbalmente non lo riconoscono. L'apprendimento di tale modello passa sì dal linguaggio ma anche da tutta una serie di segnali che,z vanno oltre le parole: i movimenti, la mimica facciale, il tono della voce. Se questi comunicano ansia e preoccupazione, il bambino percepirà queste sensazioni, ancora prima delle parole più o meno tranquillizzanti, perché il messaggio implicito è più forte di quello esplicito".
Save the Children ha attivato un gruppo Facebook che si chiama 'Supporto psicologico ed emotivo per famiglie', a cui hanno aderito circa 2000 persone, proprio per supportare quei genitori che non sanno come affrontare comportamenti e paure dei propri figli, a partire dalle difficoltà nel mangiare, nel dormire, nel tenere sotto controllo ansia e paura.
di
Vladimiro Polchi
"Anche noi come realtà che gestisce nidi e asili in tutta Italia, oltre a dare un servizio di supporto alla genitorialità, nel periodo del lockdown abbiamo attivato per le famiglie un numero gratuito da chiamare per chiedere consigli su come gestire l'emergenza coi bambini piccoli" continua la psicologa. "La prima cosa da fare è lavorare su se stessi perché solo così si ha piena coscienza di cosa comunichiamo ai piccoli e come lo stiamo comunicando. In questa maniera possiamo trasmettere ai bambini la corretta gestione dell'emergenza – non solo sanitaria – senza che l'immagine di sé crolli. Fondamentale è parlare, spiegare cosa sta avvenendo ma senza esporre i piccoli a notizie che non sanno elaborare, altrimenti potrebbero cercare risposte in se stessi, talvolta anche peggiori della realtà".
Gioco e lettura restano gli strumenti per eccellenza che l'adulto ha per mettere a proprio agio il bambino e aiutarlo a esprimere liberamente i propri pensieri, le paure, le emozioni, senza incanalare le risposte. Attraverso il gioco per esempio si possono far entrare nella quotidianità gli strumenti di protezione, come la mascherina o il lavaggio frequente delle mani. Cosiccome nella lettura anche ripetuta di un libro, possono affiorare spontaneamente domande sulla morte, sulla malattia, sulla paura. Il libro diventa veicolo estraneo alla relazione ma allo stesso tempo crea uno spazio di comunicazione.
La comunicazione, soprattutto quella non verbale, è di per sé resa più difficile dall'uso della mascherina e del distanziamento, che deve essere mantenuto soprattutto nei contesti educativi. "Tra i nostri progetti di ricerca c'è proprio la valutazione degli effetti sui bambini nati ai tempi del Covid, relativamente a una carenza di contatto fisico e visivo dell'espressione" dice Fassari. "Non si può sostituire un sorriso o un abbraccio ma si può spiegare perché si indossa la mascherina per esempio, utilizzando il concetto di aiuto che ai bimbi molto piccoli è caro e comprensibile, come il concetto di empatia, sentimenti che crescendo via via si perdono. Se per esempio si spiega che si indossa la mascherina per aiutare la nonna a non ammalarsi, al bambino è sufficiente per accettare e capire il senso della mascherina. In tale contesto diventa fondamentale usare strumenti alternativi alla mimica facciale, come il tono della voce, l'atteggiamento del corpo, la gestualità: è importante che il piccolo percepisca che l'assenza di contatto fisico non significa assenza di relazione. Non dobbiamo rinunciare a vederci, anche se in video, a parlare, a giocare. Perché la relazione con se stessi, con gli altri, con la vita, è anche questo".
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