Il nuovo capo del Pentagono, Lloyd Austin, ha avuto una lunga conversazione telefonico con il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. “Italia e Stati Uniti sono legati da una solida e duratura amicizia che trova nel settore della Difesa uno dei maggiori punti di forza”, ha sottolineato il ministro, che negli ultimi mesi è diventato a livello internazionale un referente delle posizioni atlantiche, rappresentando il governo nei tavoli di crisi più delicati.
Nel colloquio sono stati trattati temi chiave della sicurezza internazionale. Si è parlato di Iraq e Afghanistan, dove le missioni militari italiane non hanno mai interrotto l’attività di addestramento delle forze locali destinate alla lotta contro le formazioni islamiste. La Casa Bianca ha annunciato di volere rivedere tutte le decisioni prese da Donald Trump negli scorsi mesi: un riesame che potrebbe riguardare anche il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan.
Guerini, che nei giorni scorsi ha incontrato a Kabul il presidente afghano Ghani, ha riconfermato la disponibilità italiana a sostenere i negoziati di Doha per un accordo di pace con i talebani. Allo stesso tempo, però, ha sottolineato che “le nazioni framework devono essere parte attiva di questo processo”: finora infatti i Paesi della Nato impegnati in Afghanistan sono stati esclusi dai colloqui. E se gli americani abbandonassero completamente Kabul, anche i contingenti atlantici sarebbero obbligati a seguirli: non potrebbero proseguire la missione senza il supporto statunitense in alcuni settori decisivi, dall’intelligence al rifornimento aereo.
Il capitolo più delicato riguarda la Libia. L’amministrazione Obama aveva considerato il governo di Roma l’interlocutore principale per la stabilizzazione del Paese, poi con Donald Trump l’interesse si è lentamente spento. Ci sono alcuni segnali sulla possibilità che Biden stia per cambiare posizione anche su questo fronte, per arginare l’espansione turca in Tripolitania e il consolidamento russo in Cirenaica: “La Libia – si è limitato a dire Guerini – rimane tra le principali priorità nazionali e la Difesa contribuisce allo sforzo politico italiano di facilitazione del dialogo intra-libico e di pieno sostegno all’azione delle Nazioni Unite”.
I destini di Tripoli sono sempre più legati all’intero cambiamento geopolitico nel Mediterraneo orientale, dove le iniziative turche hanno sconvolto gli equilibri e alzato la tensione. In questo scenario finora l’Italia ha cercato di mediare, evitando che gli attriti tra Atene e Ankara degenerassero: una linea che segue le indicazioni della Ue, confermata da Guerini a Austin.
Con il responsabile del Pentagono, il ministro ha anche parlato della “crescente sinergia nel settore dell’industria della Difesa” come uno “degli elementi più qualificanti di una collaborazione industriale, attraverso la quale le principali eccellenze italiane possono esprimere la loro competitività sul mercato statunitense, considerandolo come domestico, così come avviene in Italia per le realtà industriali statunitensi”. Un riferimento agli ultimi contratti messi a segno negli States da Fincantieri con le fregate Costellation, da Iveco con i blindati anfibi dei Marines e da Leonardo con gli elicotteri da addestramento.
La conversazione è avvenuta poche ore dopo la visita di Guerini alla portaerei Cavour, in navigazione proprio verso gli Stati Uniti dove completerà l’integrazione per ospitare i nuovi cacciabombardieri F-35B a decollo verticale. La presenza a bordo degli F-35B renderà l’ammiraglia della nostra flotta uno strumento strategico nel Mediterraneo: nella regione soltanto Israele dispone degli “aerei invisibili” e grazie alla Cavour l’Italia potrà farli intervenire in tutte le aree di crisi. “E’ un passaggio fondamentale su cui si concentrano le energie della Marina Militare – ha concluso il ministro -, in un settore che allargherà ulteriormente le possibilità di cooperazione tra i nostri due Paesi, tra i pochi ad avere portaerei che imbarcano aerei di quinta generazione”.
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