ROMA – Il fondo sovrano norvegese, il più grande del mondo con oltre 1.300 miliardi di dollari in gestione, ha chiuso in perdita i suoi investimenti nel settore petrolifero per 10 miliardi. E' il disavanzo contabile che dovrà registrare nel 2020, anno in cui il Fondo ha deciso di uscire da tutte le società che sono "focalizzate" nella ricerca ed estrazione di idrocarburi, petrolio e gas naturale. Una perdita prevista e tutto sommato contenuta visto che – sempre l'anno scorso – il Fondo sovrano controllato dal governo di Oslo ha guadagnato 123 miliardi grazie alla rivalutazione dei suoi investimenti nel settore tech.
Il caso rappresenta molto bene la transizione che sta vivendo la Norvegia. Pur avendo deciso di non aderire all'Unione Europea tramite un referendum tra i suoi cittadini, il Paese scandinavo ha conosciuto comunque un periodo si stabilità e crescita economica proprio grazie ai proventi della vendita di idrocarburi della sua società di stato, la Statoil poi ribattezzata Equinor in nome di una campagna di greenwashing marketing. Per non parlare di quanto incassato con le licenze concesse alle grandi compagnia straniere.
Con lungimiranza, i proventi sono stati assegnati alla gestione di un Fondo sovrano che lavora a stretto contatto con la Banca di Norvegia, grazie al quale ha potuto finanziare uno dei welfare migliori di Europa. Ma negli ultimi tre anni, il Fondo ha iniziato la sua riconversione abbracciando le politiche sulla transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico. La Norvegia, già ora, è il paese in Europa e al mondo con il maggior numero di auto elettriche: nel 2020, le nuove immatricolazioni sono state il 54% del totale, superando quindi per la prima volta auto diesel e a benzina.
Ma essendo un periodo di transizione, i norvegesi devono fare i conti con le loro contraddizioni. Il Fondo sovrano è comunque ancora alimentato da gas e petrolio, sebbene in misura sempre minore. Trond Grande, il banchiere che di recente ha preso il mano la gestione del Fondo, ha creato una task force di 10 portfolio asset manager che devono esclusivamente dedicarsi a nuovi investimenti nel settore delle rinnovabili. In contemporanea è stato accelerata l'uscita degli investimenti negli idrocarburi.
La lobby petrolifera ha sottolineato che si tratta solo di una uscita parziale e che riguarda solo le società il cui business è "esclusivamente" legato a ricerca ed estrazione. Per capirsi: Oslo continua a investire in aziende come Eni che si occupa anche di chimica verde, trading di energia e che ha avviato a sua volta la sua riconversione verso una economia più sostenibile. Ma, come abbiamo visto, è solo un primo passo a cui ne seguiranno altri con con obiettivi sempre più orientati a investimenti sostenibili. Inevitabile, tra l'altro, visto che la Ue ha posto il 2050 come termine ultimo per raggiungere la neutralità carbonica e Oslo non potrà non tenerne conto nonostante non sia un Paese membro. Ma, almeno, va ammesso che la Norvegia si sia mossa in anticipo.
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