Sperano ancora nella zona gialla. Rivendicavano un Rt ben al di sotto dell’1 e un rischio basso, oppure moderato. Regioni come la Calabria, le Marche, l’Abruzzo ma anche il Lazio e l’Emilia Romagna, ieri hanno detto di essere pronte a lasciare l’arancione, in certi casi di essere convinte che da domenica le cose cambieranno, con la nuova ordinanza del ministro alla Salute Roberto Speranza. Mai, da quando esiste il sistema di monitoraggio, c’era stato un ottimismo così diffuso nelle presidenze e negli assessorati alla Salute italiani, sostenuto anche da una diminuzione dell’Rt nazionale. Eppure oggi, a vedere come ha agito fino ad ora il ministero, potrebbero essere poche le Regioni che vedranno una riduzione delle misure restrittive al termine della Cabina di regia. A meno di colpi di scena nei quali ieri sera qualcuno sperava ancora (e si adoperava perché avvenissero), saranno un paio, forse qualcuna di più.
Le Regioni aspettano di sapere il loro destino mentre l’epidemia, che la settimana scorsa ha provocato meno casi, colpisce. Ieri ci sono stati 14 mila casi e 492 morti. E mentre l’Ecdc, il centro europeo per le malattie infettive, prima inserisce tra le aree “rosso scuro” del continente Emilia Romagna e Veneto e poi le toglie, lasciando nella zona a maggior rischio Provincia di Bolzano e Friuli.
I criteri per l’assegnazione delle zone sono ribaditi nel Dpcm del 14 gennaio. Il ministro alla Salute ogni settimana verifica l’andamento degli indicatori riferito dalla Cabina di regia, «fermo restando che la permanenza per 14 giorni in un livello di rischio o scenario inferiore a quello che ha determinato le misure restrittive comporta la nuova classificazione». A una prima lettura sembra che una Regione in arancione (dove deve rimanere due settimane) ci resta finché non abbia dati da gialla per due monitoraggi consecutivi. Per questo, in Lazio, Piemonte, Val d’Aosta, Liguria, Marche, Friuli, Abruzzo e anche Lombardia (il cui rosso è stato modificato retroattivamente) qualcuno spera in un cambiamento. Tutte quelle Regioni, infatti, sono finite in arancione il 15 gennaio e il 22 avevano dati da gialla. Se anche oggi, come sembra, tale condizione fosse rispettata avrebbero trascorso 14 giorni in un livello di rischio o scenario inferiore.
La lettura del ministero, però, è diversa. E, soprattutto, è sempre la stessa da quando esiste il monitoraggio: ci vogliono tre settimane per tornare al giallo. Per Speranza e i suoi i 14 giorni decorrono dalla prima certificazione di uno stato inferiore a quello che ha portato alla ordinanza restrittiva. Cioè nel caso delle Regioni appena citate, dal 22.
Per Emilia, Calabria e Veneto l’arancione è scattato l’8. Le prime due Regioni, però, il 15 avevano ancora numeri che la tenevano in quello scenario, quindi per loro il conto delle settimane in zona gialla inizia sempre il 22. Il Veneto invece potrebbe essere messo nella zona con meno restrizioni. Puglia, Umbria e Sardegna non hanno speranze, perché sono entrate in arancione il 15 ma la settimana scorsa avevano ancora dati compatibili con quella zona.
Delle due realtà in zona rossa, Provincia di Bolzano e Calabria, solo la seconda passerebbe in arancione. Infine ci sono le realtà già gialle (Toscana, Campania, Molise, Basilicata e Provincia di Trento) che dovrebbero restare dove si trovano.
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