Come nel 2020, si susseguono cancellazioni e ricollocazione di gare: sono già 35 quelle saltate. Nibali dovrà aspettare almeno fino al 19 febbraio per iniziare a correre. Resta centrale intanto il tema dei vaccini. Gli atleti ungheresi in odore di Olimpiade hanno già iniziato la campagna, presto toccherà ad Australia e Corea del Sud
A chi gli chiede se la sua EF abbia un piano B dopo le numerose gare cancellate in questo inizio di stagione, il direttore generale Jonathan Vaughters risponde così: «Ma noi non abbiamo neppure un piano A». Grandissima è la confusione sotto il cielo del ciclismo, in questo inizio d’anno che sembra la continuazione perfetta ma peggiorata di quello appena trascorso, il primo dell’era Covid. Dopo che anche la Vuelta Valenciana ha gettato la spugna, la somma delle gare già cancellate nel 2021 è già salita a 35. Di queste, al momento, ne verranno recuperate appena nove, e cinque di queste (tutte le spagnole) si sono ricollocate in calendario per il mese di maggio, in contemporanea col Giro d’Italia.
di
Cosimo Cito
Al contrario degli altri team e fedele a una sua visione piuttosto groggy del ciclismo, la EF non ha ancora svolto un raduno e non ha ancora stilato i programmi dei suoi corridori. Le altre squadre, a partire dalla Trek-Segafredo di Nibali, hanno già pubblicato i programmi dei propri uomini di riferimento. Proprio il siciliano avrebbe dovuto iniziare la sua annata a Valencia. Saltato quell’obiettivo, per quanto minimo – anche se correre non è mai come allenarsi, dà qualcosa in più -, Nibali dovrà pazientare almeno fino al Tour delle Alpi Marittime (19 febbraio). Ma anche in Francia la situazione sta volgendo al peggio. Salvi per il momento il Gp la Marsillaise (domenica 31 gennaio) e l’Etoile des Besseges (3 febbraio), tutto il resto del calendario transalpino è appeso alla possibilità di un nuovo lockdown duro. Se il governo francese dovesse optare in quel senso, si aprirebbe una voragine di gare impressionante.
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Cosimo Cito
La prima corsa World Tour, con misure sanitarie rigide e molto complessa, è l’UAE Tour, alla cui partecipazione contribuisce anche RCS Sport: 7 tappe dal 21 al 27 febbraio. I “nordisti” sperano di poter correre l’Omloop Het Nieuwsblad (27 febbraio) e tutte le altre semi-classiche del pavé, ma anche il Belgio è in una situazione complessa, con la variante brasiliana del virus sbarcata in qualche modo nel paese, tanto da minacciare anche la disputa del Mondiale di ciclocross a Ostenda, in questo week-end.
Cambiare programmi costa tempo, soldi e concentrazione. “Ti girano le scatole” spiegava senza mezzi termini qualche giorno fa Nibali in conferenza stampa dal ritiro spagnolo della Trek, a Denia. Soprattutto perché, come dimostra anche la scorsa stagione, per Nibali è molto importante mettere nelle gambe chilometri di gara – e non solo di allenamento – prima di un grande obiettivo. Durante il Giro 2020 a fare la differenza in negativo, per sua ammissione, è stata la mancanza di corse nelle gambe. Per corridori più giovani può essere anche un vantaggio. Per un campione di 36 anni, invece, anche la quantità ha il suo peso.
Del resto i team vanno avanti a spanne, senza una logica condivisa e senza che il governo mondiale del ciclismo possa imporre una linea. La UAE-Emirates di Pogacar ha già effettuato i vaccini (il cinese Sinopharm) grazie al fatto di essere un team degli Emirati Arabi, ed è probabile che la Israel-StartUp Nation di Chris Froome possa ottenere presto il nulla osta dal governo di Tel Aviv, che ha già vaccinato gran parte della popolazione. Il tema, più che sul piano sportivo, si trasferisce su quello etico: è giusto che atleti debbano avere la precedenza su altre categorie? Per il governo ungherese sì: tutti gli atleti in odore di Olimpiade (Tokyo 2021 ma anche Pechino 2022) saranno vaccinati. Orban punta sull’esempio che la vaccinazione da parte di uno sportivo può esercitare sugli scettici. Anche Australia e Corea del Sud hanno annunciato l'intenzione di procedere. Lo stesso tema è molto caldo negli Usa: c’è chi vorrebbe sottoporre a vaccino i giocatori dell’Nba per mostrarne alla popolazione l’importanza. E anche per salvare la stagione, va da sé.
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