Il possibile tallone d'Achille del cancro ha un nome e si chiama aneuploidia. A scoprirlo, un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall'università di Tel Aviv, in collaborazione con i colleghi dell'Università Statale di Milano e dell'Istituto Europeo di Oncologia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature.
L'aneuploidia è un'anomalia cromosomica, un cambiamento nel numero di cromosomi rispetto a quello caratterizzante le cellule umane, ovvero 46. Un cromosoma è una struttura attraverso la quale, durante il processo riproduttivo della cellula, dopo essersi duplicata ciascuna unità funzionale di DNA si compatta in associazione a specifiche proteine, venendo così trasmessa alle cellule figlie. Ogni cellula, a parte i globuli rossi e i gameti, possiede 23 coppie di cromosomi, uno di origine materna e uno di origine paterna. L'aneuploidia, che si verifica nel corso della mitosi e della meiosi, avviene per differenti motivi:
perdita di un cromosoma;fusione di due cromosomi;evento di non disgiunzione cromosomica.
La maggior parte di queste anomalie non consente la sopravvivenza degli embrioni. Diversamente, la trisomia 21 che si trova nella sindrome di Down è compatibile con la vita. La maggior parte dei tumori sono aneuploidi. Tuttavia, fino ad ora, questo segno distintivo non era mai stato utilizzato come bersaglio di cura a causa della mancanza di strumenti finalizzati alla creazione in vitro di cellule caratterizzate da alterazioni varie.
Dalla ricerca è emerso che l'aneuploidia si trova nel 90% delle neoplasie solide e nel 75% di quelle ematologiche. Gli scienziati dell'Istituto Europeo di Oncologia hanno creato delle librerie di cellule aneuploidi, dimostrando un'elevata dipendenza delle stesse dai geni coinvolti nel corretto funzionamento del Sac. Lo"spindle assembly checkpoint" è il macchinario deputato alla divisione cellulare. Attraverso questo, infatti, ogni cellula genera due figlie cellule.
L'inibizione del Sac si traduce nella morte delle cellule aneuploidi. Gli studiosi al momento stanno anche cercando di capire se l'aneuploidia sia implicata in qualche modo nello sviluppo di eventuali resistenze alla chemioterapia. L'attuale scoperta, ad ogni modo, spalanca le porte a nuove speranze. L'auspicio, infatti, è quello di utilizzare questi inibitori come terapia anti cancro.
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