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Fare fuori Casalino? “È come tagliare i capelli a Sansone”

La strada per il Conte ter si fa sempre più stretta. Se ne è accorto il premier e se ne è accorto pure il suo portavoce. Rocco Casalino adesso rischia di saltare. Sbagliava a dare per scontato che avrebbe asfaltato Renzi in Parlamento. Il cuore dei senatori non è tenero come quello delle "Bimbe di Conte". L'idea di sostituire i renziani con i responsabili è naufragata.

L'avvocato del popolo si guarda attorno e l'unica strada percorribile sembra quella di rimettersi al tavolo con Italia viva, a cui non è riuscito a strappare nemmeno un senatore. Sì ma a quale costo? Il partito di Matteo Renzi detta le condizioni. "Siamo pronti a ragionare purché si risolvano i motivi praticissimi che hanno portato alla rottura", ci spiega un senatore. "Se rientriamo nella maggioranza – chiarisce – significa che sono stati accolti i sessantadue punti critici che abbiamo presentato al Piano nazionale di ripresa e resilienza elaborato dal governo".

In ballo, assicura con una formula già sentita, non ci sono nomi ma temi. L'attivazione del Mes e il Recovery fund su tutti: "Abbiamo l'occasione di prendere una quantità di miliardi che da debito possono trasformarsi in guadagno, se si riesce a trovare una soluzione per farlo ci stiamo, sennò non vogliamo finire nei libri di storia per aver contribuito a distruggere il Paese".

Eppure stando agli ultimi rumors sembra che nell'elenco di condizioni ci sia anche il passo indietro di Casalino. C'è chi sussurra che quella sua frase ("Se andiamo in Senato lo asfaltiamo, come è successo con Salvini") non sia stata perdonata. Già a gennaio scorso nelle storie Facebook del profilo ufficiale del premier era comparso un irrituale post che invitava all'iscrizione al gruppo "Conte Premier – Renzi a casa!". Dalle parti di Palazzo Chigi si difesero goffamente dicendo che si era trattato di un hackeraggio. Una scusa poco credibile che potrebbe portare Casalino davanti al Copasir.

Ma la questione non è riconducibile in toto ad una seppure evidente antipatia personale. La richiesta di scaricare Casalino va ben oltre. E per inciso non sarebbe sgradita neppure ad alcuni pentastellati. Per comprenderne le ragioni basta domandarsi: cosa sarebbe Conte senza Casalino? Prima di incrociare il suo destino politico con quello dell'ex gieffino, il premier non aveva neppure un profilo Facebook mentre Rocco Casalino (detto Ta-rocco dai detrattori) gestiva la comunicazione del M5s al Senato.

Si dice che sia stato Di Maio a metterglielo alle calcagna nel tentativo di controllare le mosse del "garante" del patto di governo gialloverde. Un premier ancora insipido, individuato per occupare il posto del capo politico senza offuscarne l'astro. Le cose però sono andate diversamente. A tal punto che il Conte 2.0 inizia a funzionare e con l'arrivo della pandemia il suo gradimento politico svetta nei sondaggi. Così qualcuno comincia a chiedersi quanti voti potrebbe valere se si mettesse in gioco da solo?

L'uomo senza partito, il premier per caso, ad un certo punto diventa troppo ingombrante, soprattutto per la sua maggioranza di governo. Il professor Igor Pellicciari, docente di Relazioni internazionali all'Università di Urbino, ha coniato un termine (Pad, Politica a distanza) per spiegare il fenomeno del successo di Conte. "La politica a distanza imposta dal coronavirus a livello mondiale ha indebolito i leader carismatici che hanno perso il contatto con le loro masse e rafforzato quelli deboli: come Sanchez, Macron e soprattutto Conte".

"Casalino è sempre stato snobbato dalla politica tradizionale, trattato come una valletta televisiva, in realtà – ragiona il docente – è un tecnico abile della Pad, non è un improvvisato della comunicazione, non a caso, si votasse oggi, un'ipotetica lista Conte potrebbe incassare molti voti più di Renzi, tanto per fare un nome". Separare Conte dal suo portavoce, spiega il prof, "significa tagliare i capelli a Sansone".

"Decasalinizzare" Conte, riducendone l'efficacia mediatica. Fa comodo a Renzi perché guardano entrambi allo stesso centro moderato. Fa comodo a Di Maio perché ridimensiona un concorrente inaspettato. Casalino nel Conte ter c'ha sempre creduto. Lo ha ripetuto più volte al premier quando Renzi minacciava di staccare la spina. E ora se l'alba del nuovo governo Conte dovesse mai arrivare rischia di non vederla.

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