Ogni minuto riversiamo nel mar Mediterraneo l'equivalente di circa 33mila bottigliette di plastica, per un totale di circa 570mila tonnellate l'anno. Negli altri mari e oceani del pianeta, probabilmente, va ancora peggio, il che rappresenta naturalmente un grande pericolo per gli ecosistemi marini e costieri: per questo, ambientalisti e ricercatori di tutto il mondo stanno cercando da tempo una soluzione per mitigare il problema. Un aiuto potrebbe arrivare dalla natura stessa: stando a uno studio appena pubblicato sulla rivista Scientific Reports da un'équipe di scienziati della facoltà di scienze della terra alla University of Barcelona, la posidonia oceanica è infatti in grado di filtrare e "intrappolare" le plastiche disperse in mare, specialmente nelle aree costiere.
L'importanza della posidonia per il benessere degli ecosistemi marini, in generale, è nota da tempo alla comunità scientifica. Si tratta di una pianta endemica del Mediterraneo, appartenente alla famiglia delle Angiosperme, che forma delle praterie sottomarine che sono la "casa" per altri animali e vegetali. Un ecosistema che è in grado, per esempio, di catturare CO2 dall'atmosfera, di modificare l'acidità dell'acqua e di regolare l'equilibrio ecologico del mare, tanto da essere definita "habitat prioritario" dalle legislazioni europee e internazionali. Ma anche, a quanto risulta dai risultati dello studio appena pubblicato, di filtrare la plastica dall'acqua: "Tutto fa pensare che le plastiche rimangano intrappolate nelle praterie di posidonia", spiega Anna Sànchez-Vidal, una delle autrici del lavoro. "Nelle praterie, le plastiche vengono 'incorporate' in agglomerati di fibra naturale a forma di palla, le cosiddette palle di Nettuno, poi espulsi dall'ambiente marino durante le tempeste. Secondo le nostre analisi, si tratta principalmente di filamenti, fibre e frammenti di polimeri più densi dell'acqua del mare, tra cui il polietilentereftalato".
Lo studio
di
Giacomo Talignani
Cosa sono, esattamente, queste palle di Nettuno? La posidonia ha una struttura costituita da un fusto "modificato" (il rizoma) dal quale crescono radici e foglie. Quando le foglie cadono, le sue basi, i baccelli, vengono inglobati nel rizoma e, a causa dell'erosione meccanica dell'acqua, rilasciano progressivamente fibre cellulosiche che si intrecciano fino a formare agglomerati a forma di palla. Sono proprio questi agglomerati che "intrappolano" la plastica e che, quando si staccano dalle praterie sottomarine per l'azione di correnti e tempeste, la portano sulla spiaggia.
Lo studio
Lo studio non è riuscito a misurare esattamente la quantità di plastica espulsa in questo modo, ma è comunque possibile fare qualche stima: "Stimiamo", continua Sànchez-Vidal, "che ogni chilogrammo di fibra vegetale riesca a intrappolare quasi 1500 detriti di plastica, una quantità significativamente superiore a quella catturata da foglie o sabbia. Il che ci fa pensare che, complessivamente, la posidonia potrebbe raccogliere fino a 867 milioni di frammenti di plastica ogni anno".
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