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Morto dopo essere entrato nell’ambasciata in Uruguay: interrogata la compagna di Luca Ventre

Da chi e perché Luca Ventre si sentiva minacciato al punto da voler subito rientrare in Italia e scavalcare, alle 7 dell'1 gennaio scorso, il muro dell'ambasciata italiana a Montevideo per chiedere aiuto? Un interrogativo al momento senza risposta e che sembra assillare anche gli inquirenti impegnati a far luce su cosa esattamente sia accaduto nell'ufficio diplomatico, dove il 35enne è stato bloccato da un poliziotto uruguayano e da un addetto alla vigilanza, tenuto immobile a terra per 22 lunghissimi minuti, con un sistema che ricorda tragicamente il soffocamento negli Usa di George Floyd, in una sequenza agghiacciante immortalata dalle telecamere di sorveglianza dell'ambasciata, e poi portato privo di sensi da altri tre agenti in ospedale, dove di lì a poco i medici hanno constatato il decesso. Tanto che gli inquirenti dell'Uruguay hanno chiesto informazioni in tal senso alla stessa compagna della vittima, che su tale aspetto ha però allargato le braccia sostenendo di non avere idea dei pericoli avvertiti dall'uomo da cui sette mesi fa aveva avuto una figlia.

Uruguay, caso Luca Ventre, parla il fratello: "Morto dopo essere entrato in ambasciata italiana, rischio insabbiamento"

La donna, una 40enne di Canelones, una cittadina dell'area metropolitana di Montevideo, ha riferito agli investigatori uruguayani di aver conosciuto Luca Ventre due anni prima a una festa, che era un amico di suo cugino e di aver avuto per alcuni mesi una relazione con lui, separandosi però nell'aprile scorso, tornando ognuno di loro a vivere nelle rispettive abitazioni. La 40enne ha quindi aggiunto che la vittima faceva uso di cocaina e che lei l'aveva spinto a rivolgersi a una clinica, dove avevano cercato di aiutarlo.

Sempre la donna ha quindi dichiarato che, dopo le cure, avevano ripreso a frequentarsi, seppure vivendo separati, che era un uomo buono, tranquillo, un padre per l'altro figlio di lei, che ha otto anni. Un mistero però le imprecisate minacce di cui l'imprenditore aveva fatto cenno anche ai familiari. "Mio fratello si sentiva minacciato. Aveva paura e voleva tornare in Italia. Quando è entrato all'interno dell'ambasciata ha iniziato a urlare che qualcuno voleva fargli del male e che chiedeva protezione. Ma per tutta risposta, anziché essere protetto, nella nostra sede diplomatica è stato ucciso", ha dichiarato il fratello, Fabrizio Ventre, che sta lottando affinché sia fatta giustizia per quanto accaduto nella sede diplomatica.

"Si sentiva minacciato, ha chiesto aiuto, l'ha detto anche al poliziotto che invece l'ha soffocato e l'unico pensiero dell'Ambasciata è stato quello di non avere un cadavere lì dentro", ha affermato la mamma del 35enne, Palma Roseti. E su quelle minacce e su chi volesse fare del male all'imprenditore non sembra avere idea neppure la compagna della vittima: "Non usciva con nessuno e qui in Uruguay non aveva molti amici né parenti. C'erano il padre, mio cugino che è suo amico e io. Non conosceva molte persone". Pericoli di cui ha però parlato lo stesso poliziotto che ha tenuto a terra Luca Ventre per 22 minuti, con un braccio premuto sul collo del 35enne. Il poliziotto ha infatti riferito agli inquirenti uruguayani: "Vale la pena ricordare che detto uomo si è presentato chiedendo aiuto e aggiungendo che lo avrebbero ucciso".

La madre di Luca Ventre, l’italiano morto a Montevideo: “Mio figlio soffocato, in ambasciata poi hanno fatto finta che fosse vivo”

di

Clemente Pistilli


Lunedì intanto, in Procura a Roma, si è svolto un vertice tra il sostituto procuratore Sergio Colaiocco e gli investigatori per fare il punto sulle indagini. L'inchiesta è aperta contro ignoti, con l'ipotesi di omicidio preterintenzionale, e la delega per svolgere accertamenti è stata data ai carabinieri del Ros. Nel corso dell'incontro si è inoltre discusso di una serie di documenti trasmessi dall'Ambasciata italiana nelle scorse ore. E il sostituto procuratore Colaiocco sta valutando la possibilità di far rientrare in Italia la salma del 35enne, per affidare a un medico legale l'incarico di effettuare l'autopsia. Si tratterebbe in tal caso della seconda autopsia. La salma di Luca Ventre è già stata infatti sottoposta a tale accertamento in Uruguay e per il medico legale Natalia Bazán Hernández la causa della morte si può individuare nel soffocamento.

Sulla vicenda, esploso il caso e davanti al silenzio del ministro degli esteri Luigi Di Maio, sono infine intervenuti i deputati Pierantonio Zanettin, di Forza Italia, e Massimo Ungaro, di Italia Viva, chiedendo al titolare della Farnesina di riferire in Parlamento anche sulla legittimità del presidio dell'Ambasciata affidato a personale non italiano.Original Article

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