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Marinai italiani prigionieri del Covid, da un anno non scendono a terra: “Siamo fusi”

"L'immobilità di ogni cosa era perfetta. Se l'aria era diventata nera, il mare, per quel che ne sapevo, poteva essere diventato solido". Niente di meglio delle parole di Joseph Conrad voce narrante di 'Linea d'ombra', per provare a immaginare lo stato d'animo di un centinaio di marinai italiani ancora bloccati a bordo di cargo sorpresi dalla pandemia mentre navigavano negli angoli più disparati del mondo. DalMar di Cina alle acque africane dell'Oceano Atlantico. Più di un anno senza poter mettere piede a terra perché il ricambio degli equipaggi è impedito dalle misure restrittive adottate dai vari Paesi per combattere il virus. Limitazioni estese anche alla possibilità di spostare le navi in altri porti.

"Il tempo scorre sempre uguale"

Alessio Aliberti, trentacinquenne di Messina, è uno di loro. Anzi, è uno dei più fortunati perché in realtà il suo caso, cioè quello dell'equipaggio della motonave 'Mba Giovanni', ferma nella rada del porto di Huanghua con un carico di carbone australiano, è stato risolto. Tra Natale e Capodanno il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha annunciato che il governo cinese aveva accolto le istanze per l'avvicendamento degli equipaggi dei due cargo italiani bloccati nel Nord della Cina, oltre che a causa del Covid anche per una diatriba commerciale tra Pechino e Canberra. Ed in effetti, formalmente è così. "Ma noi siamo ancora a bordo e a gennaio sono diventati tredici i mesi ininterrotti di mare. Certo, lo stipendio e i rifornimenti non sono mai mancati, però il tempo che scorre sempre uguale ci ha fusi… – racconta al telefono Alessio, secondo ufficiale di coperta, prima di iniziare il turno di guardia – . I nostri rilievi (gli uomini che daranno il cambio, ndr) sono in viaggio, alle prese con la trafila di permessi, visti, controlli sanitari e pratiche varie. Una volta arrivati qui faranno la quarantena e poi, finalmente, noi potremo sbarcare".

I marittimi italiani a bordo del cargo Mba Giovanni

Una storia verso il lieto fine, dunque. Ma non è così per tutti: "Il governo italiano per noi ha fatto un lavoro eccezionale, mentre i miei compagni di altre nazionalità e gli stranieri di altre navi bloccate non sanno ancora di che morte moriranno – dice Alessio – . Penso soprattutto ai marittimi filippini e indiani. C'è gente che non scende a terra da venti mesi e ho saputo anche di tentativi di suicidio". L'equipaggio della 'Mba Giovanni', per dire, è composto da sei italiani e tredici filippini, tutti tra i i 25 e i 60 anno di età. E ci sono equipaggi che raggiungono addirittura le trenta nazionalità diverse tra i marinai.

Marinai bloccati dal Covid: "A bordo da un anno, ma gli stranieri stanno peggio"

La complicazione delle guerre commerciali

Le stime più recenti dell'International Chamber of Shipping (l'associazione mondiale degli armatori) parlano di circa 400mila marittimi bloccati in tutto il pianeta, costretti a prolungare sine die i contratti di imbarco, spesso con l'ulteriore complicazione delle guerre commerciali tra Stati. Prigionieri del Covid e del mare in certi casi addirittura da venti mesi, considerando che le restrizioni di inizio 2020 per la pandemia sono arrivate per alcuni equipaggi al termine di turni di imbarco iniziati già da molto tempo. La terza ondata del Coronavirus e la diffusione di nuove varianti del Covid ora stanno drammatizzando l'emergenza 'crew changes', in particolare dopo le decisioni di Brasile, Sud Africa e Regno Unito. Le Filippine, ad esempio, hanno esteso il divieto temporaneo di cambio di equipaggi a ben 35 Paesi. Ed il rischio, sempre secondo l'Ics, è che si ripetano gli errori dello scorso anno quando, come riconosciuto dall'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), molti governi violarono i diritti dei marittimi.

A bordo del cargo Mba Giovanni

Considerando la centralità dei commerci via mare per l'economia mondiale, il segretario generale dell'Ics, Guy Platten, chiede il riconoscimento dei marinai come categoria da sottoporre il prima possibile alla vaccinazione anti-Covid: "Oltretutto l'impossibilità di far ruotare gli equipaggi – aggiunge Platten – mette a rischio proprio il trasferimento via nave del materiale medico indispensabile per lo sforzo di vaccinazione globale". E sull'importanza del trasporto marittimo per la catena internazionale degli approvvigionamenti, fanno leva anche l'associazione europea degli armatori (Ecsa) e Confitarma, organizzazione italiana. La prima ha scritto una lettera aperta agli Stati membri dell'Unione per sollecitare la soluzione dell'emergenza dei 'crew changes' e la vaccinazione prioritaria dei lavoratori marittimi. Analoga iniziativa di Confitarma che ha scritto al ministero della Salute perorando il vaccino non solo per gli imbarcati su navi che operano nei traffici internazionali, ma anche per chi svolge servizi di cabotaggio di collegamento con le isole italiane.

Ancora i marittimi italiani a bordo del Mba Giovanni

Il mare come lavoro

"Negli ultimi mesi abbiamo registrato un graduale miglioramento sul fronte dei cambi di equipaggio – dice Mario Mattioli, presidente di Confitarma – ma le varianti del virus e le nuove restrizioni rischiano di complicare tutto. Oggi il problema degli avvicendamenti di personale italiano riguardano prevalentemente navi bloccate in estremo oriente e in Africa. Ecco perché chiediamo con forza di rendere prioritaria la vaccinazione dei lavoratori del nostro settore, considerando oltretutto che in prospettiva molti Paesi la richiederanno come obbligatoria per consentire imbarchi attraverso i loro porti".

L'Italia, con una flotta di quasi 1500 navi per un totale di 15 milioni di tonnellate, è tra i Paesi leader dello shipping globale: quarta nella graduatoria dell'Unione europea e settima al mondo. Il cluster marittimo del nostro Paese, tra attività diretta e indotto, produce beni e servizi per 34 miliardi di euro annui e dà lavoro a 530mila persone, il tutto pari al 2% del Pil nazionale complessivo e al 3,5% di quello non statale.

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