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La Moratti “zittisce” il governo: “Vi dico perché ci attaccano…”

Letizia Moratti è amareggiata per quanto avvenuto con la zona rossa della Lombardia e per la poca chiarezza che arriva da Roma., anche per quanto riguarda i vaccini. Su questi ultimi "ci sono decisioni che dipendono dal governo e sulle quali aspettiamo ancora di avere chiarezza" ha spiegato l'assessora al Welfare, come riportato da Il Giorno.

Moratti: "Pregiudizio e attacco ancora in corso"

La vicepresidente non vuole certo coprire chi invece cerca in tutti i modi di attaccare la Lombardia. La Moratti ha infatti ribadito ancora una volta che "se siamo usciti dalla zona rossa è perché abbiamo chiesto di rivalutare i dati forniti e perché abbiamo scelto la strada del ricorso al Tar". Mentre il governo continua a dare la colpa alla Regione, senza cercare di parlare. E proprio su questo la Moratti è chiara, a sbagliare è "chi non vuole dialogare. Detto questo, ho studiato i dati e ho notato elementi non coerenti sia rispetto al numero dei contagiati ogni 100mila abitanti che al tasso di ospedalizzazione. I contagi erano inferiori di quelli di altre regioni e sotto la media nazionale. Ho chiesto un confronto col ministero e uno slittamento di 48 ore della decisione sulla zona rossa. Il ministro Roberto Speranza non l'ha concesso. E pretendeva, anzi, che ammettessimo che l'errore era nostro".

Forse a questo punto sarebbe giusto parlare di un pregiudizio sulla Lombardia. "Vedo che le modalità con le quali i ministri Speranza e Boccia continuano a ribaltare su di noi errori che non abbiamo commesso dimostrano l'esistenza di un pregiudizio e di un attacco ancora in corso. E lo dico con grande dispiacere, perché ho sempre lavorato con lo spirito della collaborazione istituzionale. Stavolta vedo che è difficile farlo" ha aggiunto l'assessora che non ha nascosto di essere amareggiata. La Moratti pensa infatti che in una situazione straordinaria come quella che stiamo vivendo si dovrebbe pensare all'interessa dei cittadini, con uno spirito di unità nazionale. E alla fine è anche difficile spiegare alle pesrone chi ha torto e chi ha invece ragione.

Il ritardo dei vaccini

Sul ritardo dei vaccini, la vicepresidente ha tenuto a sottolinearne la gravità, facendo però riferimento al contratto stipulato tra la Commissione europea e le aziende produttrici che non dà modo di intervenire. Ritardi si registrano anche nelle decisioni che spettano al governo, come per esempio "sul piano di invio di personale da destinare alla vaccinazione. Abbiamo chiesto chiarezza sui tempi e le priorità delle categorie da vaccinare". Come ha precisato la Moratti, come assicurato dal governo, tra gennaio e ottobre in Lombardia sarebbero dovuti arrivare 11.228 fra medici e infermieri per somministrare il vaccino. Fino a questo momento non è però arrivato ancora nessuno. I rapporti con il commissario straordinario Domenico Arcuri sarebbero buoni a livello istituzionale, ma si aspetta una chiarezza diversa su alcuni punti. Ovviamente anche la crisi di governo sta minando la lotta al virus. E poi c'è la crisi economica che "si vince se la si combatte uniti. Per uscirne la chiave di volta è la vaccinazione. La priorità è avere i vaccini in numero sufficiente. L'Europa, che ha individuato 300 milioni di dosi, ci ha legato le mani, impedendo gli acquisti diretti".

La vicepresidente ha affermato che avrebbe comprato i vaccini ma non ha potuto farlo. Intanto però promette di avere particolare attenzione per le persone fragili, e infatti la Lombardia ha previsto di vaccinare i disabili e gli ospiti dei centri per la riabilitazione. Sia in fase 1 che in fase 2, riguardante i cittadini over 80. Ruolo fondamentale quello del terzo settore nel sostenere le fragilità. Parlando di una riforma sanitaria da parte di regione Lombardia, la Moratti ha spiegato che è necessario "rafforzare la medicina territoriale, coinvolgendo i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta. Dobbiamo lavorare superando le barriere settoriali e puntando sulla prevenzione".

La riforma sanitaria

A questo scopo verranno ascoltati i suggerimenti provenienti dalle forze sociali, dall'università, dai sindacati, dal terzo settore, dai sindaci del territorio. La base di partenza è la cura della persona, il che vuol dire presa in carico, prevenzione, riabilitazione e ricerca. E per realizzare il progetto non si può parlare di una "una presa in carico ospedalocentrica. Deve essere una modalità diffusa sul territorio. Garantita, cioè, dai medici di base e da chi si occupa di specialità e da chi lavora all'accompagnamento del paziente. Inclusi psicologi e assistenti sociali. Bisogna curare la persona, non la malattia" ha spiegato l'assessora.

L'obiettivo è comunque quello di riuscire ad arrivare a una riforma completa, e per questo motivo i tempi non saranno stretti. Sicuramente da mantenere uno dei punti forza della Lombardia: il diritto di scelta del cittadino, che dovrà essere rafforzato con un ruolo più incisivo da parte della Regione nella programmazione e nel controllo. I medici devono essere assunti dal governo, ma la Regione sta "segnalando i profili professionali che servono. Medici, infermieri, tecnici di laboratorio e di radiologia, biologi. Saranno le università a inviare l'elenco al Miur che, a sua volta, deve trasmetterlo al ministero della Salute".

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