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India, assalto al Forte Rosso: gli agricoltori occupano Delhi

CHENNAI (INDIA) – Assalto al Forte Rosso nel cuore di Delhi. Gli agricoltori l’avevano promesso e ce l’hanno fatta, sono entrati nel cuore della capitale indiana proprio nel giorno in cui si celebra in pompa magna il 72esimo anniversario della Repubblica. Si corona così un periodo di sciopero lungo due mesi durante i quali decine di manifestanti sono rimasti accampati ai margini di Delhi, tra rischio Covid e temperature notturne sottozero. Ma gli scontri violenti per le strade, le cariche degli agenti con i manganelli, gli idranti sparati sulla folla e i gas lacrimogeni non sono riusciti a fermare la rivolta delle decine di trattori che fin dalla prime ore del giorno premevano alle porte della metropoli. Almeno un manifestante è rimasto ucciso con due pallottole e decine i feriti sia tra gli scioperanti che tra gli agenti.

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Secondo la polizia era in vigore una sorta di patto tra agricoltori e autorità. I manifestanti si sarebbero mantenuti entro certi limiti, avrebbero atteso la fine della grande parata della Festa della Repubblica e avrebbero iniziato poi la loro protesta pacifica. Ma fin da metà mattina si è visto che i confini prestabiliti non avrebbero retto. Gli agricoltori sono partiti prima del previsto. A decine di migliaia, moltissimi con indosso i variopinti turbanti che contraddistinguono gli abitanti del Punjab, altri Stati del Nord e i fedeli Sikh, si sono addensati lungo le transenne della polizia, in diversi punti. Alcuni hanno iniziato a salirci sopra in piedi. Allora sono arrivate le ruspe dei contadini che con le corde hanno scardinato i posti di blocco. Celerini e poliziotti della capitale hanno dovuto battere in ritirata, sparando gas per rallentare la carica degli scioperanti. Niente da fare, a piedi, a cavallo o con i trattori, la folla di agricoltori in sciopero è partita di corsa o nei cambio e trattori verso il centro, convogliando da diversi punti della città. Immediata la sospensione di molte linee della metropolitana.

Poi, verso la zona dell’Ito di Delhi, due trattori sono partiti alla carica verso la folla di poliziotti e giornalisti. Un poliziotto ha aperto il fuoco uccidendo il conducente, mentre il trattore si è ribaltato. Diversi gli scontri molto violenti con lanci di pietra e tanti i feriti da entrambe le parti. Momenti fuori controllo, con vandalismo e distruzione di transenne.

E poi si è arrivati al momento più simbolico, quando finalmente un gruppo di migliaia di scioperanti ha raggiunto il Forte Rosso, Lal Qila, simbolo importantissimo per l’India. Fu la prima residenza della dinastia islamica dei Mughal, completata per ordine dall’imperatore Shah Jahan nel 1648. Ed è dove il primo premier indiano, Jawaharlal Nehru, issò la bandiera nazionale indiana il 15 agosto del 1947. Ed è per questo che ogni Ferragosto, dedicato all’Indipendenza indiana, il primo ministro in carica issa qui la bandiera indiana.

Invece, ora, lungo quell’asta vuota si arrampicano a turno gli agricoltori per issare le loro bandiere di protesta. L’immagine di questo assalto al Forte Rosso, con le bandiere gialle degli agricoltori, quelle arancioni dei secessionisti Sikh che chiedono uno stato indipendente, il Khalistan, e qualche falce e martello su sfondo rosso, colpisce tutta l’India, non solo perché è il giorno della Repubblica, ma proprio perché è la dimostrazione che le rimostranze delle campagne sono riuscite ad arrivare fino al cuore della vasta capitale. È proprio il simbolo di due mondi a confronto, questa bandiera campagnola piantata nel cuore della capitale. Da una parte chi vuole conservare i valori statalisti e socialisti che proteggono con sussidi e prezzi minimi garantiti i produttori di frutta, verdura e cereali. Dall’altra c’è l’India che il premier Narendra Modi cerca di modernizzare, avviandola alla liberalizzazione del mercato, con minori mediazioni dello Stato, ma, per come sono state scritte queste leggi, avvantaggiando soprattutto i grandi gruppi industriali, con poche tutele per la maggioranza degli agricoltori, che vivono in piccoli appezzamenti o sono mezzadri senza terre.

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di

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La giornata continua nel pieno degli scontri, ore e ore di fughe, cariche, rincorse, assalti e ritirate. E comunque vada, c’è già la promessa, se il governo non ritirerà le leggi approvate frettolosamente lo scorso settembre, di tornare a marciare sulla capitale il 1° febbraio quando in Parlamento si discute la legge di bilancio. La lotta continua.Original Article

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