Categories: Prima pagina

“Ho i brividi”: il tweet pro Biden costa il licenziamento a giornalista del New York Times

Un tweet emozionato per Joe Biden presidente è costato il posto di lavoro a una giornalista del New York Times. Il caso di Lauren Wolfe rischia di diventare per il grande quotidiano americano un nuovo oggetto di polemica interna, con decine di lettori che protestano sui social e annunciano la cancellazione dell'abbonamento.

Il tweet dello scandalo è stato pubblicato martedì 19 gennaio, alle 3 del pomeriggio (ora americana) con l'immagine dell'aereo che trasportavaJoe e Jill Biden in fase di atterraggio sulla pista della Joint Base Andrews e il commento: "Ho i brividi". L'autrice è Lauren Wolfe, editor freelance a contratto del New York Times e reporter molto seguita su Twitter (oltre 90mila follower), nota per coraggiosi reportage sui diritti umani e in particolare sul traffico internazionale di donne e bambini in Sudamerica e in Congo.

Dopo poche ore dal tweet (che era seguito da un altro di critica a Donald Trump per non aver spedito un volo presidenziale per Biden, tweet poi cancellato da Wolfe perché è emerso che il nuovo presidente aveva scelto un aereo privato), il New York Times ha comunicato con una telefonata a Wolfe l'interruzione della collaborazione. La giornalista si è rivolta ai suoi follower per lamentare la perdita del posto di lavoro "nel pieno di una pandemia" e immediatamente sono arrivate centinaia di dimostrazioni di solidarietà per quella che appare come una reazione sproporzionata della direzione del Nyt a fronte di una dichiarazione un po' emotiva, certo espressione di sollievo ma non eccessivamente "partigiana", soprattutto considerando la caotica fine della presidenza Trump.

Hard to fathom all the talk of “cancel culture” on my timeline while I’m left without an income during a pandemic. I’m not an ideology, I’m a hard-working person who can no longer pay her bills. @SulomeAnderson @yashar @michaeldweiss

— Lauren Wolfe (@Wolfe321) January 23, 2021

Molti lettori hanno dichiarato che questa è la goccia che mancava alla perdita definitiva di fiducia nel New York Times, da tempo sotto attacco dai lettori più liberal per un presunto eccesso di sforzo bipartisan nell'era Trump.

Un diluvio tale che la stessa Wolfe si è sentita in dovere di tornare su Twitter a implorare che il suo caso non diventi la miccia di cancellazioni e critiche agli altri validi colleghi del New York Times. Nel frattempo, però, sui social era partita anche una grande campagna di diffamazione e insulti proprio ai danni della giornalista, corollario spesso comune ai casi di controversia via Twitter o Facebook soprattutto quando al centro si trovano delle donne.

Hi all. I truly appreciate everyone’s support but I need to ask you a favor: PLEASE don’t unsubscribe from @nytimes. I have loved this paper and its mission my whole life. Their journalism is some of the most important & best in the world, & they need to be read widely. Thank you

— Lauren Wolfe (@Wolfe321) January 24, 2021

Ormai la valanga della polemica era partita e lo stesso Nyt è dovuto intervenire a fermare le critiche: con un comunicato ufficiale in cui dichiara che nessuno è stato licenziato per un singolo tweet, e dichiarazioni ufficiose in cui si rivela che Wolfe in passato era stata oggetto di avvertimenti circa presunte intemperanze sui social media e che con l'ultimo tweet "il nome suo e del New York Times sono riportati ovunque e non possiamo permettercelo". Una pezza che è risultata quasi più grave del buco, visto che senza ulteriori specificazioni circa i tweet passati che hanno provocato imbarazzo al giornale si tratta di insinuazioni che ora danneggiano la reputazione della giornalista ,rendendo magari difficile per lei anche trovare nuove collocazioni. Anche perché al Washington Post la stessa Wolfe ha dichiarato che l'unica causa del licenziamento che le è stata fornita è stato quel singolo tweet.

‘It’s a shot at my reputation’: Lauren Wolfe reacts to NYT’s statement about her dismissal. Thank you, ?@ErikWemple? https://t.co/LxtLggl4at

— Lauren Wolfe (@Wolfe321) January 26, 2021

Molti giornalisti e star si sono spesi per lei chiedendo che il Nyt torni sui suoi passi. Come l'attrice e attivista democratica Alyssa Milano che ha mobilitato i suoi 3,7 milioni di follower per chiedere il reintegro di Wolfe in quello che forse ormai non è neanche più un bell'ambiente di lavoro per lei.

Please take a moment to read this thread and then tweet at the @nytimes and tell them to #rehireLauren. https://t.co/u85DIVFLf8

— Alyssa Milano (@Alyssa_Milano) January 24, 2021

Per il Nyt l'ultimo anno è stato denso di crisi di credibilità nate proprio sui social, con veri scivoloni che hanno provocato terremoti interni. Come il caso dell'editoriale del senatore repubblicano Tom Cotton, considerato razzista da gran parte della redazione, soprattutto nella sua componente afroamericana, e che ha portato alle dimissioni del capo del desk dei commenti James Bennet. Seguito dall'abbandono ancor più clamoroso di una molto in vista, e molto conservatrice, commentatrice come Bari Weiss al grido: "Twitter è il vero direttore del New York Times". Fino all'ultimo, clamoroso scandalo Caliphate, il reportage in podcast sull'Isis basato sul racconto di un millantatore, su cui il New York Times ha dovuto fare pubblica ammenda e restituire persino premi giornalistici. Senza peraltro che cadesse alcuna testa, a partire dalla prima responsabile del grave errore, la reporter superstar Ruchmini Callimachi. Il confronto tra il danno provocato da lei al buon nome della testata e quello provocato dai "brividi" di Lauren Wolfe per Biden è impietoso, e in molti l'hanno sollevato a sottolineare l'assurdità del licenziamento della giornalista.

Al di là delle sfumature del caso Wolfe, la vicenda riporta in primo piano il tema del diritto dei giornalisti di esprimere liberamente le proprie opinioni politiche sui social media, soprattutto nei grandi media Usa dove stringenti linee guida di comportamento vincolano tutti, tranne gli opinionisti. Questo doppio trattamento è stato visto anche in passato come una disparità ingiusta: proprio nel caso di Bari Weiss i giornalisti della redazione protestarono per non aver potuto usare i social per criticarla mentre lei fustigava tutti, colleghi inclusi, liberamente su Twitter. Resta il fatto che una punizione esemplare è rimasta apparentemente senza spiegazioni plausibili, se non la difficoltà dei grandi giornali di navigare nel nuovo ecosistema dell'informazione post Trump, con la paura di ritrovarsi con l'accusa di essere troppo di parte perché provano finalmente dei "brividi" di sollievo per un presidente che non li tratta come "nemici del popolo".

Original Article

Notizie & Giornali

Recent Posts

Uno Maggio Taranto 2024: Libertà, Resistenza e Musica

A Taranto, c'è un altro Concertone in programma oltre a quello più noto di Roma:…

4 giorni ago

Netflix ha pubblicato il primo trailer della miniserie Ayrton Senna

A differenza del documentario del 2010, la miniserie in sei parti di Netflix è una…

4 giorni ago

Roby Facchinetti: 80 Anni di Musica e Storia

Roby Facchinetti, il leggendario componente dei Pooh, compie 80 anni. Una vita dedicata alla musica,…

4 giorni ago

Concerto del Primo Maggio 2024: Dieci Ore di Musica e Impegno al Circo Massimo

È il giorno del concerto del Primo Maggio e Roma si prepara ad accogliere migliaia…

4 giorni ago

1 Maggio 2024: Celebrazione della Festa dei Lavoratori in Italia e nel Mondo

Ogni 1° maggio, in Italia e in molte parti del mondo, si celebra la Festa…

4 giorni ago

Ocse, notevoli progressi per l’attuazione del Pnrr

AGI - Le risorse stanziate nell'ambito del Pnrr offrono l'opportunità di affrontare le debolezze strutturali…

3 mesi ago