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Crisi, spariscono 170 mila lavoratori autonomi nel primo semestre 2020. Via soprattutto donne e giovani

ROMA – Meno giovani e meno donne:la crisi che ha falcidiato autonomi e professionisti nel 2020, facendo sparire già nel primo semestre 170 mila unità, ha reso ancora più profondo il gap generazionale e quello di genere. Dei 170 mila lavoratori autonomi in meno a causa della pandemia, 30 mila sono liberi professionisti. Il dato emerge dal Rapporto di Confprofessioni, che viene presentato stamattina online, alla presenza del viceministro dell'Economia Antonio Misiani e del presidente del Cnel Tiziano Treu.

Anche dai dati Istat del primo trimestre 2020 la diminuzione riguarda soprattutto la componente femminile (-2,6%) mentre risulta molto più contenuta per i maschi (-0,4%). Il segno negativo è inoltre prevalentemente a carico degli under 34 (-11%), mentre la crescita maggiore si riscontra nella fascia 45-54 anni (+4%). Si tratta di una tendenza in atto da tempo. Tra il 2011 e il 2019 il numero dei giovani professionisti under 34 passa da 234 mila unità a 251 mila, ma gli over 55 salgono da 270 mila nel 2011 a 435 mila nel 2019.

Il contributo degli under 34 è maggiore nel settore dei servizi alle imprese (22%) e in quello delle attività scientifiche e veterinarie (20%), i professionisti con oltre 55 anni hanno invece un peso molto elevato nell’area socio sanitaria (40%) e nell’area del commercio (35%). Quanto al gap di genere, nel 2019 il 64% dei liberi professionisti sono uomini.

Le donne rappresentano soltanto il 36%, ma sono più giovani (35-44 anni l’età media contro i 44-55 degli uomini) e possiedono un livello di istruzione più alto (l’80% è laureata contro il 61% dei colleghi). Un buon gender balance si registra solo nell’area socio-sanitaria dove la presenza femminile sale al 50% e nell’area legale con il 48%. Tra le professioni di area tecnica e nel commercio, le donne pesano solo rispettivamente il 24% e il 22%.

Emerge dal rapporto anche una certa disaffezione e una certa diffidenza nei confronti del lavoro autonomo e delle libere professioni da parte dei giovani. L’86% dei neolaureati nel 2019, infatti, afferma di essere “decisamente disponibile” a forme di lavoro dipendente (contratto a tempo indeterminato/a tutele crescenti, determinato, somministrazione e apprendistato), mentre solo il 28% si dice propenso a forme di lavoro autonomo e in conto proprio, soprattutto tra i laureati in psicologia e nelle discipline scientifiche e ingegneristiche.

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La crisi innescata dalla pandemia ha pesato moltissimo sui professionisti. Lo stato di emergenza economica è confermato anche dal massiccio ricorso alle misure di sostegno messe in campo nei vari Dpcm varati durante la pandemia. Ad aprile le Casse di previdenza professionali hanno accolto oltre 400 mila domande per l’indennità dei 600 euro, introdotta dal decreto “Cura Italia”; mentre a maggio sono quasi 5 milioni le domande dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata pervenute all’Inps, con una percentuale di accoglimento che supera l’80%.

Le categorie che hanno fatto maggior ricorso alle indennità sono gli psicologi e i geometri, con una percentuale di domande presentate superiore al 60%. Seguono gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti, e i veterinari con percentuali intorno al 50%. Tutte le altre categorie si attestano sotto il 40%, mentre in coda, sotto il 12%, troviamo quasi tutte le professioni sanitarie e i notai.

Più colpita la parte dei professionisti non iscritti alle casse degli ordini. Tra il 2014 e il 2019, il comparto libero professionale ha visto aumentare molto la componente non ordinistica, ovvero i professionisti iscritti alla Gestione separata Inps (+23%). Nel 2019 si contano quasi 150 mila professionisti in più rispetto al 2014, di cui circa la metà (poco meno di 72 mila) iscritti alla gestione separata Inps.

Tuttavia i professionisti con Cassa di previdenza privata si caratterizzano per un reddito medio in crescita (+4,4%) e pari a 35 mila euro al 2019, mentre i secondi vedono calare in misura significativa i propri introiti (- 10%) che si attestano al 2019 su una cifra poco superiore ai 15 mila euro, meno della metà di quella delle professioni ordinistiche.

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