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Covid: i dubbi sul vaccino

"Mah… sto vaccino non so se me lo faccio o no. Forse sì, ma forse anche no. Ci penserò".

Quando, quelle volte che usciamo di casa, ci imbattiamo in frasi come questa, tra il dubbioso e il fatalista, o nel loro contrario, cioè in espressioni tra l’ottimista e l’entusiasta, del tipo "chissà quando me la faranno ‘sta vaccinazione, non vedo l’ora, così mi levo il pensiero", è difficile non domandarsi cosa spinga la gente – che pure è immersa nella stessa situazione sanitaria, economica, umana, relazionale, emotiva – ad avere atteggiamenti così differenti nei confronti dell’anti-covid. Non chiedersi perché c’è chi aspetta con impazienza e chi posticipa volentieri il momento di aderire finalmente alla campagna vaccinale. E quali sono i fattori che influenzano più di altri l’accettazione o lo scetticismo nei riguardi dell’anti-covid.

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Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Padova e di Ferrara pubblicato su Social Science & Medicine ha analizzato e monitorato nel tempo l’accettazione del vaccino contro il sars-cov-2 in Italia da fine febbraio a fine giugno 2020 (cioè quando ancora il vaccino non c’era ma se ne parlava tantissimo). E la conclusione è stata che i fattori principali che predicono l’intenzione a vaccinarsi, cioè i predittori come dicono gli scienziati, sono tre: la percezione del rischio covid, la dubbiosità sui vaccini (in pratica i dubbi nei confronti dei vaccini in generale) e la vaccinazione contro l’influenza (il fatto di essersi vaccinati contro l’influenza nella stagione precedente la pandemia).

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L’esitazione o l’hesitancy

La ricerca ha utilizzato i dati rilevati in tre diverse fasi dell’emergenza – prima del lockdown, cioè dal 28 febbraio all’ 8 marzo, durante il lockdown cioè dal 9 marzo al 9 maggio e dopo il primo lockdown nazionale, dal 10 maggio al 28 giugno 2020 – su un campione di 2.267 uomini e donne con 38 anni di media: il 40% di loro è risultato intenzionato ad accettare un vaccino contro il covid-19 senza esitazione, mentre il 60% ha invece dimostrato un grado variabile di esitazione, da 1 a 100.

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A proposito di esitazione, l’esitazione vaccinale dall’inglese vaccine hesitancy, indica una serie di atteggiamenti che vanno da alcuni a molti dubbi, fino al ritardo e al riluttanza a vaccinarsi.

"Abbiamo iniziato a monitorare la percezione del rischio e l’esitazione vaccinale fin dalle prime fasi di diffusione del virus, cioè prima ancora che fosse dichiarato lo stato di pandemia, valutandone l’evoluzione nel tempo – dice Teresa Gavaruzzi, ricercatrice dell’Università di Padova e coautrice del paper -. Da un punto di vista metodologico abbiamo usato un’analisi di regressione che in statistica e psicometria permette di quantificare se una serie di comportamenti o caratteristiche personali influenzi o no un certo comportamento".

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Percepirsi a rischio o no fa la differenza

Gli autori hanno quindi misurato la percezione del rischio nei confronti del covid-19 attraverso tre elementi: la probabilità di essere contagiati, la gravità della malattia, e la paura della malattia, per concludere che la probabilità di accettare il vaccino senza esitazione aumenta di circa 2,5 volte quando si percepisce il rischio del covid-19 come medio rispetto a quando lo si percepisce basso. E cresce di circa 5 volte quando si percepisce il rischio come alto rispetto a quando lo si percepisce basso.

Tra gli esitanti, rispetto a chi percepisce un rischio basso, chi lo percepisce medio o alto riduce il grado di esitazione del 30% e del 40% rispettivamente.

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I dubbi sui vaccini

Oltre che dalla percezione del rischio, il livello di accettazione del vaccino, è fortemente influenzato dai dubbi nei riguardi dei vaccini in generale. Infatti rispetto a chi dubbi non ne ha, il fatto di averne anche pochi abbatte del 37% la probabilità di accettare il vaccino covid-19 senza esitare, una riduzione che arriva all’87% per chi di dubbi ne ha invece molti.

Tra coloro che non accetterebbero senza esitazione il vaccino (gli esitanti, cioè il 60% del campione), il livello di esitazione vaccinale aumenta solo se si hanno molti dubbi nei riguardi dei vaccini in generale, portando a un aumento dell'esitazione del 51% per i più dubbiosi.

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Il peso dell’antinfluenzale

L’aver fatto il vaccino contro l’influenza nella precedente stagione influenzale (2019) aumenta le probabilità di accettare senza esitazione il vaccino contro il covid-19 di circa 3 volte. E tra chi è esitante, essersi vaccinati contro l’influenza nella precedente stagione riduce il livello di esitazione di circa il 35%.

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Il senso del pericolo

«La risposta delle persone al pericolo varia in base a caratteristiche del pericolo stesso. In particolare, i rischi sono percepiti come più pericolosi quando sono poco comuni, sconosciuti alla scienza, caratterizzati da una natura catastrofica, e fisicamente e psicologicamente vicini – spiega Marta Caserotti, dell’Università di Padova e prima autrice dello studio. La rischiosità di un evento viene valutata non solo sulla base di informazioni oggettive, ma anche sulla base delle sensazioni provate. Il profilo di percezione del rischio per il covid-19 – continua Caserotti – l’abbiamo confrontato con quello di due malattie che differiscono per due importanti dimensioni legate al rischio: la familiarità e prevedibilità di decorso che abbiamo nei confronti dell’influenza stagionale e la distanza fisica e psicologica che percepiamo nei confronti del virus dell’Ebola».

Tra l’influenza e Ebola

«Se guardiamo all’evolversi di questi giudizi nelle tre fasi temporali studiate si nota che: per la probabilità percepita di essere contagiati, il covid-19 assomiglia molto all’influenza in tutte le tre fasi, mentre per la gravità percepita, se prima del lockdown era di poco superiore all’influenza, durante e dopo il lockdown i giudizi si avvicinano molto a quelli dell’Ebola.

Già prima del lockdown – conclude Caserotti– la paura del covid-19 è invece simile a quella dell’Ebola ed è maggiore di quella per l’influenza, ma poi aumenta molto durante il lockdown e si riduce solo leggermente dopo il lockdown, risultati in linea con la letteratura sul ruolo di fattori emozionali nella percezione del rischio».

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