C'è un' altra Italia che sta volando veloce negli oceani, alla Vendée Globe, ha il nome di Giancarlo Pedote e il tricolore e i suoi post su fb in italiano e i suoi fan che ormai si vedono puntualmente come in un bar dello sport virtuale, ad esempio quello animato dal fotografo e blogger Andrea Falcon, dove si tifa come sugli spalti, si spinge lo skipper nostrano verso il traguardo che ormai non è più lontano, dopo una cavalcata potente e pericolosa intorno agli oceani di tutto il mondo.
Giancarlo Pedote, 45 anni toscano che vive in Francia laureato in filosofia a Firenze, ma anche autore di volumi più pratici – il Manuale della vela, e il Manuale dello skipper , best sellers tra i principianti – è a circa tre, quattro giorni dal traguardo finora più sudato della sua carriera di capitano della vela, l'arrivo alle Sables d'Olonne, immenso porto-canale sulla costa atlantica francese, edizione 2020-2021 della Vendé Globe il giro del mondo in solitario senza assistenza e senza scalo. Al momento Pedote, sul suo Prysmian, è sesto, a circa 250 miglia dal primo, il francese Louis Berton, su Bureau Vallé, che pure fino a poche settimane fa si doveva ritirare per avarie a bordo, seguito da un altro francese, Charlie Dalin, uno dei favoriti, e terzo c'è un tedesco che corre per il principato di Monaco, Boris Herrmann, skipper grande amico di Pierre Casiraghi che la parte di mondo terrestre aveva già conosciuto per tutt'altro impegno, l'aver imbarcato Greta Thumberg per attraversare l'Atlantico a vela – Plymouth, Inghilterra-New York a zero emissioni – per partecipare nel 2019 al vertice mondiale sul clima.
di SIMONA CASALINI
Quarto è Thomas Ruyant, altro francese ma con la barca LinkedOut costruita interamente nel cantiere italiano Persico, avamposto di altissima tecnologia marina a Nembro, in provincia di Bergamo, uno dei comuni italiani più falcidiati dal Covid. E proprio qui, a Nembro, c'è un'altra connessione nel mondo internazionale della vela, è qui che si sono costruiti tutti i "bracci", le parti più strutturali dei foil sui quali decollano le barche della Coppa America. E ancora, l'Italia oceanica. La multinazionale svizzera Gurit ha numerosi ingegneri aerospaziali italiani e ha fornito la quasi totalità dei materiali di impostazione aeronautica – fibre di carbonio, nido d'ape e altre miscele di formidabile resistenza – con le quali sono state costruite la gran parte delle barche della Vendée e che ha due sedi in Italia dove riciclate bottiglie in plastica per creare materiali per le costruzioni nautiche.
Insomma, gli oceani non sono poi così lontani da noi e Pedote gli sta al passo e anzi, anche da sesto, il suo personale record di resistenza e maestria potrebbe conquistarlo a breve perchè sarebbe la migliore prestazione italiana nella storia della regata più massacrante della vela, alla quale finora hanno partecipato solo pochi grandi oceanici italiani – Vittorio Malingri, Pasquale De Gregorio, Simone Bianchetti e Alessandro Di Benedetto – e mai, ad esempio, uno skipper di capacità e esperienze formidabile come Giovanni Soldini.
Intanto, comunque vada, la resistenza e l'abilità di Pedote è già da impresa: è riuscito a domare le grandi depressioni dell'emisfero sud nei luoghi più inospitali e gelati e grigi del contineante bagnato e ammansito i passagi cruciali e solitamente tempestosi dei tre mitici capi di Buona Speranza in Africa, Leeuwin in Australia e, soprattutto, Capo Horn, in fondo all'America del sud. Con anche una certa dose di ironia: ecco ad esempio cosa ha scritto Pedote in un suo reportage per National Geographic: "Si dice che quando passi Capo Horn, diventi parte di un gruppo, i Cap Horniers, che acquisiscono vari diritti , tra cui mettersi un orecchino a cerchietto d'oro e poter cenare con un piede sulla tavola. E pare che un marinaio che abbia navigato sui tre capi, Horn, Leeuwin e Buona Speranza, si guadagni il privilegio di "poter fare pipì e sputare contro il vento". Io non ho provato nessuna delle tre, ho respirato profondamente e ho tagliato via ogni pensiero".
di
Simona Casalini
La flotta della Vendée era partita ai primi giorni di novembre dalle Sables d'Olonne in piena emergenza pandemia, con la grande festa con milioni di spettatori da tutta la Francia, con un record di partecipanti che davvero non sembrava nel mood: 27 uomini e sei donne, verso il periplo del mondo liquido lungo oltre 24 mila miglia marine. Isolati e monitorati da una rete di connessioni sulla rete che non li ha mai lasciati da soli. Ora in gara ne sono rimasti in 25, e i primi quattro sono davvero a una manciata di miglia l'uno dall'altro – tra il primo e il secondo ci sono appena sei miglia, meno della distanza tra l'Argentario e il Giglio, e tra i primo e il quarto meno che tra la Civitavecchia e la Sardegna, quisquilie dopo una cavalcata oceanica quasi infinita e tutti raggruppati tra le Azzorre, le Canarie e la Spagna, prua verso il temibile golfo di Biscaglia. Mentre l'ultimo in classifica sta ancora doppiando Capo Horn.
Nessuno di loro batterà il record della regata di 74 giorni stabilito quattro anni fa da Armel Le Cléac'h, da un paio di giorni è stato superato senza che nessuno abbia tagliato il traguardo. Pedote forse non riuscirà a scalare di molto la classifica perchè la sua barca ha i foil di vecchia generazione – sì, anche le barche più competitive delle Vendée Globe corrono con "baffoni" diventati famosi per i bolidi della coppa America – ma intanto l'italiano ha messo dietro il veterano Jean Le Cam, 61 anni, il più amato e incoraggiato dai francesi, protagonista di un salvataggio diventato quasi leggenda di un altro concorrente rimasto a mollo nell'oceano a cinquecento miglia dal capo di Buona Speranza e con tanto di canzone a lui dedicata dai bambini delle scuole elementari. Tutti, alla partenza, sognavano di rientrare in porto possibilimente vittoriosi, sani, con la barca in buone condizioni e soprattutto col mondo terrestre liberato dalla pandemia. Così non è stato, in questo le loro lunghe cavalcate oceaniche sono state una delusione.
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