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Matteo Nucci: “La Sicilia dei miti, miniera di storie da raccontare”

Se è vero, per dirla con Levi Strauss, che il mito è l'insieme delle sue varianti, ben vengano allora i racconti che sostanziano il volume "Miti di Sicilia" , in edicola giovedì 28 con "Repubblica", e che rivisitano vicende di antichi eroi, ninfe, divinità, tutti legati alla nostra Isola. Si devono a scrittori siciliani, o che con la Sicilia copulano felicemente, perché vi si sono trasferiti o perché con la sua memoria ancestrale fanno i conti: da Nadia Terranova a Emanuela Abbadessa, da Silvana Grasso a Maria Rosa Cutrufelli, per stare a oriente della Trinacria. Ma del drappello fanno pure parte i palermitani Gian Mauro Costa e Stefania Auci, e poi Giacomo Pilati e Gaetano Savatteri. Fuori sacco isolano (ma entrambi legati a doppio filo con la Sicilia) ci sono poi Ruska Jorjoliani e Matteo Nucci. Quest'ultimo, autore di libri di grande successo come "Le lacrime degli eroi" e "Achille e Odisseo", ha quotidianamente le mani in pasta mitologica: è andato in giro per lo Stivale in lungo e in largo racimolando schegge di leggende. Chi meglio di lui può provare a spiegarci perché mai una manciata di miti greci antichi continua a dare la sua forma vitale alla nostra percezione di noi stessi e del mondo? "Credo molto – spiega lo scrittore e studioso romano – nella potenza del mito perché aperto, vario, ricco di scarti, di varianti. Quante versioni esistono, ad esempio, del mito di Edipo? Quello che ha formato e condizionato il nostro immaginario grazie a Freud? Parecchie: questa è la sua ricchezza. Il mito ci fa trovare nuove strade, ci porta sempre in una direzione inattesa. La potenza del mondo occidentale sta tutta qui: nel saper mettere in discussione. Il mito non dà mai risposte univoche: esso è parola, racconto che ci obbliga sempre a interrogarci".
Ma questa forma del mito custodisce contenuti molteplici, che dopo tempo immemorabile continuano ad avere vitalità e energia inesauribile. Qual è il segreto secondo lei?
"Questi contenuti non sono altro che i nostri archetipi. Tra l'VIII e il VII secolo nella Grecia, in Asia minore, nel Sud Italia prendono corpo queste storie di personaggi archetipici, prima oralmente, poi per iscritto, che raccontano l'essere umano in tutte le sue sfaccettature e contraddizioni. Nessuno ha mai raccontato l'essere umano con altrettanta perturbante chiarezza. Ma c'è di più: tutto questo è accaduto senza un libro sacro che dicesse come stessero le cose. Non c'era la Bibbia, né il Corano, né la Torah, si viveva meglio e si spiegava meglio il mondo".
Ma perché lì, in Grecia, in Asia Minore, e in parte anche qui, in Sicilia?

"Si è trattato di un momento unico nella storia. La posizione vettrice, poi, della Sicilia si spiega anche col fatto che quest'Isola è stata fucina di intellettuali, filosofi, poeti. Per i Greci essa diventa davvero mitica, nel senso di eccezionale. Tutti vorrebbero andarci: pensiamo a Platone, tanto per fare un nome. Ma pensiamo pure ad Alcibiade, che decide di sedurre Atene per spingere i suoi abitanti a conquistare la Sicilia. Della serie: se la conquisti, hai espugnato il mondo intero; poi però sarà la disfatta. Lì fioriscono miti, liriche, nuove visioni del mondo. Si trasforma in una terra piena di storie. Il motivo? Difficile spiegarlo, forse ha a che fare anche col clima. E non va ignorata la presenza del Mediterraneo, dunque la sua natura aperta non solo agli scambi commerciali, ma soprattutto umani e spirituali".
Non è un caso che il suo racconto, "L'occhio del capro e il satiro danzante", si chiuda proprio con un riferimento al Mare nostrum: "Solo il Mediterraneo può mostrarci la via". Ed è una via che ci porta dalle parti di Nietzsche, di Dioniso, Pan, dei satiri appunto. Perché ha scelto questo tema?
"Perché rappresenta una critica a questo nostro mondo dominato dal protestantesimo. Credo che noi dovremmo essere più orgogliosi delle nostre origini greco-romane, invece che guardare al Nord Europa, che oggi spadroneggia. Siamo dominati dai Paesi protestanti: il motto è dover lavorare per conquistarsi il paradiso. Chi ha danaro si salva. Tutto questo contrasta fortemente con Pan, che invece ci dice di riposarci, di pensare a noi stessi".
I racconti dell'antologia ripropongono, sotto spoglie contemporanee, storie seducenti e perturbanti:lei fa riferimento a Demetra trafitta dal dolore per la perdita della figlia: come mai?
"Tempo fa feci un giro nell'Isola ripercorrendo il tour di Goethe, che dopo aver visitato Agrigento non segue il mare ma si avventura nell'entroterra della Sicilia. E lì scopre il mito greco, abbagliato dai granai infiniti. Ade con la barba blu non lo vedi solo dentro al museo di Aidone, ma assieme a Demetra e a Persefone ancora oggi puoi scoprirli nella natura".
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