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“Mancano ancora i numeri”. Conte rischia di cadere in Senato

Le trattative sono in salita e la situazione rischia di non risolversi: Giuseppe Conte lo sa benissimo e per questo si sta continuando ad azionare per trovare responsabili soprattutto al Senato, dove nella giornata di mercoledì (o forse giovedì) potrebbe venire giù tutto. È infatti in programma il voto sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede sulla giustizia e c'è chi ha già annunciato la propria contrarietà, facendo precipitare nello sconforto totale chi è in prima linea per raccattare altri voltagabbana. Il quadro a Palazzo Madama è fragile: i numeri sono ballerini e addirittura i giallorossi temono di non arrivare a quota 150.

Una paura tutt'altro che infondata. Anzi, prende sempre più quota con il passare delle ore: sono evidenti le difficoltà riscontrate nell'operazione costruttori, visto che a distanza di diversi giorni nulla è cambiato. Dal governo avevano espresso grande ottimismo per la buona riuscita della manovra, ma il tempo non ha fatto altro che palesare lo stallo politico e il fallimento dell'appello del premier alle forze moderate, popolari, socialiste, europeiste e anti-sovraniste. A questo si aggiunge il forte timore di andare sotto al Senato, anche perché gli stessi responsabili che martedì hanno salvato la baracca adesso sono già pronti a voltare le spalle alla squadra capitanata da Giuseppi.

I numeri fanno tremare

Partiamo da una certezza: se i critici confermeranno il "no", la maggioranza verrà battuta. Ne hanno preso coscienza all'interno dell'esecutivo,: viene effettivamente confessata l'improbabilità di replicare i 156 voti favorevoli alla fiducia incassati di recente. Si parte da una base di 145 preferenze certe (92 Movimento 5 Stelle, 36 Partito democratico, 6 Liberi e uguali, 5 Movimento associativo italiani all'estero, 6 su 8 delle Autonomie). Difficile poter contare sulla presenza delle senatrici a vita Elena Cattaneo e Liliana Segre. Inoltre non sono affatto scontati i "sì" degli ex forzisti Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin, che hanno votato a favore della fiducia martedì scorso ma che potrebbero assentarsi strategicamente. In mattinata sono arrivate due docce fredde. "Lo ascolterò con attenzione, ma escludo di poter votare a favore", ha annunciato Pier Ferdinando Casini. Gli ha fatto eco Riccardo Nencini, presidente del Partito socialista italiano: "A maggio votai contro la fiducia a Bonafede ed è difficile che passi a un voto esattamente opposto".

Ancora da valutare la linea da seguire per quanto riguarda Italia Viva. La renziana Teresa Bellanova ha fatto sapere che prima di prendere una decisione definitiva si ascolterà la relazione di Bonafede: "Valuteremo in base al contenuto della relazione. Ma è difficile che Iv darà consenso sia alla Camera che al Senato se le proposte saranno quelle su cui Bonafede si è attestato in questi anni e se la raccolta del consenso viene portata avanti in un modo non proprio qualificante".

L'ipotesi del voto

A mettere fretta a Conte e ai pontieri è stato Luigi Di Maio: "Dobbiamo trovare una soluzione entro 48 ore. Se delle forze politiche si vogliono avvicinare ben venga, altrimenti si scivola verso il voto". Il ministro degli Esteri, intervistato a Mezz'ora in più su Rai 3, non ha nascosto i timori per un eventuale ritorno anticipato alle urne: "In tempi normali si poteva andare a elezioni anche ogni anno, ma in questi tempi ci giochiamo il Recovery, i vaccini e il futuro della ripresa economica. Ma se non si può fare altro allora la parola dovrà tornare ai cittadini". Il grillino ha poi confermato l'attuale assenza di numeri necessari per andare avanti, chiudendo di fatto a un Conte-ter se il pallottoliere non dovesse subire variazioni positive: "Se non ci sono i voti adesso non ci sono neanche per il Conte-ter".

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