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Caso Luca Ventre, parla il fratello: “Si sentiva minacciato, perciò ha scavalcato la recinzione dell’ambasciata”

"Mio fratello si sentiva minacciato. Aveva paura e voleva tornare in Italia. Quando è entrato all'interno dell'ambasciata ha iniziato a urlare che qualcuno voleva fargli del male e che chiedeva protezione. Ma per tutta risposta, anziché essere protetto, nella nostra sede diplomatica è stato ucciso. E non lo dico io, ma l'addetto alla vigilanza lì presente, rispondendo alle domande dei magistrati uruguayani". Si fa sempre più misterioso il caso della morte di Luca Ventre, 35 anni, originario di Senise, piccolo centro della provincia di Potenza, deceduto l'1 gennaio scorso a Montevideo, e il fratello Fabrizio si sta battendo per ottenere verità e giustizia.

Luca Ventre, 35 anni, originario di Senise

All'indomani del dramma, venne diramato dall'ambasciata italiana nella capitale dell'Uruguay uno scarno comunicato, confermando la morte del 35enne "dopo che nelle primissime ore della mattinata" di Capodanno si era "arrampicato per scavalcare il recinto dell'Ambasciata" e si era "poi diretto verso gli Uffici". "Dopo l'arresto – avevano specificato dalla sede diplomatica retta dall'ambasciatore Giovanni Battista Iannuzzi – il connazionale è stato trasportato al Hospital de Clinicas dove purtroppo risulta sia successivamente deceduto". Per concludere con le condoglianze ai familiari della vittima, il padre Carmine Mario, che vive in Uruguay, e la madre Palma Roseti, assicurando "massima vicinanza" e "massimo impegno affinché le autorità uruguaiane facciano piena luce sulle cause del tragico decesso del figlio". Le prime notizie sulla vicenda erano tra l'altro quelle di un uomo con alcuni problemi, in particolare di droga, che si era introdotto clandestinamente negli uffici di via Josè Ellauri e che aveva fatto resistenza, venendo poi colto da malore.

I familiari di Luca Ventre, davanti a tutta una serie di stranezze nelle stesse comunicazioni ricevute sull'accaduto, si sono resi immediatamente conto che era accaduto qualcosa di grave e, tramite un loro avvocato in Uruguay, sono riusciti a ottenere i video delle telecamere di sorveglianza dell'ambasciata, che hanno ripreso tutta la sequenza dei fatti, quelli dell'ospedale vicino dove è stato trasportato il 35enne, il referto dell'autopsia e i verbali degli interrogatori di un addetto alla vigilanza e un poliziotto presenti all'interno dell'ambasciata quando vi ha fatto ingresso la vittima, quelli del poliziotto alla guida dell'auto con cui Luca Ventre è stato portato in ospedale, del medico che ha dichiarato il decesso e dell'infermiere impegnato nei tentativi di rianimazione. Cinque testimonianze diverse, con una serie di inconguenze, ma soprattutto dei filmati-shock, in cui si vede il 35enne bloccato a terra dal poliziotto uruguayano, che per 22 minuti lo tiene fermo per il collo con una tecnica chiamata chiave di judo, fino a che l'imprenditore non si muove più.

Occorre andare per ordine. La famiglia di Luca Ventre ha diverse attività nel Paese sudamericano e otto anni fa si era trasferito lì anche il 35enne, impegnandosi insieme alla madre con la Camera di commercio italiana in Uruguay e mettendo su una società di import-export, che importava prodotti italiani, cioccolato in particolare. L'imprenditore era poi stato impegnato anche con un bar e con una pizzeria. Una famiglia nota a Montevideo, con tanti contatti sia con la comunità italiana che con le autorità diplomatiche. Luca aveva poi conosciuto una donna del posto, da cui ha avuto una bambina che ha ora sette mesi. Qualcosa però sembra non andasse bene. Voleva tornare in Italia e stava cercando una soluzione, visti anche i problemi per viaggiare a causa dell'emergenza coronavirus. "Si sentiva quasi prigioniero", dice la madre. Il fratello va oltre: "Diceva di essere minacciato, anche se non ha mai chiarito esattamente da chi e per cosa, e nostro padre a fine anno gli aveva detto di dormire in hotel e che poi insieme si sarebbero attivati per farlo tornare in Italia. Ecco perché alle 7 si presenta in ambasciata, suona, nessuno risponde e lui scavalca il muro di recinzione. Sapeva che a quell'ora aprivano gli uffici, ma non aveva considerato che quel giorno era un festivo e non c'era nessuno".

Quando penetra nella sede diplomatica Luca Ventre è dunque un uomo disperato, con una cartellina con dei documenti in mano, e si trova davanti un addetto alla vigilanza, un servizio affidato dall'ufficio diplomatico a una società privata, e un poliziotto uruguayano armato, che ancora non è chiaro per quale ragione fosse all'interno dell'ambasciata, visto che quando viene utilizzata la polizia locale la stessa solitamente si occupa della vigilanza esterna. Le telecamere di sorveglianza riprendono tutto quel che è accaduto. Minuto per minuto. Visti i due uruguayani, il 35enne prova subito ad uscire, ma viene bloccato. A quel punto si inginocchia e mette le mani dietro la schiena. Il poliziotto lo scaraventa a terra, lui alza il braccio in segno di resa, ma sempre il poliziotto gli mette un braccio attorno al collo. Sono le 7.07. Fino alle 7.18 dai video si vede Luca che cerca di liberarsi da quella presa, ma invano. Poi non si muove più. Viene comunque lasciato a terra fino alle 7.29. Per 22 lunghissimi minuti. Solo alle 7.30 il poliziotto si alza e va a prendere un telefono. Dopo 10 minuti le telecamere di sorveglianza inquadrano il cancello dell'ambasciata, che si apre ed entrano tre persone, due delle quali agenti in divisa. Il 35enne, che non dà segni di vita, viene ammanettato e caricato in auto. Viene portato nel vicino ospedale. Un viaggio di circa 4 minuti e viene lasciato in auto per circa un quarto d'ora. Poi, sempre senza che dia segni di vita, viene portato all'interno, dove alle 8.30 viene constatato il decesso. E le versioni su quanto accaduto all'interno della struttura sanitaria, ovvero sullo stato di salute dell'imprenditore, sono contrastanti. Secondo il medico legale, il decesso è comunque riconducibile a una morte per asfissia.

Il papà di Luca viene avvertito in ritardo. Poi la notizia della tragedia arriva anche alla madre in Italia. I magistrati uruguayani indagano con l'ipotesi di omicidio e attendono ora l'esito degli esami tossicologici e istologici disposti dopo l'autopsia sulla salma dell'imprenditore. Il 22 gennaio scorso ha aperto un'inchiesta anche il sostituto procuratore della Repubblica di Roma, Sergio Colaiocco. Un fascicolo a quanto pare con l'ipotesi di omicidio preterintenzionale, concentrando l'attenzione sull'addetto alla vigilanza e sul poliziotto presenti all'interno dell'ambasciata. Dalla Farnesina assicurano massima collaborazione, la viceministra Emanuela Del Re lo ha ribadito scrivendo alla mamma del 35enne, ma dal ministro Luigi Di Maio neppure una parola. Muto il titolare della Farnesina su come sia possibile che un italiano abbia ricevuto un simile trattamento all'interno di un'ambasciata italiana e su cosa ci facesse un poliziotto uruguayano armato in una sede diplomatica italiana. "Luca è stato ucciso e si tratta ora di stabilire ufficialmente soltanto in che luogo sia deceduto, affinché possa essere chiaro chi sia competente a indagare, se l'Italia o l'Uruguay. Mi sembra comunque evidente che mio fratello sia morto all'interno dell'ambasciata e che dunque la competenza sia della magistratrura italiana", afferma Fabrizio Ventre.

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