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Azioni, titoli di Stato, Bitcoin: tira aria di bolle sui mercati

MILANO – Wall Street ai massimi storici nel giorno dell'inaugurazione della presidenza Biden, che ha sì in programma grandi stimoli economici ma non bisogna dimenticare che avvia il suo mandato nel pieno di una crisi sanitaria ed economica globale senza precedenti. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi che ha a lungo flirtato con quota 100, con i rendimenti dei decennali italiani ai minimi nonostante la montagna di debito accumulata per rispondere alla pandemia e la prospettiva di perdere nove punti percentuali di Pil nel 2020. Azioni tecnologiche protagoniste indiscusse di questi mesi, con alcune superstar come Tesla capaci di rendere il 640 per cento nell'ultimo anno e capitalizzare quanto le maggiori case di Usa, Europa e Giappone messe insieme. Per non parlare di altri casi specifici come il Bitcoin, capace di mettere in fila una progressione monstre fino a un picco di 42 mila dollari salvo poi riabbassare la testa.

La divaricazione tra quel che accade nel mondo reale e nelle sale del trading spinge sempre più persone a domandarsi se non siano cresciute le bolle sui mercati, pronte a esplodere. "La combinazione di finanziamenti a basso costo, agevole accesso agli investimenti, incentivi a effettuare attività speculative e una "scintilla" tecnologica o politica tende a formare una bolla di mercato. Oggi sono presenti queste condizioni", ha scritto sul punto in una nota riservata ai clienti Mark Haefele, a capo degli investimenti nel global wealth management di Ubs. Citando altri sintomi di anomalie: le quotazioni obbligazionarie sono così alte che un quarto dei titoli a reddito fisso di tutto il mondo presenta tassi d'interesse negativi. O ancora, c'è tanta fame di titoli su cui scommettere che le operazioni di quotazione negli Usa si sono surriscaldate, con una performance media del 40% il giorno del debutto in borsa.

Nella disanima della banca elvetica si riconosce che sono presenti le condizioni perché si sviluppino delle bolle. Grazie alla massiccia presenza delle Banche centrali, in primo luogo, sui mercati i costi di finanziamento si attestano ai minimi storici. Ancora, spiega Haefele, "sui mercati fanno ingresso nuovi operatori e la combinazione di elevati risparmi accumulati e basse prospettive di rendimento delle asset class tradizionali fornisce i mezzi e l'incentivo per intraprendere attività speculative. Al contempo, l'accelerazione della digitalizzazione ha acceso i riflettori sul cambiamento tecnologico, mentre gli elevati livelli di debito creano l'esigenza politica di sostenere i mercati finanziari".

La corsa delle azioni: picco di valutazione rispetto agli utili

Un indizio di possibile bolla azionaria si rintraccia nei principali indici di Wall Street: lo S&P500 e il Nasdaq trattano a multipli rispettivamente di 22,5 e 33,5 gli utili attesi. La storia non tranquillizza: dal 1880 si sono visti rapporti più alti solo nel 1929 e nel duemila, giusto prima dei tracolli che conosciamo. Le piattaforme hanno reso le azioni accessibili al grande pubblico e i privati contano ormai per il 20% degli ordini su azioni Usa. Anche l'intensa attività sul mercato delle opzioni è un campanello d'allarme, "ma a nostro avviso le azioni nel loro complesso non sono in fase di bolla" dice Ubs.

A far propendere per un cielo sereno ci sono alcune considerazioni. In primo luogo l'uso della leva è ridotto. Secondo aspetto: escludendo i titoli FAAMNG (Facebook, Amazon, Apple, Microsoft, Netflix e Google) l'anno scorso l'S&P 500 è salito solo del 6%. Terzo: se si considera l'ambiente di bassi tassi d'interesse, le valutazioni degli indici azionari appaiono più convenienti.

Titoli di Stato: il parafulmine delle banche centrali

Analoghe considerazioni si possono fare per le obbligazioni sovrane. Ci sono indizi preoccupanti che vanno dai livelli elevati della leva nei bilanci delle Banche centrali (cresciuti di 8 mila miliardi di dollari nel 2020), ai prezzi ai massimi storici, agli elementi di speculazione. Ma in questo caso a tenere insieme i pezzi del puzzle c'è il più forte collante possibile: le Banche centrali stesse, che possono 'stampare moneta' finché vogliono. Viene allora da chiedersi si sia in vista un cambio di rotta da parte loro, a cominciare dalla Fed. La risposta, viste le recenti svolte della Banca centrale americana sugli obiettivi di inflazione e occupazione, è che "l’attuale contesto proseguirà per diversi anni".

Accusa e difesa, processo al Bitcoin: ma intanto tutti provano a imitarlo

di

Ettore Livini


Bitcoin e criptovalute: massima cautela

Tra gli aspetti analizzati, pur nella difficoltà di usare le metriche tradizionali, Ubs si concentra anche sul rally del Bitcoin che in tre mesi ha moltiplicato per quattro volte il suo valore. In quegli stessi tre mesi, "gli utenti hanno creato 1 milione di nuovi portafogli, lo stesso volume dei 12 mesi precedenti, ed è quindi possibile che l’aumento dei prezzi stia attirando nuovi utenti. È notevolmente aumentato anche il numero di indirizzi utilizzati (all’incirca equivalente al numero di utenti giornalieri), un altro segnale di un probabile incremento dell’attività di trading speculativo. Inoltre, le posizioni aperte sul mercato ancora giovane dei futures sul bitcoin sono più che triplicate dallo scorso ottobre. Questi dati, unitamente al fatto che il 95% dei bitcoin corrisponde ad appena il 2,5% degli indirizzi (e un utente può anche avere più indirizzi), mettono in evidenza il potenziale di una stretta dei prezzi". Quando e in che misura possa avvenire, non è possibile pronosticarlo. Il ragionamento è piuttosto che, a livello di sistema, sono una nicchia ancora troppo limitata per generare uno choc complessivo. "Ad ogni modo, poiché in questo momento i prezzi sono trainati più dalla speculazione che dai fondamentali, gli investitori che vogliono proteggere e far crescere il loro patrimonio devono usare la massima cautela".

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