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Roberto Costa, ristoratore italiano a Londra: “Anche qui la situazione è dura, ma in Italia c’è troppa confusione”

«Qui a Londra resteremo chiusi almeno fino a metà febbraio, è dura, ma in Italia c’è troppa confusione. Come si può pensare che i ristoratori sopravvivano con restrizioni e aperture che cambiano da un giorno all’altro?». A parlare è Roberto Costa che a Londra è arrivato nel 2012, nominato ambasciatore di Genova per l'enogastronomia dal sindaco Marco Bucci, vincitore del format "Quattro Ristoranti" di Alessandro Borghese: oggi nella City gestisce sei locali ora aperti solo per il delivery, altri due ristoranti a Milano e, Covid permettendo, ha in programma di aprire due nuove attività Oltremanica entro l'estate.

Com’è la situazione a Londra?

«Drammatica. I locali sono chiusi da un mese, da quando è scattato l'ultimo lockdown . Nel 2020 abbiamo lavorato appena quattro mesi. Dovremmo riaprire a metà febbraio ma già si parla di estendere le restrizioni fino a marzo, e dobbiamo fare i conti anche con gli effetti della Brexit che in questa situazione non siamo ancora in grado di valutare. Certo qui non esistono zone rosse, gialle, arancioni e orari di apertura limitati alle 18. Si lavora solo con il delivery che vale appena il 7% del fatturato. Ho solo tre locali aperti per le consegne, quelli vicino alla Tate Gallery o al British Museum senza turismo e con i lavoratori in smart working sono al momento completamente chiusi ».

Che idea avete della situazione italiana?

«Ho apprezzato il primo lockdown. L'Italia è stato il primo Paese a prendere una misura così drastica in un momento drammatico e si sono visti i risultati con il calo dei ricoveri e dei contagi . Qui è diverso, all'aperto le mascherine non sono ancora obbligatorie . Ora, invece, sembra che in Italia ci sia una gran confusione , l'impressione è che il governo non abbia più la possibilità di aiutare tutti economicamente e invece di un lockdown generale vada avanti con zone e continui apri e chiudi che non aiutano nessuno ».

Ha sentito qualche collega italiano ?

«Li sento spesso e sono disperati. Un giorno sono aperti fino alle 18, il giorno dopo devono restare chiusi per almeno una settimana, senza avere un minimo di orizzonte temporale per organizzare il lavoro. Già la ristorazione è un settore molto competitivo, con il delivery ancora di più. Come si può pensare che le attività riescano a sopravvivere in questa situazione? A cui si aggiungono le criticità per ristori e contributi. Ci sono camerieri e baristi che stanno ancora aspettando la cassa integrazione».

A Londra come funzionano i ristori?

«Anche qui la situazione economica è drammatica, ma siamo in un certo senso più protetti. Al primo lockdown abbiamo ricevuto 25 mila sterline a fondo perduto per ogni locale, nessun ristoro per la seconda chiusura e ora, per la terza, arriveranno altri 9mila euro per ogni locale. I dipendenti sono quasi tutti in cassa integrazione che è stata rinnovata finchè non si potrà riaprire. E poi è arrivato un aiuto dalle banche che hanno agevolato i prestiti con tassi sotto l’1% e si inizia a saldare il debito un anno dopo la richiesta. Certo si continuano a pagare affitti e utenze , stiamo bruciando molta cassa e quando riapriremo ci sarà un forte contraccolpo. Qui dopo il primo lockdown , il 23% dei locali era già a rischio chusura».

E’ mai tornato in Italia dopo il lockdown ?

«Sono stato a Milano a settembre, prima della seconda ondata, quando c'erano negozi e locali aperti con tutti i dehors. Sembrava di respirare quasi un po’ di normalità. A Genova sono passato solo per alcune ore, tornerò appena si potrà ».

Che cosa si aspetta per il 2021?

«Sono ottimista, quest’emergenza sanitaria dovrà finire altrimenti dovremmo ripensare a tutto il sistema economico. E l'avvio delle vaccinazioni mi fa ben sperare. Ho in programma di aprire altri due locali qui a Londra a maggio, spero di non doverle rinviare».

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