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Il ‘signore del vento’ condannato a Palermo, ma cade l’accusa di mafia

AGI – Condannato anche in appello il 'signore del vento', ma cade l'accusa di mafia. La terza sezione della Corte d'Appello di Palermo ha riformato la sentenza di primo grado del processo "Pionica", che fra gli altri aveva condannato i fratelli Roberto e Vito Nicastri, entrambi di Alcamo (Trapani): il gup li aveva riconosciuti colpevoli di concorso in associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni ma in secondo grado le condanne da 9 anni sono state ridotte a 4 anni e 2 mesi per Vito e a due anni e otto mesi per Roberto.

Il collegio presieduto da Antonio Napoli ha fatto cadere il reato di mafia, confermando la decisione del primo giudice per la fittizia intestazione di beni. Vito Nicastri è l'imprenditore dell'eolico coinvolto nella vicenda Arata, che aveva portato all'incriminazione, a Roma, dell'ex sottosegretario leghista alle infrastrutture Armando Siri.

Vito Nicastri aveva subito una confisca da un miliardo e trecento milioni ed era stato accusato, nell'inchiesta "Pionica", di avere contribuito economicamente al sostegno della latitanza di Matteo Messina Denaro. Circostanza, questa, che il gup Filippo Lo Presti, nella motivazione della decisione di primo grado (risalente al primo ottobre 2019), aveva espressamente escluso.

L'imprenditore aveva collaborato con i pm del pool coordinato dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido, nella vicenda Arata, sulla corruzione per ottenere autorizzazioni alla collocazione di impianti eolici, ed era stato condannato a due anni e 10 mesi col patteggiamento; due anni li aveva avuti il figlio Manlio.

Pur ammettendo le corruzioni, l'imprenditore aveva sempre escluso il proprio coinvolgimento nella vicenda di mafia, su cui avevano indagato i carabinieri e la Dia di Trapani: l'inchiesta si chiamava "Pionica", dal nome della contrada di Santa Ninfa (Trapani) in cui sorgeva un'azienda agricola di Giuseppa Salvo, finita oggetto delle trame e delle speculazioni dei boss di Vita e Salemi (Trapani), agevolati proprio dai Nicastri. Giuseppa Salvo era imparentata con gli esattori di Salemi Nino e Ignazio Salvo, coinvolti nel maxiprocesso.

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