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Veneto, famiglia stroncata dal Covid in venti giorni: “Ivan era sanissimo, mi ha detto: guarisco e torno. Invece è morto come i suoi genitori”

Chi era suo marito Ivan Busso?

“Era un vulcano di idee, pieno di risorse, energia, per qualsiasi cosa aveva una soluzione. Era pieno di progetti. Di mestiere era falconiere, ma amava la fotografia astronomica, era un apicoltore, si prendeva cura dei suoi bonsai. Eravamo entrambi nella compagnia del paese, ci siamo fidanzati nel 1998, ci siamo sposati 15 anni fa. La nostra bambina ora ha due anni. Era un papà fantastico”.

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Elisa Borella ha perso il marito Ivan Busso, 42 anni, lo scorso primo gennaio, portato via dal Covid-19. Il giorno del funerale, il 15 gennaio, è morta anche Gina Smerghetto, 65 anni, la mamma di Ivan. E nella notte tra lunedì e martedì se n’è andato anche il papà, Gianni Busso, 72 anni. Tutti e tre morti per il Covid. Se ne sono andati senza sapere dei lutti che li avevano preceduti. Ora, a cercare di farsi forza, ci sono Elisa e Alex, 33 anni, il fratello minore di Ivan. Intorno a loro la comunità di Malcontenta, il paese della famiglia, tra Marghera e la Riviera del Brenta. “Da questa tragedia dobbiamo uscirne insieme”, le parole del parroco, don Alessandro.

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Elisa, quando ha iniziato a stare male suo marito Ivan?

“Ivan era sanissimo, in salute, mai avuto nulla. Poi il 3 dicembre la febbre molto alta. E’ risultato positivo al tampone. Quando sono subentrate le difficoltà respiratorie, e il saturimetro ha registrato valori d’allarme per l’ossigenazione, è stato ricoverato all’ospedale di Dolo. Prima nel reparto di Medicina, poi in Terapia intensiva. A un certo punto sembrava in miglioramento, si era negativizzato, ma alle complicazioni del virus, che gli aveva colpito i polmoni, si è aggiunta un’infezione batterica”.

Ivan Busso con i genitori

Quando l’ha sentito per l’ultima volta?

“Il 25 dicembre. Era risultato negativo al tempone, ma l’infezione batterica era ancora in corso. Stava aspettando che i medici trovassero l’antibiotico. Abbiamo parlato della bambina, che aveva voglia di riabbracciare. Mi ha detto: 'Guarisco e torno a casa'. Il giorno dopo è peggiorato, è stato intubato, e non l’ho più visto”.

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E’ per questo che ha deciso di presentare un esposto in procura?

“Vorrei che venisse fatta chiarezza su cosa è successo negli ultimi giorni, sulle cause dell’infezione. Anche se non servirà a riportarmi Ivan”.

Poi la situazione è precipitata anche per i suoi suoceri, i genitori di Ivan.

“Mia suocera è stata l’ultima dei tre a essere ricoverata, ma è morta per seconda, il giorno del funerale di Ivan. Il papà di Ivan invece era ricoverato dall’11 dicembre all’ospedale di Mestre. Negli ultimi giorni era uscito dalla Terapia intensiva, sembrava stare meglio. Due giorni prima del decesso ci siamo video-chiamati, ha visto la nipotina, che lo adorava. Lui non sapeva della morte della moglie e del figlio Ivan. Stavamo preparando un incontro con una psicologa per dirglielo nel modo meno traumatico possibile. Nella notte tra lunedì e martedì ci hanno chiamato dall’ospedale per dirci che gli era ceduto il cuore”.

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Che reazione le provoca sapere che ci sono persone che ancora minimizzano o negano gli effetti del virus?

“Spero almeno che la morte di Ivan, e dei suoi genitori, serva a far capire che non è uno scherzo, che il virus può colpire tutti, non solo gli anziani e le persone fragili. Ma se neppure di fronte alla morte di un 42enne le persone si convincono, non so cos’altro si possa fare”.

Come vorrebbe che suo marito Ivan venisse ricordato?

“Come una persona che non si arrendeva mai. Questo racconterà alla nostra bambina, che il papà non si arrendeva mai, che amava la vita e che amava tantissimo lei. E che anche lei non si deve arrendere mai. E le dirò che aveva dei nonni speciali, orgogliosi della loro nipotina”.

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