Nell’immaginario collettivo ci sono delle date che vengono considerate pietre miliari della storia di Sapiens: il 12 Ottobre 1492 la scoperta dell’America, il 20 Luglio 1969 l’atterraggio sulla Luna. Pochi sanno che anche il 14 Maggio 1796 è una data importante per l'umanità: è il giorno in cui venne praticata la prima vaccinazione (contro il vaiolo) ad un essere umano, uno dei più grandi game changer del progresso di Sapiens. La vaccinazione antivaiolo fu scoperta da Edward Jenner, un medico di campagna inglese che aveva osservato come i contadini contagiati dal vaiolo bovino, una volta superata la malattia, non si ammalavano della sua variante umana che era molto più letale. In quel periodo il vaiolo mieteva oltre 400000 vittime l’anno in Europa ed era una delle principali cause di morte. L’esperimento di Jenner fu molto coraggioso: egli prelevò del materiale infetto da una pustola di un paziente infetto da vaiolo animale e lo iniettò nel braccio di un ragazzo di 8 anni. Dopo alcuni mesi il ragazzo fece da cavia: Jenner gli iniettò del pus vaioloso umano e, come sperato, il ragazzo non si ammalò. Era stato il primo Sapiens ad essere immunizzato intenzionalmente. La vaccinazione (che trae il suo nome dalle vacche da cui erano prelevati i campioni di pus vaioloso animale per immunizzare gli umani) si diffuse su larga scala e salvò milioni di vite umane, sino alla completa eradicazione del vaiolo annunciata nel maggio 1979 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In Italia la vaccinazione al vaiolo iniziò tre anni dopo, ad opera di Luigi Sacco, primario dell’Ospedale Maggiore di Milano. In pochi anni la vaccinazione fu estesa a tutta la penisola e ridusse drasticamente la mortalità. Dopo l’unità d'Italia fu resa obbligatoria per tutti i nuovi nati a partire dal 1888; nel 1981 l’obbligo di vaccinazione fu abolito perché il vaiolo era stato definitivamente eradicato.
Le malattie infettive che hanno funestato la storia di Sapiens sono molte (vedi tabella). Come tristemente noto in questi tempi di pandemia, esse sono caratterizzate da un indice Ro , che indica il potenziale di trasmissione (il numero di persone che mediamente vengono contagiate da un infetto) e dal tasso di mortalità, che indica la percentuale di contagiati che statisticamente muore per la malattia. Come si vede dalla tabella il vaiolo era certamente una malattia terrificante, con un potenziale di trasmissione molto alto e una mortalità estremamente elevata (un terzo dei contagiati moriva). Il morbillo e’ ancor più contagioso (Ro 12-18) ma meno mortale.
Tuttavia occorre considerare che proprio per l’alta contagiosità il numero assoluto di malati nelle epidemie di morbillo può essere talmente alto che il numero di decessi, per quanto percentualmente basso, risulta comunque grande. Ebola, tristemente note per le recenti epidemie in Africa è tremendamente mortale ma ha un potenziale di trasmissione relativamente basso che consente di confinare le epidemie in maniera più efficace. Il Covid, come si vede dalla tabella non è ne’ il più contagioso né il più mortale. Ciò nonostante i suoi effetti globali in termini di perdite vite umane e di recessione socio-economica sono paragonabili a quelli di una guerra.
Molte delle malattie riportate nella tabella sono state combattute e sconfitte negli ultimi 150 anni, ma la battaglia di Sapiens contro le epidemie è iniziata tanti secoli prima e ha avuto un costo di vite umane altissimo. Sin dal medioevo l’umanità è stata flagellata da devastanti malattie che decimavano la popolazioni. A quei tempi era molto difficile capire come si diffondesse il contagio, e già Ippocrate 400 anni prima di Cristo, teorizzava che alcune malattie si propagassero come vapori malefici. Il persiano Avicenna, nell’ XI secolo, inventò la quarantena proprio per ridurre la diffusione di queste malattie, sospettando che si potessero propagare attraverso lo scambio di fluidi corporei. Durante la peste bubbonica in Andalusia del XIV secolo, il medico Ibn Kathima teorizzò che il contaggio avenisse attraverso il contatto con particelle portate dagli indumenti. Nel 1546 Girolamo Fracastoro, un medico italiano, propose che le particelle che causavano queste malattie fossero piccoli organismi viventi, suggerendo che l'igiene personale potesse rallentarne la diffusione. Sino alla metà del XIX secolo le epidemie si combattevano con il distanziamento, l’igiene e cercando di tracciare i contagi per poterne isolare la causa. In assenza di vaccini e di medicinali specifici, la situazione era simile a quella che affrontiamo oggi con il Covid-19, ma senza ospedali e terapie intensive. William Budd fu il primo nel 1847 a studiare le epidemie di tifo nei villaggi inglesi e a ricondurle all’acqua infetta. Budd applicò le stesse teorie al colera, e nel 1854, nel pieno di un’epidemia di colera che uccise più di 10000 persone a Londra, un medico di nome John Snow tracciò i contagi riconducendoli ad una fontana con acqua contaminata a Broad Street, dove molte persone si recavano a prelevare acqua.
Sapiens ha impiegato secoli per capire che un corpo diventa immune ad una malattia quando i suoi sistemi di difesa sono pronti a combatterla. Per fare questo i globuli bianchi, chiamati linfociti, rilasciano sostanze chiamate anticorpi, che combattono l'agente patogeno. Questo processo normalmente avviene in maniera naturale quando il corpo contrae una malattia. Esso però può essere indotto e accelerato in due modi: il primo è l'immunizzazione passiva ottenuta iniettando direttamente gli anticorpi per fare un trattamento immediato (questo succede per esempio nel caso di un antidoto a un veleno). Il secondo metodo è l'immunizzazione attiva che di solito richiede l'immissione nel corpo di un cosiddetto Trigger (grilletto, interruttore) per “imbrogliare” il sistema immunitario. Il Trigger, chiamato antigene, è di solito una molecola innocua che viene isolata da un batterio o da un virus simile a quello della malattia e che viene iniettata per attivare i linfociti, anche se in realtà la malattia non si è manifestata.
Louis Pasteur iniziò gli esperimenti per sviluppare i Trigger dell’immunità di molte malattie infettive che funestavano l’Europa del XIX secolo. Egli casualmente scoprì dei batteri di colera indeboliti in un mezzo di cultura andato a male. Questi batteri, non producevano più la malattia però accendevo il sistema immunitario. Pasteur intuì che per ottenere resistenza all’ infezione, fosse sufficiente iniettare nell’organismo lo stesso batterio della malattia "indebolito" artificialmente in laboratorio. In questo modo il processo di immunizzazione si attivava ma si evitava la reazione acuta dell'organismo. Grazie a questa rivoluzionaria scoperta Pasteur trovò l'antidoto a diverse infezioni batteriche come il colera nel 1879, l'antrace, nel 1881, e la rabbia, nel 1885.
I vaccini contro la difterite e il tetano furono sviluppati da Emil Adolf von Behring e da Shibasaburo Kitasato all'Istituto di Igiene di Berlino. Nel 1880, Behring immunizzò dalla difterite e dal tetano un animale con il siero sanguigno infettato di un altro animale, ed è considerato uno dei fondatori dell'immunologia moderna. In Italia la vaccinazione antidifterica è obbligatoria dal 1939 e l’ultimo caso risale al 1996. La vaccinazione per il tetano è obbligatoria dal 1968 e la malattia è quasi scomparsa (si segnalano alcune decine di casi all’anno).
Nel 1882 il dottore tedesco Robert Koch annunciò di aver scoperto i microbi responsabili per la tubercolosi, che era responsabile di un quarto di tutte le morti dell'inizio del XIX secolo in Inghilterra. Essa veniva trasmessa dalle droplets che erano emesse da starnuti e tosse, proprio come il Covid. Anche in questo caso l'isolamento e l’igiene personale diventarono fondamentali, fino a quando non fu sviluppato un vaccino nel 1908 (benchè oggi vi siano recrudescenze di tubercolosi in diversi paesi con ceppi batterici antibiotico resistenti).
Nella prima metà del Novecento, vi furono terribili epidemie di poliomelite, una malattia virale mortale che uccideva o paralizzava mezzo milione di persone all’anno. Anche in questo caso il primo vaccino fu un virus inattivato sviluppato nel 1955 da Jonas Salk seguito nel 1957 da un vaccino basato su virus parzialmente inattivato da Albert Sabin . Dopo il 1960 la malattia fu quasi completamente debellata nel mondo e completamente eradicata in Europa.
Ancor più recentemente è stato sconfitto il morbillo, una malattia infettiva devastante che prima della campagna vaccinale globale del 1980 ha ucciso in media due milioni mezzo di bambini ogni anno. Il primo vaccino per il morbillo fu sviluppato dall’americano Maurice Hilleman nel 1963, seguito dopo pochi anni dai vaccini per parotite e rosolia (1967 e 1969). Nel 1971 Hilleman sviluppò il vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia (MPR). Si stima che negli ultimi decenni la campagna vaccinale contro il morbillo abbia salvato la vita di oltre 14 milioni di bambini.
Sempre durante il XIX secolo, nel pieno di questa battaglia epocale di Sapiens contro le epidemie, Ronald Ross sviluppò i primi modelli matematici per prevedere la diffusione della malaria in India, ponendo le basi quantitative della disciplina che oggi chiamiamo epidemiologia.
Difficile calcolare quanti umani abbiano perso la vita per via del contagio delle malattie riportate nella tabella (e di tante altre lì non riportate). Di sicuro i grandi programmi di vaccinazione mondiale hanno eradicato malattie importantissime. L’UNICEF, che è il maggiore acquirente di vaccini al mondo, nel 2012 ha fornito quasi 2 miliardi di dosi di vaccino e oltre 500 milioni di siringhe curando tutta la logistica delle campagne vaccinali. Per esempio nel 2012 circa 83% dei bambini sono stati vaccinati contro difterite, pertosse e tetano (rispetto al 20% degli anni 80). Questo però significa che oltre 22 milioni bambini nel mondo (1 su 5) non risultavano ancora vaccinati per queste malattie che sotto i 5 anni possono essere mortali. Per quanto sia stato fatto molto, ancora molto resta da fare: se tutti i bambini fossero stati vaccinati con i vaccini esistenti, oggi sarebbero state salvate altre 25 milioni di vite.
Constatare che oggi esistono movimenti contro i vaccini genera incredulità. Tenuto conto dell'importanza storica e sociale di vaccini e dei numeri incontrovertibili di cui abbiamo parlato, vien da chiedersi come sia possibile, tanto più in piena pandemia Covid-19, mettere in discussione uno dei game changer più importanti della storia di Sapiens. Il fatto che un vaccino possa statisticamente generare reazioni avverse è ovviamente possibile e fa parte della biologia umana. E per quanto ogni vita sia irrinunciabile, certamente il numero di persone salavate da una campagna vaccinale è sempre e comunque incomparabilmente superiore al numero di persone che potrebbero eventualmente risentire di qualche controindicazione negativa del vaccino. Come osservava l’ex Presidente dell’ Unicef Giacomo Guerrera: «Se parliamo di progressi sanitari di una nazione, la storia dell’Italia, così come l’esperienza maturata dall’UNICEF nel campo umanitario, ci rivelano che poche misure come le vaccinazioni hanno avuto e hanno un impatto straordinario sulla salute pubblica. E poche altre misure oggi offrono un modo più efficace ed efficiente per salvare piccole vite e garantire un futuro alle comunità. Un futuro sano» ha concluso Guerrera.
Ecco perché oggi, in piena pandemia Covid, la data del 14 Maggio 1796 dovrebbe essere ricordata e celebrata e non oltraggiata dall’ignoranza cieca ed ideologica dei NoVax. Esiste un limite alle opinioni , dato dai fatti, che non andrebbe mai superato, anche per rispetto di coloro i quali non ce l’hanno fatta in attesa di una cura o di un vaccino.
(Roberto Cingolani, fisico, è responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo)