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Il metodo cinese per mettere il freno ai giganti di internet

Cinque anni fa, l’Ufficio cinese per il Commercio e l’Industria ha accusato Alibaba, la piattaforma che detiene la metà del commercio elettronico del paese, di vendere prodotti contraffatti. La dirigenza dell’azienda ha considerato le accuse come irrazionali e di parte. Dopo una settimana, le accuse sono state ritirate. Pechino non voleva minare la sua nave ammiraglia, l’unica in grado di competere degnamente con Amazon. Alibaba Group Holding è poi stata quotata nella Borsa di New York in seguito alla più grande offerta pubblica della storia di Wall Street. Questo successo è stata la dimostrazione indiretta del genio del Partito Comunista Cinese e di come le affermazioni degli esperti occidentali, secondo cui un’economia gestita centralmente non può essere innovativa, siano sostanzialmente inesatte.

La pugnalata alle spalle inferta da Xi

Da allora sono cambiate molte cose. I sogni cinesi di conquista del mercato americano sono svaniti da quando Donald Trump ha deciso di rendere la vita difficile alla grande azienda di commercio elettronico spingendola ad abbandonare la partita. Ma la sorpresa più grande è stata la pugnalata alla schiena inferta da Xi Jinping. Qualche settimana fa, il governo cinese ha aperto un procedimento antitrust contro Alibaba. Un mese prima, con uno schiocco di dita, aveva interrotto un’offerta pubblica che doveva rappresentare un altro record mondiale: Ant Group stava per essere quotata in borsa; sfruttando la storia degli acquisti di centinaia di milioni di clienti, il colosso dei pagamenti elettronici appartenente ad Alibaba aveva iniziato a offrire loro dei prestiti. La banca centrale ha ordinato ad Ant Group di cessare l’emissione di prestiti e di intraprendere una ristrutturazione aziendale. Questa volta, il Presidente di Alibaba Daniel Zhang non ha provato ad opporsi; dopo il rituale mea culpa ha ringraziato il governo per essere intervenuto “giustamente e con tempestività” per limitare il potere della sua azienda. Nel frattempo il fondatore di Alibaba, Jack Ma, è scomparso dalla scena pubblica.

Intanto nuvole minacciose si stanno raccogliendo anche sulle potenze americane Google, Amazon, Facebook e Apple. Il Congresso le accusa di pratiche monopolistiche, diversi Stati stanno avviando contro di loro procedimenti legati per collusione mentre la Commissione europea gli sta infliggendo multe pesantissime. “Controllando l’accesso ai mercati, questi giganti possono decidere chi perde e chi vince nella nostra economia. Non solo esercitano un potere enorme, ma ne abusano pretendendo pagamenti esagerati, imponendo termini contrattuali vessatori e raccogliendo dati preziosi su persone e aziende”, recita un rapporto della sottocommissione antitrust della Camera dei Rappresentanti che potrebbe tranquillamente essere sottoscritto anche dal governo di Pechino.

Nel corso dell’assemblea del Partito Comunista Cinese svoltasi lo scorso dicembre e finalizzata a indicare il corso della politica economica del paese, si è parlato della necessità di rafforzare le norme antitrust per prevenire “l’espansione incontrollata del capitale”. Non che Pechino abbia qualcosa contro i monopoli: dalle telecomunicazioni ai cantieri navali, essi rappresentano infatti un elemento comune dell’economia cinese. Il partito li ha sempre sostenuti, sostenendo che siano più agevoli da amministrare ed estremamente utili per provare ad assicurarsi il controllo dei mercati esteri. Tuttavia la rapidissima espansione delle aziende tecnologiche ha costretto Pechino a ripensare questa politica.

Che cosa si può fare con un miliardo di utenti

Baidu, Alibaba e Tencent (acronimo BAT) hanno insieme oltre un miliardo di utenti. Possono disporre di un oceano di dati sulle attività di queste persone. Sono in grado di acquistare in un baleno qualsiasi promettente startup, stroncando la concorrenza sul nascere. Possiedono social media, siti per la trasmissione in streaming, piattaforme per lo scambio di video brevi, aggregatori di notizie. Certo, non possono impedire al governo di censurarli, ma non è il governo ad avere il controllo finale su tutto il processo. Un analista dell’agenzia giapponese Nikkei sostiene che le BAT sono in grado di influenzare l’opinione pubblica e probabilmente anche le decisioni politiche.

Dopo il colpo inferto da Pechino ad Alibaba, l’attenzione dei commentatori si è spostata sul suo famoso fondatore. Jack Ma deve essersi illuso un po’ troppo di poter essere come Bezos, Jobs, Zuckerberg (oppure Gates perché Ma è anche il più grande filantropo cinese). Come se avesse dimenticato in che paese vive. In autunno, ha criticato il sistema finanziario cinese sostenendo che “consista nella volontà dello Stato di mantenere in vita le più grandi società”. Ha paragonato le banche tradizionali ai banchi di pegno che non concedono prestiti senza garanzia. Ha espresso un giudizio negativo anche in merito al controllo del partito sugli affari: “Le buone innovazioni non hanno paura della supervisione, hanno paura di una supervisione obsoleta”. In Cina combinare l’attività economica con dichiarazioni critiche nei confronti dello Stato è qualcosa di molto imprudente. Non c’è capitale che possa proteggere chi si permette di criticare. Il rischio è quello di venire arrestati con l’accusa di corruzione o violazione dei regolamenti economici.

Xi ha dimostrato a Ma chi comanda

Qui non si tratta tanto di una questione o un conflitto personale. Lo scontro con il business privato che, forte dei suoi successi, tende a fare il bello e il cattivo tempo, acquisisce un fondamento ideologico. A novembre, il Partito ha invitato i suoi membri a “educare gli uomini d’affari privati armando le loro menti con l’ideologia socialista”. Questo settore ha bisogno di persone “politicamente ragionevoli” capaci di “ascoltare attentamente il Partito”. L’obiettivo è quello di creare un “fronte compatto” tra governo e imprese affinché partito e businessmen privati parlino con una sola voce. L’esistenza di influenti cellule di partito all’interno delle società private in Cina rappresenta la normalità. Alcuni lo vedono come un inquietante ritorno alle pratiche anticapitaliste popolari ai tempi di Mao, ma a ben guadare – almeno per quanto riguarda le BAT – Xi sta solo facendo ciò che provano a fare i governi occidentali, ovvero limitare il potere dei colossi Internet. Non vuole distruggerli, vuole solo ricondurli all’ordine.

Il 10 novembre, l’ufficio antitrust ha emesso raccomandazioni per impedire alle più grandi piattaforme Internet di bloccare la concorrenza. Il 14 dicembre ha inflitto a Tencent una multa di mezzo milione di yuan per l’acquisizione di una società mediatica senza l’approvazione del regolatore (in precedenza, in pratica, tale consenso non era richiesto). Il progetto di emendamento alla legge antitrust consente di imporre una multa fino al 10 per cento del reddito aziendale. È anche in fase di consultazione una legge sulla protezione dei dati personali finalizzata a limitare la pratica del loro accumulo tramite applicazioni funzionanti in base al principio “raccogliamo tutto, forse un giorno sarà utile”. Alcune app acquisiscono dati sulla localizzazione anche dopo averle disattivate. Altre, senza dare alcun preavviso all’utente, registrano il contenuto delle conversazioni e, in base a parole chiave, filtrate dall’intelligenza artificiale, personalizzano gli annunci e adattano i prezzi dei prodotti.

Il governo cinese tutela dunque la concorrenza e i dati personali? E perché no? La Repubblica Popolare Cinese rappresenta un sistema unico al mondo al quale non si possono applicare le misure occidentali. L’apertura economica della Cina avrebbe dovuto portare alla democrazia, ma ciò non è accaduto. Allo stesso modo potrebbero rivelarsi altrettanto sbagliate le attuali previsioni secondo cui la Cina si stia dando la zappa sui piedi colpendo la la parte più innovativa e dinamica della sua economia.

Non si sa come finirà la prova di forza tra autorità e colossi tecnologici da entrambe le parti del globo, ma è altamente probabile che i giganti americani, forti di eserciti di avvocati e lobbisti, se la caveranno con poco danno, mentre quelli cinesi saranno regolati come delle siepi: in modo uniforme, veloce e senza un lamento.
(Articolo del ciclo “Made in China” dall’inserto di “Gazeta wyborcza” “Wolna Sobota”. Copyright Gazeta Wyborcza/Lena-Leading European Newspaper Alliance. Traduzione di Dario Prola)

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