“Tre giorni fa ci avevano dato un ultimatum. Oggi, poco dopo mezzogiorno, ci è arrivata la lettera”. Sette infermiere sono state licenziate a Dessau, in Sassonia-Anhalt, per non essersi vaccinate. Nonostante l’invito pressante del loro datore di lavoro. E nonostante il governo Merkel abbia deciso da mesi che la popolazione più fragile, ma soprattutto chi se ne occupa, debbano avere priorità assoluta nel cronoprogramma delle punture.
A microfoni spenti, dietro garanzia di anonimato, una di esse si è detta persino sorpresa della cacciata, e ha spiegato di non essere affatto no-vax. “Mi farò sicuramente vaccinare”, ha puntualizzato all’emittente Mdr, “è che volevo solo prendermi un po’ più di tempo”. Per il suo datore di lavoro se n’è preso fin troppo. Del resto, non lavorava in una cartoleria.
Il direttore della casa di cura, Rene Willmer, e gli altri 24 colleghi delle sette ‘esitanti’ si sono vaccinati tutti. E l’obiettivo era quello di fare in modo che dal primo marzo tutti gli ospiti della struttura fossero protetti, insomma seguiti da infermieri e medici vaccinati. “Penso – ha detto – che chiunque lavori nella cura dovrebbe avere abbastanza cervello da capire cosa è importante e cosa va fatto”.
Una delle sette pensose infermiere sta pensando di fare ricorso.
La materia è scivolosa. Il governo Merkel, come ha spiegato innumerevoli volte il ministro della Salute, Jens Spahn, non ha alcuna intenzione di introdurre il vaccino obbligatorio per il coronavirus. Ma secondo alcuni giuristi, chi lavora in un ambiente in cui la mancata vaccinazione può compromettere la salute di persone fragili, rischia multe o licenziamenti.
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