"Greta in un certo senso ci ha fatto un favore perché ha attratto l'attenzione di tutti sull'annoso problema della conversione energetica". Quello che preoccupa Claudio Spinaci, presidente dell'Unione energie per la mobilità, che riunisce le aziende del petrolio in Italia, è che "certi stimoli non vengano mediati dai politici, che dovrebbero cercare una via percorribile per l'industria. E' impossibile, per esempio, pensare di rinunciare ai viaggi aerei a causa delle loro emissioni e non è neanche detto che sia giusto farlo, perché la vera sfida è renderli sostenibili".
Il recovery plan aiuta la transizione energetica?
"Purtroppo no, perché si focalizza poco su energia e mobilità. Il settore petrolifero copre il 92 per cento del fabbisogno dei trasporti e necessita di una profonda trasformazione che porti alla graduale introduzione di prodotti a basso contenuto di carbone. Fino al 2030 investiremo 10 miliardi, circa uno all'anno, su questo percorso e auspichiamo maggiori contributi per lo sviluppo dei biocarburanti e di quelli sintetici, nonché per la modernizzazione della rete".
Di cosa si tratta?
"Ad oggi solo il 10 per cento dei prodotti stradali è di origine naturale e grazie all'economia circolare nel prossimo decennio si potrà arrivare al 14 per cento. In parallelo cominceremo a sperimentare i carburanti sintetici, che dovrebbero essere pronti dal 2035. Oltre alla maturazione dei biocarburanti, quella è la frontiera più avanzata".
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I carburanti sintetici si producono con l'idrogeno?
"Sì e con l'anidride carbonica, ma hanno un ciclo di vita neutrale per l'ambiente. Proprio per questa complessità al momento costano molto. Oggi il sintetico viene 5 euro al litro contro 0,5 di benzina e l'obiettivo al 2035 è di 1 euro al litro. Il vantaggio è che si potrà usare per tutte le forme di trasporto, aerei e navi compresi".
Le raffinerie passeranno dal petrolio all'anidride carbonica?
"Entro il 2050 idealmente nelle raffinerie europee non ci sarà più una goccia di oro nero, ma solo anidride carbonica, idrogeno e biocarburanti di origine vegetale e dai rifiuti".
Il commento
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Basteranno 10 miliardi?
"Dopo il 2030 andranno aggiunti altri 30-40 miliardi per trasformare gradualmente gli impianti. Sottolineo la gradualità perché i nuovi carburanti potranno essere introdotti mantenendo il sistema distributivo e il parco auto, dunque senza traumi per il sistema Paese".
Non bisognerà cambiare auto?
"Esattamente, si passerà da un sistema all'altro senza interruzione di energia".
Questo processo non rischia di essere superato dall'auto elettrica?
"L'auto elettrica è utile in città, ma la decarbonizzazione finale non si raggiunge con una sola tecnologia. E poi anche la produzione di batterie inquina, tanto che da anni chiediamo che se ne tenga conto".
Siete per la neutralità tecnologica, ma non bisognerebbe investire sull'energia più promettente?
"Certo e noi punteremo sui combustibili sintetici per essere competitivi soprattutto su camion, navi e aerei e poi eventualmente per contendere all'elettrico il trasporto leggero. Come si vede già per strada poi c'è la terza via dell'ibrido. Sintetico ed elettrico potranno unirsi in auto sempre più efficienti che consumeranno 1 litro ogni 30 chilometri".
Tutto questo tra trent'anni, ma non è tardi?
"Lo stesso accordo di Parigi ha riconosciuto che una decarbonizzazione immediata è impossibile, ma occorre un programma trentennale per trasformare il settore petrolifero e garantire in parallelo la sostenibilità ambientale, economica e sociale. L'Ue vuole accelerare solo che bisogna stare attenti a non favorire la deindustrializzazione e la delocalizzazione. Senza i tempi necessari le raffinerie rimarrebbero solo in Medio Oriente, Cina e Africa lasciando invariato l'inquinamento globale e aumentando le importazioni di prodotti finiti. La transizione deve esserci, ma in modo sostenibile per l'industria".
Quanto avete sofferto la pandemia?
"Se il fatturato italiano 2019 del settore era di 100 miliardi si stima per il 2020 un calo del 34 per cento, dovuto non solo alla diminuzione dei trasporti, in particolare aerei, ma anche alla discesa del prezzo del petrolio".
E' cambiata l'importazione di petrolio negli ultimi anni?
"L'Italia importa il 90 per cento di energia tra petrolio e gas, ma è meno vulnerabile che in passato perché il mercato del petrolio è diventato globale e meno dipendente dal Medio Oriente, che resta con la Russia il tesoro delle riserve accertate. In percentuale i principali fornitori sono Azerbaigian (20), Iraq (17), Arabia Saudita (14), Russia (12), Kazakistan (8), Nigeria (5), Libia (4), Stati Uniti (3), Egitto (3) e Norvegia (3). Se c'è la crisi in Libia, o il divieto sull'Iran, si importa più petrolio da un altro stato".
Il petrolio quando finirà?
"Non ce n'è mai stato tanto. L'avvio della produzione americana ha dimostrato che, se continueranno gli investimenti, il petrolio garantirà energia al mondo per i prossimi 50 anni. Certo prima o poi finirà ed anzi è bene ricordare che all'epoca la corsa alle rinnovabili nacque più da questa paura che da ragioni ambientali".
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