La Cina ha commesso un "genocidio" contro gli uiguri, la popolazione musulmana nella regione dello Xinjian. Lo dichiara il Dipartimento di Stato in quello che è considerato l'ultimo attacco dell'amministrazione Trump a Pechino un giorno prima del giuramento di Joe Biden.
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Ma sono dichiarazioni che trovano d'accordo anche il suo successore, Antony Blinken, designato come futuro segretario di Stato dell'amministrazione Biden, che durante l'audizione di conferma della sua nomina al Senato ha condiviso la definizione di genocidio, prefigurando una politica estera che continuerà ad essere di duro confronto tra Stati Uniti e Cina.
"Dopo un attento esame, ho stabilito che la Repubblica popolare cinese, sotto la direzione e il controllo del Pcc, ha commesso un genocidio contro gli uiguri prevalentemente musulmani e altri gruppi minoritari etnici e religiosi nello Xinjiang", ha detto il segretario di Stato Pompeo in una dichiarazione. "Credo che questo genocidio sia in corso e che stiamo assistendo al tentativo sistematico di distruggere gli uiguri da parte del partito-stato cinese", ha aggiunto.
Le autorità al potere nel secondo Paese più potente della terra, economicamente, militarmente e politicamente, hanno dimostrato di essere implicate nell'assimilazione forzata e nell'eventuale eliminazione di una minoranza etnica e religiosa vulnerabile", ha detto il segretario di Stato Usa, aggiungendo che, almeno dal marzo 2017, Pechino ha perpetrato "crimini contro l'umanità" contro gli uiguri e altre minoranze nella provincia Nord-Occidentale.
Pompeo ha accusato Pechino di arresti arbitrari di oltre un milione di civili, sterilizzazioni forzate, torture, lavori forzati e restrizioni alla libertà di religione, espressione e movimento. "I processi di Norimberga alla fine della Seconda guerra mondiale hanno perseguito gli autori di crimini contro l'umanità, gli stessi crimini che vengono perpetrati nello Xinjiang", ha sottolineato Pompeo. Lo scorso agosto, un portavoce dei democratici, citato da Politico, aveva già indicato che la politica di Pechino nei confronti degli uiguri potrebbe essere considerata "genocidio". Secondo il New York Times, è la denuncia più dura fatta finora da un governo contro le politiche cinesi nello Xinjiang.
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La decisione segue un intenso dibattito interno dopo che il 27 dicembre il Congresso ha approvato la legislazione che richiede all'amministrazione degli Stati Uniti di determinare entro 90 giorni se i lavori forzati e altri presunti crimini contro gli uiguri e altre minoranze musulmane sono crimini contro l'umanità o un genocidio. La mossa è destinata a indebolire ulteriormente i legami già sfilacciati tra le due principali economie del mondo, che sono precipitate al livello più basso degli ultimi decenni, nell'ultimo anno di amministrazione del presidente Donald Trump. Tanto più alla luce delle dichiarazioni di Antony Blinken arrivate a stretto giro dopo quelle di Pompeo.
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"Non c'è dubbio" che la Cina "rappresenti per gli Stati Uniti la sfida più significativa da parte di uno stato nazionale", ha detto Blinken, parlando davanti alla commissione Affari esteri. Gli Usa devono "iniziare ad affrontare la Cina da una posizione di forza e non di debolezza". Parte di questa forza, ha aggiunto, consiste nel collaborare con gli alleati e nell'impegno nelle istituzioni internazionali. "Credo che il presidente Trump avesse ragione riguardo a un approccio più duro verso la Cina – ha poi aggiunto – sono in forte disaccordo sul modo in cui ha affrontato la questione in diversi settori, ma il principio-base era quello giusto".
La Cina è stata ampiamente condannata per le strutture nello Xinjiang che descrive come "centri di formazione professionale" per eliminare l'estremismo e dare alle persone nuove competenze, ma che altri hanno chiamato campi di concentramento. Pechino nega le accuse di abusi.
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La campagna di Biden ha dichiarato, prima delle elezioni statunitensi del 3 novembre, che il genocidio si stava verificando nella regione dello Xinjiang occidentale. La decisione degli Stati Uniti non porta automaticamente ad alcuna sanzione, ma significa che i Paesi dovranno riflettere seriamente prima di consentire alle aziende di fare affari con lo Xinjiang, uno dei principali fornitori mondiali di cotone. Gli Stati Uniti hanno messo al bando i prodotti a rischio di lavoro forzato, e bloccato le importazioni di cotone provenienti dallo Xinjiang.
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