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Un delitto in una ‘guerra di camorra’ risolto 21 anni dopo dal Dna

AGI – Un agguato mortale all'interno di un guerra tra clan. Un cold case che si è trascinato per 21 anni, risolto grazie agli sviluppi della scienza forense e della tecnologia.

Gli indagati

Quattro indagati, uno arrestato perché libero, gli altri tre già in carcere a L'Aquila, Parma e Nuoro. Il reato contestato è quello di omicidio pluriaggravato in concorso. La vittima è Luca Famiano, e la sua morte risale al luglio 1996. Dopo indagini della Squadra Mobile della questura di Caserta, il gip di Napoli ha emesso una misura cautelare in carcere per Antimo Mastroianni, Antimo Perreca, Achille Piccolo, 45 anni, e Achille Piccolo, 42 anni.

I clan rivali

Quel delitto, ora risolto grazie al Dna, si inquadra nell'ambito di una faida di camorra per stabilire il predominio criminale su Caserta e i comuni limitrofi durata oltre un ventennio, dal 1986 al 2007. Rivali due potenti cosche, il gruppo Belforte, conosciuto anche come Mazzacane, con collegamenti ai cutoliani della Nuova camorra organizzata, e il gruppo Piccolo-Letizia, detti anche Quaqquaroni, alleato al clan Perreca di Recale. Lo scontro raggiunse livelli di violenza tali che, nel gennaio 1998, l'allora prefetto di Caserta firmò un 'coprifuoco anti-camorra', un'ordinanza, prima del genere dalla seconda guerra mondiale, con la quale fu disposta per 20 giorni la chiusura di bar e circoli a Marcianise dopo le 22.

L'omicidio

Famiano fu ucciso perché era passato dai Piccolo-Perreca alle fila dei Belforte. Un gruppo di persone, incappucciate e armate di pistole e mitra, intorno alle 8 di una giornata estiva attese che l'uomo in auto con la sua compagna uscisse da casa sua a San Clemente di Caserta; dietro di lui un'altra macchina, nella quale viaggiavano suo cognato, la fidanzata di questi e due sue nipoti. I sicari fecero fuoco all'impazzata contro e auto con mitra e pistole. Famiano morì poco dopo il ricovero in ospedale, una delle sue nipoti fu ferita in modo grave. Dopo il raid, i killer si dileguarono a bordo di un'auto scura di grossa cilindrata, una Lancia Thema rubata alcuni giorni prima.

La vettura dei killer fu notata e inseguita da una volante della polizia subito dopo l'agguato, ma non si riuscì a fermarla per l'azione di disturbo realizzata da un'altra auto, il cui conducente fu arrestato. La Lancia Thema fu poi individuata, ormai abbandonata, ma al suo interno furono sequestrati numerosi oggetti, tra i quali passamontagna e guanti, oltre ad alcune munizioni cal. 7.62×39, quello del kalashnikov. Poco distante in seguito fu rinvenuto altro materiale, tra cui anche due dei fucili mitragliatori che i rilievi balistici indicarono come le armi utilizzate per l'omicidio. Altro materiale ancora, tra cui anche dei teli di spugna e un altro passamontagna, fu trovato all'interno di un appartamento disabitato nel quale i sicari avevano preparato l'agguato.

Le indagini

Oltre al contributo delle dichiarazioni di importanti collaboratori di giustizia, grazie ai più recenti progressi tecnologici è stato possibile estrapolare frammenti di Dna su alcuni campioni biologici rinvenuti su quanto sequestrato nell'appartamento e nella Lancia Thema. Il Dna isolato corrisponde a quello di due dei quattro Indagati, Mastroianni e Perreca, quest'ultimo considerato anche il mandante dell'esecuzione. Il 42enne Piccolo è stato arrestato in un appartamento a Milano; gli altri si sono visti notificare la misura nelle case circondariali in cui sono già detenuti.

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