A Nepi, in provincia di Viterbo, nella casa di cura “My life”, una trentina degli ottantacinque degenti è stata contagiata dal coronavirus. Così il centro, che è in parte clinica, in parte hospice (per malati terminali), è finito in isolamento. Gli accessi sono stati bloccati. Nella casa di cura sono entrate solo la preoccupazione e l’ansia del personale, dei malati e delle loro famiglie.
“My life” è stata acquistata qualche mese fa dal gruppo Tosinvest, il ramo sanitario della famiglia Angelucci, la stessa che controlla le cliniche San Raffaele. E proprio su Internet, per presentare l’hospice “My life” in apertura, si legge: “Il gruppo San Raffaele adotta nei propri centri misure efficaci per impedire la trasmissione di malattia infettiva da coronavirus”. Può capitare. È già capitato in una Rsa dello stesso gruppo. Ora capita di nuovo a Nepi.
Questa volta sembra che il focolaio sia partito da un fisioterapista che prestava assistenza riabilitativa ai pazienti.
Venerdì, l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, nel diramare alle agenzie di stampa il bollettino sull’andamento della pandemia nel Lazio, facendo un giro d’orizzonte anche su Viterbo e provincia, si limitava a segnalare: “Si registrano 75 nuovi casi; si tratta di casi isolati a domicilio; ventitré sono i casi in una casa di cura a Nepi dove è in corso un’indagine epidemiologica”.
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