"Mi chiamo Marco Lehmann, ho 27 anni, sono un professionista del basket 3×3 e non aspetterò il mio ritiro per annunciare che sono gay". Preciso come un tiro da 3, perentorio come una schiacciata, il cestista svizzero ha affidato al sito della Fiba la lettera del suo coming out. "Questo è per tutte quelle persone che non vogliono più vivere una doppia vita, quelle persone che vivono in un sistema dove neanche esistono" scrive Lehmann. "Questo è per le future generazioni, perché possano vivere una carriera nello sport senza nascondersi. Non voglio mentire: questo è anche per me, così che possa vivere libero da questo peso".
"Come immaginavo il momento del mio coming-out?" prosegue il giocatore svizzero: "Partita in parità. Prendo l'ultimo tiro allo scadere. Canestro. Sono il campione, anche l'MVP. Tutti festeggiano. Io bacio il mio fidanzato davanti a tutti. Boom, ora tutti lo sanno. Mi sveglio e tutto va bene. Sfortunatamente, nulla di tutto questo è successo. Non mi fraintendete: ho segnato qualche game-winner! Ma fino ad oggi, non avevo ancora annunciato la mia omosessualità. La mia famiglia, i miei amici, i miei compagni di 3×3 lo sanno da tempo, ma solo loro".
Lehmann confessa poi i suoi pensieri, le sue paure: "Probabilmente mi sarei tenuto il segreto fino al termine della mia carriera professionistica. Ma ho deciso diversamente. Ecco il perché. La forza mentale è uno degli aspetti più importanti per un atleta. Ho sempre considerato questa come una delle mie migliori qualità. Ma è stato proprio questo aspetto a cadere come un castello di carta alla fine del 2019. In quel momento, avevo giocato a basket professionalmente da nove anni. Era la mia terza stagione consecutiva in cui giocavo a basket d'inverno e 3×3 d'estate con la nazionale svizzera ed il Team Losanna nel World Tour. Per tre anni, ho giocato a basket in 47 weekend l'anno. Ho viaggiato in tutto il mondo, giocando in 20 paesi. Sydney, Los Angeles, Montreal, Tokyo: ovunque. Per un po' di tempo, sono anche stato tra i top 15 al mondo. Stavo assolutamente vivendo il mio sogno. Nonostante tutto questo, non ero felice. Continuavo a cambiare personalità da tanto tempo, e questo stava attaccando la mia salute mentale. Ogni settimana la stessa cosa: il mio fidanzato mi portava all'aeroporto e appena passavo la security, l'uomo gay in una felice relazione si trasformava nell'atleta professionista senza emozioni, che non voleva parlare della sua vita personale. Nel dicembre 2019, ho toccato il fondo. Ho iniziato ad avere forti sfoghi emotivi, pianti, sudore freddo. E per cosa? Solo al pensare al prossimo allenamento. Non potevo sopportare il fatto di dover fare lo switch tra la mia personalità a casa e quella sul campo di nuovo. Mi sono dato per malato e mi sono chiuso in casa. Speravo che gli attacchi di panico si fermassero, ma non successe. I divieti di viaggiare e lo stop alle competizioni mi hanno aiutato a nascondere i miei problemi mentali dal mondo del basket. Ho sempre pensato che avrei finito la mia carriera dicendo sempre la stessa frase: "Non ho una fidanzata perché voglio concentrarmi sul basket." Ma non ce la facevo più. È come se negli sport di squadra non ci fossero uomini gay. Essere gay in quei contesti è un tabù. Le persone non vogliono parlarne e questo deve finire ora. Perché francamente questo è il. Motivo per cui un sacco di ragazzi giovani smettono di fare sport di squadra quando scoprono di essere gay".
Capirete meglio dopo che vi racconto due storie.
1. Discorso a metà partita di un mio allenatore:
"Cosa diamine state facendo là fuori? Non giocate soft! Giocate come dei gay, come delle f***e! Dovete essere più duri nel secondo tempo! Dimostrate loro che siete tosti!" Avrei voluto tanto rispondere. Dirgli che c'era un uomo gay nella sua squadra e che era l'unico che fino a quel momento aveva giocato duro. Ma non potevo. La parte più difficile per me era che dopo quel discorso, i miei compagni erano carichi. Davvero, ragazzi? Perché l'essere gay è associato con la debolezza?
2. Conversazione in pullman dopo una gara in trasferta
In qualche modo, gli uomini gay erano motivo di discussione per la mia squadra di basket (non 3×3) sul pullman. Stavo quasi dormendo, ma sentivo la conversazione. "Per me l'omosessualità è una malattia. Dovrebbero ammazzarsi. Immagina se dovessi giocare con uno come quelli nella tua squadra?!?" Cosa faresti tu in una situazione del genere? Rispondergli e dirgli come sia giocare con uno come lui? Ero in shock. Quando sono arrivato a casa non riuscivo neanche a dormire. Alle 4 di notte ero certo che fosse finita. Non avrei più giocato. Ma fu il ritiro più breve di sempre, perché amo questo gioco così tanto che ero disposto a nascondere chi fossi pur di giocare. E passerò la palla ad uno che pensa che dovrei ammazzarmi? Solo se sarà l'ultima opzione per vincere una partita. Tre giorni dopo ero di nuovo ad allenamento. Dopo aver passato momenti come questi, torni al punto di partenza. Ti passa la voglia di fare coming out. Quindi tutto il processo riparte da capo. Un giorno ti senti fiducioso di parlarne con i compagni. Volevo spiegare tutto e rispondere alle loro domande. Perché alla fine, dobbiamo solo andar d'accordo in campo, la vita privata è un'altra cosa. Ma quel giorno poi mi accorgevo che non sono i miei compagni a decidere sulla mia carriera futura. Sono gli allenatori, i GM e le squadre che ti offrono i contratti. Quindi, c'è sempre la paura di non avere un contratto per colpa del tuo orientamento sessuale. Quello è stato il motivo che mi ha frenato dal fare coming out fino ad oggi. Ci sarebbero state tante ottime occasioni per me. Alla fine della stagione 2016-2017, sono stato premiato come top scorer della lega svizzera tra tutti i giocatori locali. Sono stato invitato ad un gala. Erano tutti lì, incluso il ministro dello sport. Mi ero appena innamorato del mio attuale fidanzato e tutto stava andando bene. Fino al momento in cui mi hanno chiesto chi fosse il mio +1 alla cerimonia. Ed eccomi lì, sul red carpet mano nella mano con il mio fidanzato. La storia di copertina su tutti i giornali svizzeri del giorno dopo: "Il top scorer svizzero è gay!". Ovviamente, ci sono andato da solo. Tutte queste situazioni. Tutte queste notti senza sonno. Tutti questi momenti di paura e di dubbio. Tutto ciò mi ha portato qui. Il momento di godermi il resto della mia carriera senza dover vivere una doppia vita è arrivato. E spero di aiutare altri atleti gay in svizzera e nel mondo a fare lo stesso. Non cambia nulla se dopo una bella vittoria, un atleta abbraccia la propria fidanzata o il proprio fidanzato. Secondo me, un atleta può performare al massimo livello solo se è in pace con sé stesso. E da oggi, io lo sarò. Sono Marco Lehmann, giocatore di basket 3×3 e uomo gay. Ora, se permettete, provo a vincere il World Tour ed a portare la Svizzera alle Olimpiadi del 2024".
(trad. di Manuel Riccio)
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