I 700 anni di Dante sono solo l’inizio. Nel particolarissimo omaggio che l’artista italiano residente a Londra, Leonardo Frigo, rende al Sommo Poeta dipingendo su 33 violini e un violoncello i 34 canti dell’Inferno, c’è tutto l’orgoglio di un italiano che vuole trasmettere “il più possibile” la nostra cultura all’estero.
È nato così l’ambizioso progetto di questo giovane artista che cinque anni fa – da tanto dura il suo lavoro sull’Inferno – è sbarcato a Londra “con una valigia e due violini”. Originario di Asiago, 27 anni, una laurea in restauro all’Università internazionale di arte a Venezia, qualche esperienza nel campo del restauro in Francia e poi la decisione di stabilirsi a Londra: “Una città davvero internazionale, il posto migliore da cui diffondere la nostra cultura a un pubblico quanto più vasto possibile. Perché è nostro dovere di italiani far sapere alle nuove generazioni chi è Dante, chi è il padre della lingua italiana. Se sono passati 700 anni, se Dante è arrivato al 2021 vuol dire che per tutti questi secoli artisti, insegnanti, intellettuali lo hanno trasmesso alle giovani generazioni. Ora è arrivato il nostro turno di diffonderlo per i prossimi cento anni, almeno. Per arrivare a celebrarne gli 800 anni con un patrimonio ancora più ricco. Perché ogni anno l’immaginario di Dante si arricchisce di studi, di opere d’arte, progetti, letture”.
E il contributo di Leonardo Frigo, che si inserisce nella serie di iniziative volte a ricordare Dante per tutto il 2021, non manca certo di originalità. E di perseveranza. È stata questa, confessa, la parte più difficile di tutto il progetto: non la trasposizione di ogni canto, dipinto a china sul legno del violino – davanti, sul retro, sui lati, persino sopra il riccio, lo strumento è tutto disegnato, sembra quasi tatuato – con pennino a immersione, “ma l’andare avanti, tra tanti alti e bassi, crederci fino in fondo” e completare in tempo, per lo scoccare del 2021, il lavoro.
“A causa della pandemia”, racconta, “quest’anno sono rimasto a Londra e non sono tornato a casa, in Italia, dalla mia famiglia per Natale. Così ho lavorato anche nei giorni di festa, la vigilia, Capodanno: ogni giorno era buono e sono riuscito a finire per tempo. Mi ero dato la scadenza del 31 dicembre 2020 in modo che fosse tutto pronto per l’inizio dell’anno dantesco. E ora che il progetto è finito c’è tutto il resto da organizzare: la mostra innanzitutto”. I 33 violini e il violoncello saranno portati in esposizione all’estero, e in Italia prima di tutto. “La prima doveva essere a Vicenza tra febbraio e marzo”, continua, “invece abbiamo dovuto posticiparla ad aprile e maggio, speriamo di non dover rinviare ancora. Dopo si sposterà nelle Marche e, sicuramente, a dicembre 2021 porteremo i violini a Firenze per la chiusura dell’anno dedicato a Dante, dove rimarranno fino a febbraio 2022. E poi abbiamo già delle date in Svizzera per il 2023”.
Ma perché proprio Dante? “Mi ha sempre affascinato, sin da piccolo – confessa – il primo libro lo ha acquistato mia madre ad Asiago quando avevo sei anni, era una Divina Commedia illustrata per bambini. L’ho portata con me anche qui a Londra, è stato il mio approccio con Dante. Con gli anni poi ho studiato restauro e arte a Venezia e la prima volta che sono entrato all’università a Venezia e ho visto il grande busto di Dante, che è nella sala principale, mi è sembrato come se fosse un segno. Ho sentito come se Dante fosse collegato al mio percorso, come se mi seguisse. E finita l’università ho sempre disegnato pensando a come rendergli omaggio. Quando ho realizzato la mia collezione precedente sui sette vizi capitali, sempre dipinti – in questo caso – su sette violini, per studiare i vizi e cercare i simboli per rappresentarli, è a lui che mi sono rivolto e al modo in cui li descrive proprio nell’Inferno. È stato allora che ho pensato a come trasmettere la nostra cultura italiana alle generazioni prossime oltre i confini italiani”.
La parte più bella del lavoro, per lui, è stata rappresentare l’amicizia con Virgilio: “Dante si ritrova in esilio, perso nella selva oscura ha una crisi che tutti attraversiamo nella vita e mi auguro ci sia un Virgilio per ognuno di noi che ci possa aiutare a capire e a uscire da questa selva oscura. Virgilio lo prende per mano, lo abbraccia, lo stringe: è proprio l’amore dell’amicizia. Dal punto di vista più strettamente illustrativo, mi sono soffermato soprattutto su mappe e simboli che ho riprodotto sui violini per rendere l’eredità che Dante ci ha lasciato, il modo di vedere il mondo tipico del Trecento. Ho rappresentato anche l’universo dantesco, il globo con la montagna del Purgatorio e la rosa dei beati”.
Vedremo dunque anche Purgatorio e Paradiso riprodotti sui violini nel prossimo futuro? Leonardo Frigo non ha dubbi: “Mi piacerebbe illustrare tutta la Divina Commedia in questo modo. Ma se per l’Inferno ho impiegato cinque anni, mi è ancora difficile pensare a come realizzare il resto. Il progetto c’è”. Soprattutto, confessa, perché “mi sono accorto di quanto Dante sia attuale oggi. Per esempio, mentre stavo dipingendo il canto XXVI, quello di Ulisse che passa le colonne d’Ercole per andare dove nessuno ancora era mai stato, si parlava tanto di Brexit, soprattutto qui a Londra. In quel momento ho pensato: ecco l’Inghilterra ora è un po’ il nostro Ulisse che lascia l’Europa, il conosciuto, per il non conosciuto. Dante si può leggere in tanti modi, come un racconto, come un’opera classica, come una riflessione sulla società di oggi. Non passerà mai di moda, perché parla di noi, dei problemi umani, che dopo 700 anni non sono cambiati. Per questo sui violini ho cercato di dare a tutti i personaggi la stessa importanza, lo stesso spazio: non solo Paolo e Francesca o Ulisse dunque, perché attraverso il mio lavoro mi piacerebbe far conoscere anche il meno conosciuto dell’Inferno di Dante”.
L’ultimo pensiero è rivolto ancora all’attualità: “Abbiamo celebrato i 600 anni dalla morte di Dante un secolo fa, nel 1921, poco dopo la Grande guerra. Ho completato il mio progetto a dicembre 2020 durante una pandemia che è stata, lo è ancora, una crisi economica e sociale come nel dopoguerra. E, proprio come allora dopo c’è stata una rinascita, mi auguro che la celebrazione dei 700 anni di Dante sia di buon auspicio ora per la rinascita dal punto di vista economico e culturale, che Dante sia di buon auspicio”.
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