"Finché è stato possibile siamo andati avanti, a fatica. Ma alla fine ci siamo dovuti arrendere, da lunedì la saracinesca è rimasta abbassata. Spero non sia per sempre: vedere ragazzi di vent'anni giocare a carte con gli anziani ascoltando le loro storie per me era la cosa più bella del mondo". Silvia Venerati è la presidente del piccolo circolo Acli di San Frediano a Settimo, 3.500 abitanti in provincia di Pisa. Aperto nel 1947, da anni l'unico punto di ritrovo rimasto in paese, dopo mesi di incertezze legate alla pandemia ora il locale rischia di non riaprire più. "Col solo asporto non si sopravvive. Ci sentiamo invisibili: perché non ci è permesso lavorare come tutti gli altri bar?".
Sono centinaia in Toscana i circoli e le case del popolo che potrebbero non sopravvivere al lockdown senza fine imposto alle associazioni culturali e ricreative del territorio. A lanciare l'allarme sono i presidenti regionali di Arci e Acli, Gianluca Mengozzi e Giacomo Martelli: "Senza un cambio di rotta almeno la metà delle nostre 1500 strutture rischia di scomparire – attaccano – specie quelle nei centri più piccoli".
Se a bar e ristoranti è consentito restare aperti in zona gialla, lo stesso non vale per i circoli ricreativi che esercitano " in modo accessorio " la vendita di cibo e bevande. "È una discriminazione intollerabile – lamenta Mengozzi – I Dpcm del governo equiparano la nostra attività a quella di una piscina o di una palestra. Perché dovremmo essere trattati peggio degli esercenti privati? Il bar permette ai nostri circoli di sopravvivere, di coprire i costi con cui si organizzano le attività sociali: biblioteche, corsi di lingua per stranieri, corsi di musica e cene solidali. Servizi a prezzi calmierati a beneficio di tutta la collettività".
La Regione, riconosce il presidente Arci, ha provato a metterci una pezza. " La Toscana è l'unico territorio in cui le case del popolo possono lavorare almeno con l'asporto – osserva – Ma quelle che lo fanno sono pochissime, per strutture medio-piccole come le nostre i costi superano i ricavi".
" I circoli vivono di socialità – aggiunge Giacomo Martelli di Acli – sono luoghi di aggregazione fondamentali per tanti, soprattutto per gli anziani. Non si capisce perché a parità di regole il rischio dovrebbe essere più alto rispetto alle attività commerciali. È vero il contrario: abbiamo speso molto per adeguarci. E a tutti i gestori abbiamo raccomandato di essere ancora più rigidi di quanto previsto dalle norme in fatto di distanze e limiti agli accessi".
E poi c'è il tema dei ristori, giudicati insufficienti. " Abbiamo ricevuto circa 4 mila euro – dice Alessandro Vessichelli, presidente del circolo fiorentino Arci per i Lavoratori di Porta al Prato – Potrebbero sembrare tanti ma quasi mille se ne sono andati solo per la Tari. Siamo riusciti a bloccare il mutuo ma le bollette restano, stiamo contribuendo noi consiglieri " . " Il circolo – ricorda Alessandro – esiste dal '47, è un pezzo di storia del quartiere: in passato abbiamo organizzato raccolte alimentari e ora anche una raccolta di medicinali e mascherine per il Rojava. Siamo tutti volontari, ma rischiamo lo stesso di non farcela. Non riaprire? Sarebbe una perdita per la città".
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