Durante il primo lockdwon ha postato su Instagram un video brevissimo: un pulcino protetto dentro un bicchiere, come la rosa del Piccolo Principe messa al riparo dal freddo sotto una campana di vetro. In basso la parola "affatato", che significa "incantato", reso invulnerabile per incantamento, per magia. E' l'augurio di un'artista, Sabrina D'Alessandro, la speranza di protezione dalla paura e dal virus.
Quarantacinque anni, laurea in architettura, un passato da copywriter nel mondo pubblicitario e la scelta di lasciare tutto e ricominciare. D'Alessandro è un'artista che organizza mostre, scrive libri, inventa performance a partire da una allegra ossessione: i dizionari, soprattutto quelli del passato. La sua mania è collezionare parole smarrite, cadute in disuso, il contrario quindi di quello che faceva Henri Cinoc, protagonista de La vita istruzioni per l'uso di Georges Perec, che per mestiere aveva il compito di eliminare dal vocabolario Larousse le parole vecchie per fare posto a quelle nuove.
Se Cinoc era l'"ammazzaparole", Sabrina D'Alessandro è la "resuscitaparole". Il suo è un modo per reagire divertendosi all'impoverimento del linguaggio globale. Gran parte dei vocaboli desueti e arcaici che è andata accumulando nel tempo sono finiti in un libro intitolato Il libro delle parole altrimenti smarrite, che torna ora in libreria per Rizzoli in una nuova edizione, con una prefazione di Achille Bonito Oliva ad affiancare quella di Stefano Bartezzaghi.
Il libro va consultato come un dizionario a schema libero, una macchina per ridare vigore a parole dimenticate, saltando di qua e di là. Ogni pagina una parola e una breve spiegazione: "La mia è un'operazione artistica – dice – non è l'opera di una linguista". D'Alessandro s'immerge nelle acque inesplorate della lingua di ieri e ne risale ogni volta con una parola alla quale ridare corpo e suono, la deposita al centro di una pagina bianca o la trasforma in un'opera d'arte, come ha fatto con la "panchina fannònnola" (la panchina "che non fa e non vuole far niente"). Le fonti alle quali attinge per questa esplorazione linguistica variano: il dizionario Tommaseo del 1861, il Petrocchi del 1891, l'etimologico del Pianigiani del 1907, i Vocabolari dell'Accademia della Crusca. O la letteratura, autori come Gadda, Manganelli, Landolfi, Bufalino, Marinetti, D'Annunzio, Boccaccio, Dante, Aretino, Ariosto.
Emergono in superficie parole buffe, arcaiche, quasi sempre sconosciute, comunque estranee al parlare quotidiano. Nel 2009 l'idea di creare l'Ufficio Resurrezione Parole Smarrite (URPS, "ente preposto al recupero di parole smarrite benché utilissime alla vita sulla terra"). Prima sede a Sesto San Giovanni, periferia milanese. Oggi trasferito in un luogo "che voglio rimanga segreto". Dotato di timbro, corridoi e reparti che farebbero invidia al più labirintico e inesplorabile dei ministeri, ha un suo sito dove ci si perde tra rimandi e protocolli, ma è così che deve essere (www.ufficioresurrezione.com), e "c'è anche la banda, con tanto di tromboni, per fare tutto in pompa magna".
Anche l'Ufficio è un'opera d'arte. Lo scopo è una dichiarazione di poetica: "Oggettificare per ricordare". Tra i vari dipartimenti c'è il Dipartimento di Rinascita Piscovocale, che si occupa di cantare e mettere in scena le parole; la Divisione Mutoparlante, addetta all'espressione non verbale; l'Area Personificazioni che fa rinascere le parole associandole a persone in carne ed ossa. La sezione dei bambini è il Dipartimento Parole Imparavolate. All'Ufficio Resurrezione e ai suoi undici anni di vita ha di recente dedicato uno speciale la Treccani, analizzandone i vari campi d'azione (dalla ricerca lessicografica alla messa in scena delle parole attraverso le performance artistiche, dai prodotti editoriali ai progetti didattici in collaborazione con scuole e musei). Il libro dunque è solo un tassello dell'opera artistico-linguistica di D'Alessandro.
A fianco, sopra, sotto, ci sono parole che sbucano da mostre, opere sonore affidate a musicisti e cantanti, pareti di gallerie ricoperte di foglietti spiegazzati, come nel "Terriculoso censimento peculiare" che espone parole perdute come fossero gemme preziose: leccaprìncipi, soppiattone, maramaldo, ciaccino, fannonnolo, ottrettatore, falimbello, moscondoro. Salvate dall'oblio e gettate in una nuova momentanea esistenza che non le restituisce all'uso ma le fa entrare a contatto con noi che le riceviamo rianimandole e rianimandoci per un suono, un ricordo, uno straniamento, un'evocazione. "Sbaglione", l'uomo che commette molti errori, o "berlinghino", colui che si sofferma a tavola dopo aver mangiato, o "sinforosa", donna attempata che si ostenta giovinetta.
A volte una parola ne richiama un'altra per assonanza, luce o contrasto (albagìa e bubbolante ad esempio, l'ostentazione di sé stesso e colui che racconta bubbole, panzane). La ricerca di D'Alessandro è un tìcchio, un capriccio, un ghiribizzo o come dice Bonito Oliva un ready-made costruito recuperando parole scartate con "ottica duchampiana". D'Alessandro si fa guidare dalla passione artistica: "Un testo narrativo dall'architettura nascosta", è la definizione che dà al suo libro ma forse si può estendere a ogni sfaccettatura della sua arte. I collegamenti sono suoni, significati, attriti, giochi. "La mia è una visione sentimentale delle parole", spiega l'autrice.
In cantiere ci sono altri progetti: una mostra Papacchioni saggiomentati (cioè "ingordi ravveduti") che avrebbe dovuto tenersi a novembre alla Fondazione Mudima di Milano e che al momento è rimandata a data da destinarsi, "all'uscita del tunnel del virus". Su Instagram intanto (#UfficioResurrezione) si possono gustare alcune scene di banchetti, scatti rubati durante i vernissage nel periodo pre-covid, quando ci si accalcava ai buffet, più attrattivi delle opere in mostra. Intorno ancora parole "parlanti". La parola cascaticcia (che cade facilmente dall'albero) pronuncia questa misteriosa sentenza: "Cado in piedi ma cado". Intanto D'Alessandro continua a lavorare a un progetto itinerante sui difetti umani per arrivare a definire attraverso luoghi e parole "una geografia del sentire umano". A marzo arriverà Accendipensieri, un libro illustrato edito da Rizzoli Ragazzi, "per scoprire parole antiche e inventare parole nuove". Perché tra i mille stimoli di questa originale archeologa del linguaggio ci sono i laboratori nelle scuole dell'infanzia. Il libro è corredato dai disegni dei bambini, nati dall'ispirazione delle parole
Ma visto che si parla di parole morte e rinate va detto che il tono è giocoso. D'Alessandro cita un motto di Sant'Agostino: "Nutre la mente solo ciò che rallegra". Questa allegra resurrezione passa per libri, disegni, installazioni, video pescando nella memoria collettiva e individuale. Bartezzaghi paragona il libro a un'arca di Noè. Le parole possono uscire di scena ma non muoiono, basta andarle a riacciuffare.
I link:
www.ufficioresurrezione.com e www.sabrinadalessandro.com
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