CHI si vaccina contro il Covid-19 può essere contagioso? E’ una delle domande più frequenti perché dalla risposta dipende anche il comportamento da tenere rispetto alle precauzioni che deve adottare chi ancora non è vaccinato. Non è facile, allo stato attuale delle conoscenze fornire una risposta netta anche perché il compito primario dei vaccini è quello di impedire che le persone si infettino e quindi gli studi clinici per la loro approvazione sono stati progettati per valutare il raggiungimento di quest’obiettivo. Per fare chiarezza su questi ed altri aspetti, Salute ha intervistato il virologo Carlo Federico Perno, professore di Microbiologia all'UniCamillus e International Medical University di Roma, e Direttore del reparto di Microbiologia, Irccs Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
di
Simone Valesini
Tutti i vaccini agiscono inducendo il sistema immunitario a produrre anticorpi prima che si manifesti un'infezione, in modo che possano attaccare il ‘vero virus’ quando entra nel nostro organismo prima che abbia la possibilità di replicarsi abbastanza da causare un'infezione in piena regola. Dunque, è come se i vaccini simulassero il contagio per stimolare la risposta del sistema immunitario. Nel caso dei vaccini a Rna che si stanno utilizzando, invece, si inietta "l’istruzione" per produrre una particolare proteina, detta proteina ‘spike’, che è quella che il virus utilizza per "attaccarsi" alle cellule. La cellula produce quindi da sola la proteina ‘estranea’, che una volta riconosciuta fa attivare la produzione degli anticorpi. “Nel caso del Covid – spiega Perno – ipotizziamo che attacchi le cellule dell’epitelio respiratorio: il virus entra nelle prime cellule, inizia la sua replicazione ma immediatamente arriva il sistema immunitario e impedisce che avanzi”.
Quindi, in generale chi riceve un vaccino efficace è protetto dall’infezione, nel caso del vaccino contro il Covid finora sappiamo che c’è una protezione dall’infezione e non dalla malattia, ma va verificato nel tempo. Quello che, però, le persone si stanno chiedendo è se chi si vaccina possa essere contagioso per gli altri. L’Istituto Superiore di Sanità, nella sezione del sito dedicata alle Faq sui vaccini, specifica: “Non è ancora chiaro, ma sono in corso studi in merito, se il vaccino protegge solo dalla malattia o impedisce anche l’infezione. Almeno in un primo momento anche chi è vaccinato dovrebbe mantenere alcune misure di protezione”. Ma il virologo Perno aggiunge: “La contagiosità dipende da vari fattori tra cui la carica virale: se l’ho ridotta la mia infettività crolla, ma se il vaccino agisce impedendo al virus di entrare come faccio ad essere contagioso?”, chiede provocatoriamente. “Quindi, chi risponde positivamente alla vaccinazione, il che accade nel 95% circa dei casi, non è contagioso. Resta da capire quanto dura nel tempo la sua immunità”, aggiunge.
di
Elena Bozzola
Ma allora come mai ci sono stati dei casi (in alcune Rsa) di soggetti vaccinati risultati poi positivi al tampone? “E’ una cosa che può succedere se la persona si infetta qualche giorno prima del vaccino”, chiarisce Perno. “Il virus ha un’incubazione di 5-7 giorni e gli anticorpi compaiono in media dopo 10-12 giorni, quindi c’è un lasso di tempo durante il quale il sistema immunitario resta scoperto, ma in genere quando ad ammalarsi è un soggetto che si è vaccinato, i sintomi sono più lievi, segno che l’organismo sta già reagendo bene”.
Altro dubbio molto frequente è se tra il primo e il secondo richiamo del vaccino si possa essere contagiosi? “Nello studio scientifico per l’approvazione del vaccino Pfizer-BioNTech – spiega Perno – è stato osservato un gruppo di persone proprio nell’intervallo tra la prima e la seconda somministrazione e si è visto che quelli che si sono infettati, tranne una persona, erano tutti nel gruppo del placebo che non era stato vaccinato”. Ci sono dati del genere anche per gli altri vaccini? “Non ancora, ma è ragionevole pensare che sia così anche per il vaccino Moderna perchè sono simili, ma al momento non abbiamo evidenze scientifiche”. Dunque, una sola somministrazione è già sufficiente per dare una protezione iniziale. “Ma questo non significa – avverte il virologo – che sia sufficiente una sola iniezione perché poi magari non dura nel tempo”. Per questo, nei 20-30 giorni che separano le due somministrazioni è importante continuare a rispettare il distanziamento sociale e indossare la mascherina.
Longform
di
Nicla Panciera
Questo significa che anche chi si vaccina non ha il cosiddetto patentino di immunità? “Esatto, almeno fino a quando non avremo la dimostrazione che l’efficacia si mantiene nel tempo”, risponde Perno che, però, apre uno spiraglio: “Comunque, la vaccinazione dovrebbe essere garanzia di protezione sia attiva, cioè se non mi infetto non posso essere contagioso, che passiva, cioè se sono protetto non mi posso infettare. Quindi, prima o poi dovremo dare questa patente di immunità così come quando si va in Africa e si mostra il certificato di vaccinazione per la febbre gialla grazie al quale veniamo dichiarati protetti. Ecco dovremo arrivare a quello anche per il Covid, ma non subito perché mancano i dati”. Secondo le ultime rilevazioni, al momento ci sono circa 5 milioni di persone vaccinate nel mondo (quasi tutte con il vaccino Pfizer), quindi tra qualche mese sarà possibile osservare qual è stato l’impatto sui contagi.
di
Simone Valesini
C’è un’altra questione tra quelle più dibattute online e nelle chiacchiere tra genitori: se sia il caso o meno di vaccinare anche gli studenti. “Il problema – sottolinea il virologo – è che gli studi clinici di registrazione sono stati condotti solo sugli adulti, quindi mancano dati regolatori sui ragazzi, tant’è vero che il vaccino si può somministrare solo dopo i 16 anni”. Ma intanto le aziende si stanno attrezzando. Pfizer-BioNTech sta conducendo uno studio già in fase 3 che include anche ragazzi tra i 12 e i 17 anni. Nei prossimi mesi si continueranno a raccogliere dati sulla sicurezza a lungo termine, sulla durata della protezione, l'efficacia contro l'infezione asintomatica e la sicurezza e l'immunogenicità negli adolescenti. Le prime dosi potrebbero essere pronte per la fine dell’anno. La stessa azienda sta lavorando anche ad un piano per valutare il vaccino nella popolazione pediatrica e anche Moderna ha dato il via alla sperimentazione sui ragazzi. “Dovremo aspettare i dati di queste sperimentazioni che sono in corso ma non si esclude che a livello politico non si proceda prima consentendo la somministrazione anche sui ragazzi. Sarebbe una misura utile già a partire dagli studenti delle scuole elementari in poi. Lascerei fuori solo la primissima infanzia”, conclude Perno.
ROMA – Frontale muscoloso da Suv, silhouette da station wagon e coda da crossover sportivo.…
AGI - Tesla riprende la produzione a Shanghai, sottoposta a un lockdown che ha innescato…
Scoperti da un talent scout d'eccezione come Fiorello, che li battezzò I Gemelli di Guidonia…
AGI - Il Programma MilleMiglia continua a garantire agli oltre 6 milioni di iscritti l'opportunità…
AGI - Radu Lupu, considerato come uno dei più grandi pianisti del mondo, è morto…
AGI - Non messaggini o telefonate minatorie o appostamenti sotto casa ma una continua aggressione…