LONDRA – Quando, in attesa della palla, Pogba si flette e coordina così, a metà tra un rannicchiato ghepardo pronto ad azzannare e i suoi stellari gol al Napoli, allora bisogna prendere tutto tremendamente sul serio. Vuol dire che il "polpo Paul" è tornato a spaccare le partite come alla Juventus, che il golazo da fuori area è molto probabile e che la squadra intorno lo sostiene, esalta e convince e che, beh, questo potrebbe davvero essere l'anno buono.
Tutto ciò è accaduto l'altroieri sera fuori casa contro il Burnley. L'ancora 27enne campione del mondo francese nel secondo tempo diventa imprendibile, inarrestabile e conquistatore, il cross delizioso di Rashford, la saetta al volo da fuori area che, seppur deviata, si insacca e fa vincere il Manchester United 1-0. Eccola finalmente la vetta solitaria in Premier League, 36 punti in 17 partite, tre in più sulla "invincible armada" del Liverpool di Jürgen Klopp che ora attende i "diavoli rossi" domenica nell'Anfield vacuo per Covid, per quello che potrebbe essere il ritorno in cima del tedesco oppure il suo sprofondo rosso, a -6 dello United, che a quel punto sarebbe in fuga.
Premier, Pogba lancia in vetta da solo il Manchester United
"Non vediamo l'ora di giocarcela domenica", Pogba dixit dopo il gol decisivo contro il Burnley, "sarà bellissimo e prepararci, ma dobbiamo restare calmi… con calma… perché è il nostro grande momento e vedremo quello che succederà". Il big match di domenica contro il Liverpool è la porta scorrevole e quasi esistenziale del destino del Manchester United, che intreccia i dolori del passato e le grandi speranze di oggi. Perché i diavoli rossi di Ole Gunnar Solskjaer non perdono fuori casa da 15 partite (di queste ne hanno vinte 12) e l'ultima volta che sono caduti lontani dall'Old Trafford fu proprio all'Anfield un anno fa sotto i colpi di Van Dijk e Salah, capitolando a -30 punti dal Liverpool carro armato della stagione passata.
Premier League: il Manchester City vince ancora, si ferma il Tottenham
Ora però Van Dijk non c'è perché infortunato, la stella egiziana dopo il Covid sembra avere le polveri ancora bagnate e lo United sembra preda di un'inarrestabile rimonta. Lo scorso novembre, dopo l'infausta sconfitta in casa contro l'Arsenal, era quindicesimo. Poi ha impilato nove vittorie, due pareggi e zero sconfitte, 29 punti su 33, e ora un trionfo all'Anfield cinque anni dopo l'ultima volta con il gol di Wayne Rooney (sì, c'era ancora lui) non è certo un sogno. "Abbiamo sempre più fiducia quando approcciamo i match", ha detto Solskjaer dopo il Burnley, "e fuori casa sinora abbiamo fatto sempre molto bene. Dobbiamo credere in noi stessi. Stiamo facendo un grande lavoro, è il nostro momento. Otto settimane fa nessuno avrebbe pensato a noi in vetta da soli alla classifica di Premier League. Qualcosa sta crescendo in noi, sta crescendo lo spirito giusto, lo spirito di squadra".
Una chiave è proprio questa. L'allievo norvegese del maestro Sir Alex Ferguson, che ha lasciato 8 anni fa guardacaso con l'ultimo titolo in Premier dello United prima di una rara fiera di disastri e figuracce, lo va dicendo da settimane in conferenza stampa: "Quest'anno la mentalità è molto più solida, finalmente tutti hanno capito che cosa significa giocare nel Manchester United". Sarà vero, si chiedeva qualche scettico? Oppure l'ex "miglior dodicesimo uomo del mondo" (copyright Sir Alex Ferguson) vuole solo farci ingoiare questa bufala, visto che allora doveva comunque salvare faccia e posto dopo lo tsunami sui social network che, alla luce dello stentato avvio in campionato e della suicida eliminazione in Champions League contro Psg e Lipsia, ne chiedeva la cacciata urlando l'hashtag #OleOut, fuori Ole?
No, era tutto vero. Oggi #OleOut è stato silenziato con #OleIn su Twitter. Ma che lo United aveva, e forse ancora ha, un grande potenziale inespresso lo si intuiva anche settimane fa. Il paradosso più curioso è il dualismo tra Bruno Fernandes e Donny Van de Beek: entrambi strapagati (rispettivamente 85 e 45 milioni), il portoghese è così debordante nonostante gli scetticismi iniziali (11 gol e 7 assist) che l'asso olandese del travolgente Ajax di De Ligt, Ziyech e De Jong riscalda la panchina. E allora in Inghilterra ci si chiede che senso abbia avuto comprarlo, tanto più che, con Pogba riesploso, Van de Beek non ha posto neanche come mezz'ala. Uno spreco, come tanti dello United negli ultimi anni, con vari acquisti assurdi e poco funzionali? Forse. Ma costituisce un enorme potenziale anche in panchina, molto più lunga di quella del Liverpool e che conta sicurezze come Matic e Mata e un bomber assoluto come Cavani.
C'è di più. Lo United prende più cartellini (+6) di Liverpool e Manchester City (altra grande favorita) che hanno un gioco più pulito e rodato, tira discretamente (quarto posto con 243 tentativi totali contro i 262 del Liverpool, i 259 del Leeds del Loco Bielsa e i 250 del City di Guardiola) ma soprattutto tira moltissimo in porta: secondo posto a 101, uno in meno del Liverpool, e davanti a Leeds (93) e Chelsea (88). Il segno di una squadra decisamente concreta, o per lo meno molto di più degli ultimi anni, con calciatori capaci di centrare più frequentemente il bersaglio, o comunque messi in condizione di farlo: non a caso, lo United è la seconda squadra per gol da dentro l'area di rigore (30 contro i 34 del Liverpool) e segna molto di meno da fuori area, nonostante i redivivi missili di Pogba.
L'altra chiave di lettura di una squadra estremamente concisa e sempre più spietata come lo United è se si va a vedere come arriva al gol: azioni rapide, veloci e spesso inarrestabili, che ricordano un po' lo stile di Ferguson. Segnano in molti (sinora 11 giocatori oltre all'alfiere Bruno Fernandes), pochissimi cross (solo 249, terzultimo in Premier), un numero discreto di passaggi (9049 contro gli 11200 del Liverpool di Klopp e i 10500 del City di Guardiola), tanti assist e passaggi filtranti (16, terzo posto, contro i 18 dei Reds e i 17 dell'Arsenal), pochissimi passaggi lunghi (783, al penultimo posto, ultima l'ortodossa squadra di Pep a 729). Ma soprattutto il Manchester di Solskjaer è la squadra che segna di più in Premier League in contrattacco (5) e che finisce di più in fuorigioco dopo il Leeds di Bielsa. Segno di una compagine estramamente rapida a ripartire e far male.
Il vero difetto dello United è la difesa: 24 gol subiti, contro i 21 del Liverpool (di cui 7 in una sola partita) e i miseri 13 del City (con una partita in meno). Ma è anche vero che è il fardello dello zoppicante inizio stagione, che il capitano Maguire è tornato a convincere e non fa più bestemmiare Roy Keane in tv, il centrocampo ha trovato un'equilibrata sintesi con Fred e McTominay, Shaw e De Gea fanno molti meno danni che in passato. E poi c'è un Marcus Rashford in crescita esponenziale e sempre più campione, anche fuori dal campo: l'altro giorno l'attaccante ha segnato un altro gol per i bambini poveri, svergognando ancora una volta su Twitter il governo Johnson per i miseri pacchi di alimenti consegnati alle famiglie bisognose, visto che le scuole sono chiuse ed è lì che molti bimbi di Manchester, del Nord e del centro dell'Inghilterra, spesso mangiano l'unico vero pasto della giornata. Ma Rashford e lo United quest'anno possono vincere anche in campo, otto (scongiuri anglosassoni) anni dopo Sir Alex.
Commenti recenti