LONDRA – “Il politicamente corretto è diventato la più infelice religione del mondo”. A dirlo è una star decisamente spirituale come Nick Cave, in un attacco non solo al politically correct ma anche alla cancel culture, ossia quell’attitudine di rimuovere o boicottare persone, associazioni, società o altre entità le cui idee non sono ritenute accettabili da un altro gruppo di persone. Un fenomeno che negli ultimi tempi è cresciuto molto, soprattutto online e nei campus universitari americani, nella lotta contro razzismo, omofobia e altre forme di intolleranza. Ma che, secondo altri osservatori e commentatori, spesso può diventare così radicale e ortodosso da essere a sua volta intollerante. È di qualche mese fa, difatti, una lettera contro la Cancel Culture di un centinaio di grandi scrittori mondiali come Salman Rushdie, Margaret Atwood, JK Rowling e molti altri.
Anche il 63enne Nick Cave la pensa così. Il celebre cantautore australiano che vive da circa un ventennio a Brighton, costa meridionale inglese, lo ha scritto nell’ultimo numero del settimanale britannico Spectator, dove ogni tanto pubblica parte della sua amata newsletter The Red Hand Files attraverso la quale risponde alle domande più varie dei suoi fan. Nell’articolo e negli estratti pubblicati, Cave disquisisce di vari argomenti: dal perché l’Intelligenza Artificiale non sarà mai capace di scrivere una canzone alla grande attrazione che lui e i suoi figli hanno (avuto?) per la magia, fino alla "censura della Bbc" e infine ai fatidici "cancel culture" e "politically correct".
“Il politicamente corretto è diventato la più infelice religione del mondo”, spiega sullo Spectator l’autore di Children, Into my arms e Where the Wild Roses Grow in un discorso che parte dalla 'mercy', ossia la compassione e l’indulgenza quotidiane, secondo lui ancora più indispensabili nel mondo di oggi. “La cancel culture”, prosegue lui, “è l’antitesi della compassione. Il rispettabile obiettivo iniziale del politically correct, ossia di ripensare la nostra società in una forma più giusta, incarna oggi tutti i peggiori aspetti che una religione può offrire, incluse la supposta certezza morale e arroganza. Si tratta di attitudini diventate cattive religioni che oramai sono sfuggite al controllo”.
“Il rifiuto della cancel culture”, prosegue Nick Cave, “di interagire con idee scomode ha un effetto asfissiante sull’anima creativa della società. La compassione è l’esperienza primaria dalla quale emerge il genio e la generosità dell’immaginazione. La creatività è un atto d’amore che può confliggere con le nostre credenze basilari, ma è così che immette nuove tracce per leggere il mondo. Questa è la funzione e la gloria delle arti e delle idee. Una forza che invece si realizza nella cancellazione di queste idee complicate danneggia lo spirito creativo della società e colpisce la natura complessa e varia della sua cultura”.
Insomma, un attacco netto quello di Cave, il quale considera la compassione un pilastro della società umana che però oggi, secondo lui, viene messo in discussione dalla Cancel culture: “La compassione e l’indulgenza sono valori nel cuore di ogni società funzionante e tollerante, perché ci permettono di discutere apertamente, di crescere insieme, di giocare con le nostre idee, direbbe Oscar Wilde. Simili valori riconoscono che siamo imperfetti e, anche quando commettiamo errori, ci fanno sentire protetti in una comunità. Senza compassione, invece, una società perde la sua anima, diventa inflessibile, minacciosa, vendicativa, senza humour. E divora se stessa”.
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