TORINO – Ci sono due giocatori, tra quelli che sta allenando, che rappresentano a menadito l’idea di calcio che Pirlo ha in testa: uno è Winston McKennie, l’americano che non sta mai fermo e che dalla metà campo in su può fare qualsiasi cosa (ha anche segnato tre gol con stile da centravanti), e l’altro è Danilo Luiz Da Silva, per brevità chiamato Danilo, probabilmente il giocatore tatticamente più intelligente della rosa bianconera, tanto più ora che Khedira ne è stato messo ai margini. Difatti l’allenatore conferma: “Sì, è perfetto per quello che chiedo. L'avevamo già individuato a inizio stagione, osservando le sue caratteristiche: non è una sorpresa, sta facendo una bellissima stagione perché è un giocatore intelligente e sa adattarsi alle diverse zone del campo”.
??????? Questione di gol. Un bel momento da ricordare insieme a tutti voi. Grazie. @juventus#FinoAllaFine pic.twitter.com/XvFGcvO7u5
— Danilo Luiz (@2DaniLuiz) January 11, 2021
Stimato anche da Sarri
Danilo, per la verità, era molto stimato anche da Sarri, che ne apprezzava assai non soltanto la maniera di stare in campo, quel misurato giudizio con cui bilanciava iniziative e prudenza, ma anche la serietà dei comportamenti, il rigore nel lavoro e l’autorevolezza che s’è guadagnato in uno spogliatoio non più solido, compatto e carismatico come una volta. Se ha faticato a conquistarsi anche la stima dei tifosi è perché in fondo è stato vittima di un pregiudizio, ovverosia della quotazione stratosferica che ha avuto quando dal Manchester City è passato alla Juventus, che lo ha valutato 37 milioni di euro, un prezzo esagerato (Danilo veniva da quattro stagioni da riserva) che però ha fatto scopa con i 65 che gli inglesi hanno speso per Cancelo: era un giochino di plusvalenze incrociate che ha caricato sui due giocatori aspettative e responsabilità esagerate. Difatti Cancelo ha fatto molta fatica ad ambientarsi a Manchester e soltanto in questa stagione Guardiola lo sta impiegando con puntuale regolarità, così come Danilo è diventato un cardine della Juventus dopo l’impiego a singhiozzo nella prima annata: è il giocatore più impiegato da Pirlo in questa stagione con 1784’ giocati (secondo è Bonucci con 1631’, terzo Szczesny con 1530’), ha saltato, per turn over, soltanto la partita di Champions con la Dinamo Kiev, con i bianconeri già qualificati, e la trasferta di campionato in casa del Genoa, ed è stato sostituito appena tre volte, un dato rilevante nella stagione dei cinque cambi. Inoltre, è il primo juventino per palloni intercettati (2,4 a partita) e il secondo, dopo De Ligt per passaggi distribuiti. Tra i difensori, è quello che tira (13) e crossa (15) di più e che recupera più palloni nella metà campo avversaria (46), dimostrando di essere perfetto per il genere di pressing alto che vuole Pirlo.
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Il gol bellissimo al Sassuolo
Quello con il Sassuolo è stato il suo primo gol, oltretutto bellissimo, ma ha già confezionato tre assist nonostante quest’anno gli siano state affidate mansioni prettamente difensive: per Pirlo è infatti una sorta di equilibratore, fa il terzino (destro o sinistro è uguale) che copre le scorribande degli altri, è il contrappeso di Cuadrado o del mancino che spinge (Frabotta o Alex Sandro), si sposta dall’esterno all’interno per stringere la difesa ma speso anche per sostenere l’impostazione del gioco (da qui l’alto numero di palloni toccati). È raro che faccia qualcosa d’eclatante (tipo il gol al Sassuolo, insomma), ma è rarissimo che non faccia la cosa giusta.
D’altronde, il curriculum di Danilo è sottovalutato. Ha vinto due Champions con il Real Madrid (2016 e 2017) e una Libertadores (Santos 2011) ed è campione nazionale ininterrottamente dal 2016: ha conquistato uno “scudetto” a Madrid, poi due al City e quindi uno alla Juve, quello con Sarri, oltre a due titoli portoghesi con il Porto (2011/12 e 2012/13, la coppia di terzini era composta da lui e da Alex Sandro), la squadra che l’ha importato in Europa, che sfiderà negli ottavi di Champions e che con lui ha realizzato un dei suoi tanti capolavori di mercato, visto che lo prese per 13 milioni dal Santos e cinque anni dopo lo vendette per 31,5 al Real. Ma con lui ci hanno sempre guadagnato tutti: del 2017 il Madrid lo ha venduto al City per 30 milioni di euro (quindi è stata una plusvalenza, anche se non grassa) e infine il City alla Juve per 37.
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— Danilo Luiz (@2DaniLuiz) September 16, 2020
L'effetto Guardiola su Danilo
Con Zidane, Guardiola e Sarri, Danilo non è mai stato titolare fisso perché gli sono sempre stati preferiti specialisti del ruolo: Carvajal e Marcelo in Spagna, Walker in Inghilterra, Cuadrado e Alex Sandro nella sua prima Juve. Ma è proprio Guardiola, il tecnico che nei fatti lo ha considerato meno, l’allenatore che più ha inciso sullo sviluppo di Danilo, insegnandogli a giocare anche “dentro” il campo, sia in fase di possesso palla sia in quella di non possesso, senza limitarsi ad andare su e giù sulla fascia come un tram su un binario. Dopo il Mondiale russo, dove ha perso il posto per un infortunio a vantaggio del modestissimo Fagner, Danilo è diventato anche titolare fisso nel Brasile. A ottobre è stato addirittura l’unico “italiano” convocato dal ct Tite (a novembre si è poi rivisto anche Arthur) e insomma questo è il momento d’oro di una carriera comunque già ricchissima di titoli. Lui, che è originario dello stato di Minas Geiras, se la gode a tutto tondo: lo raccontano come un uomo molto curioso, che ama la lettura (tutto, dal quotidiano al libro ponderoso ai testi di psicologia comportamentale) e ha già scandagliato i musei di Torino, che segue le vicende della politica internazionale e rappresenta un collante indispensabile nelle dinamiche interne. A Torino abita in precollina, non lontano dai lussi di Cristiano Ronaldo, ma molte notti le passa al J Hotel: lo fa soprattutto dopo le partite quando deve recuperare energie e concedersi un riposo più rilassante. A Torino stipendia anche un fisioterapista personale che aveva conosciuto a Porto, perché si è reso conto di essere nella fase cruciale della carriera e la gestisce ponendo un’attenzione particolarmente accurata ai dettagli. D’altronde la sua ambizione è di diventare allenatore e di provarci in Europa: ha preso casa a Porto, una graziosa villetta con piscina dove scappa con la famiglia appena può, perché si è reso conto che è quello il posto giusto dopo provare a cominciare la sua seconda vita del calcio, fra cinque o sei anni, quando avrà messo di essere un terzino con il sale in zucca.
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