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Crisi di governo, il gioco a incastri del totoministri. Via Lamorgese, Guerini all’Interno e Rosato alla Difesa. Resistono Azzolina e Catalfo

In attesa che il premier sciolga la riserva, decida cioè di seguire la strada indicata da Pd e Cinquestelle per consentire la nascita di un nuovo governo, gli ambasciatori giallorossi sono già al lavoro per cercare di mettere insieme la squadra del Conte ter. Che, se la road map disegnata nel weekend verrà rispettata, potrebbe venire alla luce alla fine della prossima settimana, dopo aver completato altri due passaggi fondamentali: l'approvazione del Recovery plan in Cdm con relativo approdo in Parlamento e la sigla del patto di legislatura per arrivare alla scadenza naturale del 2023.

Crisi di governo, il piano per il Conte ter: dimissioni e nuova squadra

di

Giovanna Vitale


E se ancora non è ancora chiaro di quali dimensioni sarà il rimpasto – mini, come vorrebbe il presidente del Consiglio, oppure maxi, come sembrano suggerire i partiti di maggioranza – certo è che la compagine di governo è destinata a cambiare. Senza però aumentare, almeno questo pare l'orientamento, il numero massimo di poltrone previsto per legge: 65. Semmai, se ci sarà la necessità di nominare qualche ministro in più rispetto ai 21 attuali, si potrebbero spacchettare due o tre dicasteri (a cominciare dal Mit, che somma Infrastrutture e Trasporti), abbassando il numero dei vice-ministri (10) o dei sottosegretari (33) in carica da un anno e mezzo.

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Emanuele Lauria


Un gioco a incastri tutto ancora da costruire. Che potrebbe partire dal Viminale, dove la "tecnica" Luciana Lamorgese avrebbe già iniziato a predisporsi per un eventuale trasloco. Utile a far guadagnare spazio a Italia viva, qualora Conte dovesse infine accordarsi con Renzi sul riassetto complessivo dell'esecutivo. Le ipotesi al momento più quotate vedrebbero approdare all'Interno il dem Lorenzo Guerini, che a sua volta lascerebbe libera la Difesa per Ettore Rosato (ma c'è anche chi spinge per il leader di Iv in persona) con Maria Elena Boschi pronta a prenderne il posto alla vice-presidenza della Camera. Lamorgese, però, potrebbe non uscire dall'orbita del governo, bensì assumere la delega ai Servizi che il premier potrebbe essere costretto a cedere. Delega che l'avvocato vorrebbe affidare a un suo fedelissimo, il segretario generale della Presidenza Roberto Chieppa, mentre il Pd spinge per Goffredo Bettini, il grande mediatore del Conte ter, e il M5S per l'attuale sottosegretario Mario Turco.

Comunque vada, il Nazareno pretende un ruolo chiave a palazzo Chigi, anche in funzione di riequilibrio del presidente del Consiglio, che però rifiuta lo schema dei due vice-premier adottato in era gialloverde. Pertanto come sottosegretario alla Presidenza, accanto al grillino Riccardo Fraccaro, dovrebbe arrivare il vicesegretario Andrea Orlando, magari con delega al Recovery, oppure Bettini. Se infatti a Renzi riuscisse il colpo di far spostare Alfonso Bonafede dalla Giustizia (cosa però assai improbabile), a Orlando non dispiacerebbe tronare a vestire i panni del Guardasigilli.
Ci sono tuttavia un paio di ostacoli non da poco sulla strada del rimpasto corposo. Intanto i paletti del Quirinale che ha fatto sapere di non gradire cambiamenti in alcuni ministeri chiave per la gestione dell'emergenza sanitaria ed economico-sociale che il Paese sta attraversando: ossia Salute, Economia, Esteri, insieme ad Interno e Difesa. Che però sono già entrati nel toto-nomi. Il secondo ostacolo è il muro eretto dai 5Stelle, con il sottosegretario Manlio Di Stefano tornato ieri a ribadire che nessun loro ministro "è sacrificabile". Neanche la titolare del Lavoro Nunzia Catalfo, data già per uscente. Men che meno Lucia Azzolina all'Istruzione, protagonista di una serie di battibecchi feroci con i coleghi del Pd sulla riapertura delle scuole. Entrambe per adesso resistono, anche per una ragione di quote rosa: tutti quelli che spingono per entrare sono maschi. Dal viceministro Stefano Buffagni a Giancarlo Cancelleri. E lo stesso ragionamento vale, in casa dem, per Paola De Micheli. La quale, se il suo ministero venisse spacchettato, manterrebbe comunque una delle due deleghe, mentre l'altra potrebbe andare a Graziano Delrio (nonostante lui smentisca di essere interessato). Ma il valzer è solo all'inizio e la chiusura del cerchio ancora lontanissima.Original Article

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