"Gli uomini che ho amato li ho incontrati per caso, uno mi stette vicino per alcuni anni con la sigaretta sempre in bocca, con il sorriso molle, con la fretta anche di scappare perché non poteva esistere. E fu sempre così. Stava in una via centrale e spesso pioveva e io avevo gonne corte e cappotti striminziti e scollature irriverenti in primavera. Feci in modo di dimenticarlo, anzi ci riuscii. Però fu anche no, se non lo persi per tutta la vita. Camminavo e mi scattavo foto orribili con i capelli un po’ sporchi, con l’ombretto sfatto, con le labbra morbide e un senso dello sconfinato e dello sconosciuto che solo l’età poteva darmi. Avrei voluto alle spalle le guglie del duomo di Milano e la sua galleria o piazza Scala nella nebbia degli anni Settanta invece c’era una piazza troppo ampia, un caffè in fondo alla strada dalla vetrina illuminata nella sera, un rifornimento di benzina Shell, pochi negozi e un cinema molto frequentato. La pioggia rigava i vetri della stanza, ci abbracciavamo con forza, a volte piangevo piano. E fu tutto.
Un altro lo incontrai che era Natale e io parlavo di Adriano Olivetti mentre si giocava a carte, mi annoiavo ma ero allegra, lui pensò che l’Olivetti ci avrebbe riuniti. E infatti ci baciammo a Capodanno molte e molte volte, lo andavo a trovare al mare, avevo spesso un fiore che appassiva tra i ricci dei capelli. Partì un pomeriggio di marzo, la strada col sole e la sua auto vecchia. Mi scrisse molte lettere, da Milano. Poi un giorno mi disse che aveva rotto il patto con me e io mi sentii libera e volsi il capo e mi sposai. Non furono solo loro, prima avevo avuto gli amori importanti, le sofferenze che rovinano gli anni migliori, avevo attraversato la mia città e riso più volte, indossato abiti da sera e vestitelli estivi fiorati, ero stata indifesa e a tutto avevo creduto e tutto accettato. Quelle sigarette fumate nelle auto, i loro vetri appannati di sera, i discorsi concitati, i libri letti tutti i pomeriggi. Avevo molte paura, restarono per sempre. E oggi niente più esiste, se non certe loro giacche rimaste in mente negli anni, una gialla, una a quadri, una con dei puntini nel marrone del fondo, una di lino chiara. Erano loro".
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Riassumendo, se ho capito: lei ha avuto due grandi amori forse felici, dopo averne avuti altri importanti ma infelici come lo sono spesso le prime emozioni. Lasciata dall’ultimo si è sposata. Nulla ci racconta di questa nuova vita, se non che adesso forse è sola e che di tanto amore e tanto dolore, tante discussioni e tante sigarette fumate e tanti libri letti, non ricorda volti o sentimenti, ma brutte giacche e non le persone un tempo care che le indossarono. Questa non è una lettera, è la pagina di un romanzo che ha scritto o sta scrivendo: spero solo che, essendo io non adusa alla letteratura contemporanea, non faccia parte di un libro già pubblicato, mettendomi alla gogna… Scherzo, ovvio, ma non tanto. Lei rende la vita più o meno di tutti, come un breve passaggio vissuto ardentemente che alla fine può non lasciare nulla. Forse è così per tutti noi, ma forse no. La nostra vita si cancella mentre la consumiamo, ma proprio per questo dobbiamo pensarla come degna e importante, comunque un dono che in qualche modo abbiamo meritato e ripagato. Mi piacerebbe sapere se lei è o vorrebbe essere una scrittrice.
Sul Venerdì dell'8 gennaio 2021
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