Panico. "Ma che cosa posso fare di più?". Giuseppe Conte si sente all'angolo e si sfoga con i suoi. "Quello vuole la mia testa". L'offensiva diplomatica infatti è finita male, l'apertura via Facebook è stata giudicata insufficiente e "quello", cioè Matteo Renzi, ha già rilanciato: "Carte e fatti, non post retorici e fumosi". Dal Quirinale, dove si osserva con "crescente preoccupazione" la situazione e si critica "la rigidità" dei duellanti, arriva il consiglio di non cercare la sfida: per uscire dall'imbuto in cui si trova, il premier dovrebbe incontrare i leader dei partiti che lo sostengono e stringere un secondo accordo. E se serve, affacciarsi al Colle, non per un caffè ma per un inevitabile "passaggio istituzionale". Chissà, Sergio Mattarella potrebbe anche congelare le dimissioni in attesa del nuovo patto.
Tuttavia, come al solito, a Palazzo Chigi tentennano. Ore di angoscia: che fare? Sbracare e accettare di dimettersi, sperando di essere davvero reincaricato? E se è una trappola? Forzare la mano e andare in Parlamento alla caccia dei numeri? Una scelta disperata, perdente in ogni caso. Se non trova la maggioranza, Conte dovrà sparire di scena, ma anche se la trova grazie a qualche Responsabile, sarà comunque costretto a salire al Quirinale perché la sua coalizione avrà cambiato colore politico. Il terzo scenario, che si sta materializzando nelle ultime ore, dal punto di vista dell'avvocato pugliese è forse il peggiore di tutti: Iv ritira la sua delegazione però continua a sostenere l'esecutivo. "Non apriamo la crisi, ma lasciamo le poltrone", ha spiegato Renzi. Un appoggio esterno, che renderebbe Conte sempre più precario, depotenziato e nelle mani di "quello", che continuerebbe a condizionare l'azione del governo, dimostrando che non era "una questione di potere e strapuntini".
Renzi infatti per fare la pace pretende un'intesa sul pacchetto completo, trenta punti messi nero su bianco e spediti a Conte attraverso il mediatore Goffredo Bettini, e non un accordo a tappe come propone il premier. E nel frattempo, siccome non vuole passare per colui che ha bloccato il Recovery, soprattutto dopo aver ottenuto la riscrittura totale del testo, il leader di Italia viva è pronto a dare il via libera al piano, dopo averlo ricevuto intero "e non un Bignami di tredici pagine", e a far votare in aula lo scostamento di bilancio. Iv si allontana progressivamente, senza ancora rompere. "Se succede, è per colpa del presidente del Consiglio".
Insomma, secondo i renziani il premier "deve prendere un'iniziativa forte" prima del Consiglio dei ministri, previsto per domani, e le dimissioni delle ministre Bellanova e Bonetti. Uno sforzo, ossia "un confronto aperto" lo chiedono pure dal Pd. Anche il capo dello Stato vorrebbe che Conte battesse un colpo: Renzi sarà pure irresponsabile, però non si può pensare di governare tenendo "le finestre chiuse". Peccato che a Palazzo Chigi siano convinti di aver già offerto il massimo: una rimodulazione totale del Recovery, una disponibilità a rivedere tutti i punti sollevati da Iv, un rimpasto corposo: a Iv sono stati promessi la Difesa per Maria Elena Boschi e le Infrastrutture per Ettore Rosato.
Dicono che Conte quel "post dialogante" non volesse nemmeno scriverlo, che dal Pd hanno faticato a convincerlo. "Dobbiamo togliere ogni alibi a Matteo". Così adesso tiene duro e ancora resiste a quanti, tanti, lo bombardano di telefonare per indurlo a mollare, o comunque a fare qualcosa prima di finire nel burrone. Se un partito ti toglie la fiducia non puoi fare finta di niente, devi andare da Mattarella e restituire il mandato, questo il senso delle chiamate. Ma lui ritiene che Renzi "bluffi": andrà davvero a vedergli le carte?
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