Come il ladro gentiluomo Arsène Lupin, capace di mille travestimenti e geniali trasformismi, anche Omar Sy a quarantatré anni (tra pochi giorni) ha già indossato diverse maschere. Padre senegalese e madre della Mauritania, è stato il primo attore nero a vincere un César, l'Oscar francese, per il film campione di incassi globali Quasi amici. Ma prima del cinema c'era stato il colpo di fulmine, del tutto casuale, con la comicità e la creazione di un personaggio esilarante di calciatore nigeriano esploso in radio e l'exploit televisivo insieme all'amico d'infanzia Jamel Dabbouze. Tanta commedia miscelata al cinema sociale, sotto la direzione del duo Nakache – Toledano (Samba), Michel Hazanavicius (Il principe dimenticato) e Roschdy Zem (Mister Chocolat). Nel frattempo però il trasferimento, moglie e figli (ne ha cinque), a Los Angeles dove macina, uno dietro l'altro, una serie di blockbuster: il settimo X-Men, Jurassic World, Inferno di Ron Howard. Ora, in attesa di rivederlo lottare contro i dinosauri accanto a Chris Pratt, arriva la sua prima vera serie tv, Lupin. Firmati da George Kay in collaborazione con François Uzan e diretti da Louis Leterrier e Marcela Said, i primi 5 episodi sono dall'8 gennaio su Netflix. A sedici anni Assane Diop ha visto il mondo andare sotto sopra quando suo padre è morto in carcere dopo essere stato accusato di un crimine ingiustamente. Tanti anni dopo Assane utilizzerà il libro di Maurice Leblanc su Lupin che il padre gli ha regalato come ispirazione per vendicarlo, un piano complesso e geniale che inizia con un colpo degno del vero Lupin, il furto di un collier appartenuto a Maria Antonietta conservato al Louvre.
Lupin, il ladro gentiluomo ora ha il volto di Omar Sy
Qual era il suo legame con Lupin?
"Come un po' tutti quelli che crescono in Francia anche io non ho potuto sfuggire a Arsène Lupin, chi era e cosa rappresentava con tutta la sua iconografia. Quando ero piccolo c'era una serie alla televisione, ma il mio vero incontro con Lupin è stato grazie al Giappone, ai manga e alla serie d'animazione ispirata a Lupin".
Un personaggio creato 115 anni fa cosa può raccontare al pubblico di oggi?
"Nel personaggio di Maurice Leblanc c'era lo spirito del suo tempo, i suoi racconti ne erano impregnati tanto che risultano una fotografia molto chiara della società di allora. Noi ci siamo detti: facciamo la stessa cosa, sprofondiamolo nel presente, non facciamo un racconto d'epoca. Chi sarebbe oggi Lupin? Ci siamo chiesti. Lupin corrispondeva al desiderio di vendetta, alla lotta di classe e ci siamo interrogati su cosa significasse questo nella Francia di oggi".
Ci sono tanti livelli di racconto: il colpo, la vendetta, la denuncia sociale. Qual è l'aspetto che l'ha colpita di più leggendo la sceneggiatura?
"Ma proprio il fatto che ci fossero tanti livelli, la variazione di tematiche. Anche il suo essere padre o le sue storie d'amore senza dimenticare tutta l'azione della serie. Era un racconto talmente ricco che non gli si poteva dire di no, non c'era un elemento che mi interessava più degli altri ma l'insieme delle cose".
La serie parla anche di razzismo e pregiudizio, quello nei confronti di Assane e del padre.
"Assane in qualche modo sfrutta il pregiudizio, lui s'appoggia all'immagine che gli altri hanno di lui, e agisce per ottenere quello che vuole. Mi è sembrato un modo diverso e interessante di affrontare il tema".
Lupin è un gentiluomo, qual è il valore della gentilezza oggi che in giro c'è tanta aggressività?
"La gentilezza oggi non si trova facilmente, è preziosa ma tutti ne siamo capaci se vogliamo. E io resto ottimista".
Ha fatto tanta televisione ma poi il successo in tutto il mondo è arrivato col cinema. Che vuol dire ora questa serie?
"Tornare all'anonimato dell'inizio della mia carriera. (ride) Ho fatto televisione per una tv privata in Francia così ho cominciato, è lì che ho imparato tutto. Netflix è una piattaforma da 190 paesi e 195 milioni di abbonati insomma un bel po' di gente e progetti pensati per un pubblico internazionale, la prova è che sto facendo un'intervista per l'Italia. Le piattaforme sono il legame tra il cinema e la televisione, un sistema ibrido che secondo me mancava con l'ambizione del cinema e l'aspetto accessibile e familiare della tv. Non avremmo mai potuto fare Lupin come lo abbiamo fatto per un canale francese ma neppure per il cinema".
Qual è stato il momento più difficile?
"Non ho dei ricordi di qualcosa di veramente difficile con questo mestiere, certo momenti duri ce ne sono stati, situazioni in cui non riuscivo a fare quello che volevo ma fa parte del gioco, cercare, sbagliare, fare un po' di soldi credo che sia importante attraversare tutto questo prima di ottenere il primo successo. È un mestiere in cui la ricerca è permanente. Certo all'inizio ci sono stati momenti difficili che mi sembravano tali lì per lì ma se li rivedo ora mi sembra che sia stato un bell'apprendistato".
Negli ultimi anni ha fatto tanti film per bambini, 'Il viaggio di Yao', 'Il richiamo della foresta', ha doppiato anche un cartoon. L'ha fatto per i suoi bambini?
"Forse per il bambino che è in me. In questo lavoro c'è sempre l'idea di ritrovare il proprio bambino interiore, recitare, giocare… questo sicuramente. Poi è vero che questa tematica è tornata ed è strano perché non l'ho fatto apposta ma forse sì l'ho fatto anche un po' per i miei figli. Magari inconsciamente. O per imparare a essere un papà migliore, dovrei fare un po' di psicanalisi per rispondere".
L'anno che si è appena concluso è stato un anno complicato. C'è qualcosa che ha imparato o è stato ispirato da quello che è successo negli ultimi mesi?
"Imparato direi di no però è stato come una sveglia. Un campanello che ci ha chiesto di fermarci e di mollare. In quel momento ci siamo resi conto che il mondo girava lo stesso, che non siamo indispensabili, che il sole sorge lo stesso, la notte cala al tramonto anche se tu sei chiuso dentro casa tua. Ho riflettuto un po', sono diventato un po' filosofo, cosa che non mi ha fatto male per niente. Quando si è presi da un ritmo frenetico è utile ogni tanto fermarsi, passare del tempo con gli altri, è stata una cosa inaspettata, non prevista, non erano certo vacanze. È stata un'esperienza interessante, certo non per tutti, ma ci è stata utile a mettere le cose in scala".
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